"Avete udito pure che fu detto agli antichi: non spergiurare, ma attieni al Signore i tuoi giuramenti. Ma io vi dico: del tutto non giurate, né per il cielo, perché è il trono di Dio; ne per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi; ne per Gerusalemme, perché è la città del gran Re. Non giurare neppure per il tuo capo, poiché tu non puoi fare un solo capello bianco o nero. Ma sia il vostro parlare: SI, si; no, no; poiché il di più viene dal maligno."
Nella sua nozione fondamentale il giuramento è: atto e formula con cui s’invoca la divinità a testimone della verità di quanto si afferma richiamando su di se o su persone o cose care la maledizione o la punizione divina nel caso in cui sia pronunciata menzogna.
Una delle più importanti virtù che il cristiano deve avere è la sincerità. Dire la verità è fondamentale perché è il principio stesso del Cristianesimo. A tutti bisognerebbe insegnare, fin dalla più tenera età, a non dire mai le bugie, poiché si commette un peccato contro il Signore. La sincerità è una virtù meravigliosa che porta i suoi frutti di bene e di approvazione da parte di Dio, per contro, numerose affermazioni bibliche ci dicono che la sorte di tutti i bugiardi sarà nello stagno ardente di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda (Ap.21:8).
Spesso però ci giustifichiamo dicendo che non è possibile dire sempre la verità, affermando che in determinate occasioni è consigliabile addirittura dire una bugia, introducendo nel comportamento etico sociale le cosiddette bugie a fin di bene o bugie bianche. Il Signore, con assoluta certezza, non gradisce la falsità nei rapporti umani, prescrivendo di dire la verità gli uni agli altri. E’ bello poter contare sulla sincerità degli uomini, in special modo,su quella dei figliuoli di DIO.
Purtroppo nelle relazioni sociali, spesso non è così, e a volte per essere creduti su una determinata affermazione, dal momento che nell’etica sociale è stata inserita la bugia a fin di bene, diffidando sempre di colui che parla, si richiede la controprova della verità con la richiesta di un giuramento.
Il giuramento, per gli antichi greci, è promessa solenne di adempiere un determinato obbligo, è una forma di garanzia, che chi giura offre agli altri, perché chiamando gli dei a testimoni di quanto afferma o promette, si lega col vincolo più sacro e più temuto e attira la vendetta divina sul suo capo nel caso che sia spergiuro. L'obbligo che si assume col giuramento è assoluto e deve essere adempiuto in ogni caso. La punizione degli dei raggiunge lo spergiuro anche nell'altra vita; se pare che egli rimanga impunito, la pena cade sopra i suoi discendenti. Anche il dio che manchi al giuramento fatto per lo Stige cade in sonno profondo ed è privato della divinità per nove anni.
Il giuramento si fa su un oggetto caro e sacro: i principi in Omero giurano per il loro scettro, gli ospiti per la tavola e il focolare ospitale, il padre per i propri figli. Il numero e il nome degli dei invocati varia a seconda della diversità delle circostanze di luogo, tempo, età, sesso.
Lo stato fissò per giuramenti ufficiali quali fossero gli dei da invocarsi. Anche il modo di prestare giuramento corrispondeva al significato religioso e veniva quasi a rendere più immediato il vincolo tra uomo e dio: esso si accompagnava a solenni sacrifici e veniva detto in luoghi sacri: a volte il giuramento è accompagnato da atti, come p. es. il gettare una certa quantità di metallo in mare, che simboleggiano l'impossibilità di violare il giuramento, o da azioni che soltanto con l'aiuto degli dei possono essere compiute senza che chi giuri ne abbia danno (una specie di giudizio di Dio).
L'antico diritto trae le sue origini dalla religione; e pure religioso è il fondamento della vita; quindi nel nome degli dei della sua città il cittadino dà il suo consenso alla legge mediante il giuramento; con il giuramento l'efebo entra nella vita pubblica e promette di adempiere gli obblighi militari, di ubbidire alle leggi, di onorare gli dei della patria. In tale giuramento sono impliciti tutti gli obblighi particolari che il cittadino giura poi di osservare a mano a mano che assume un pubblico ufficio e come arconte e come stratega e come buleuta e come giudice; ogni magistrato che fosse venuto meno al suo ufficio sarebbe divenuto doppiamente spergiuro, perché rompeva il giuramento e l'altro prestato al momento di assumere l'ufficio. Inoltre qualunque dichiarazione importante è rafforzata da giuramento.
Simile garanzia fu introdotta ben presto anche nei tribunali; nei diritti più antichi, come in quello di Gortina, una sola delle due parti prestava il giuramento; in generale, in mancanza di testimoni, l'accusato. Il giudice stabiliva chi fosse teste e la formula del giuramento, la cui prestazione decideva il processo, perché in base a esso il giudice pronunciava la sentenza, nel caso che la parte rifiutasse di giurare, perdeva la causa. In alcuni casi è prescritto al giudice di esprimere la sentenza sotto forma di giuramento, allo scopo di convincere col legame sacrale le parti circa la giustizia della sentenza e renderla valida nello stesso tempo. Anche i testimoni prestavano giuramento costituendosi così mallevadori del giuramento prestato dalla parte. A Gortina si ha lo stadio più antico. Mentre in diritti di altri stati (Cuma, Alicarnasso) il giuramento ha ancora un'importanza assai notevole, il diritto attico si è andato emancipando delle forme religiose, le quali rimasero come avanzo di antiche procedure, in istituzioni che per il culto e il rispetto di cui erano circondate avevano subito pochi mutamenti.
Ciò accade precisamente dinanzi all'Areopago dove i testimoni giuravano la colpa dell'accusato nel tribunale del Palladio, in cui l'accusato assolto doveva affermare con giuramento che la sentenza era giusta. Che anche in Atene il giuramento doveva avere avuto un gran valore nella procedura processuale ci è provato da una glossa che attribuiva a Solone l'istituzione di una forma di processo, in cui, in mancanza di testimoni, il giudice doveva decidere in base ai giuramenti delle parti. Anche in Atene i giudici di minor importanza, come i dieteti pubblici, giuravano prima di pronunziare la sentenza. Oltre a queste forme di un diritto più primitivo, in Atene all'inizio del processo é obbligatoria il doppio giuramento delle parti per cui l'accusatore giurava la colpa dell'accusato e questi la sua innocenza; il giuramento non è più sentito come tale ed è ridotto a una semplice formula di procedura processuale. La legge però non vieta l'uso del giuramento tra i mezzi di prova; una parte poteva invitare l'altra a giurare o poteva offrirsi di prestare giuramento contro la tesi sostenuta dall'avversario. Il rifiuto di un giuramento offerto non arrecava alcun pregiudizio; il rifiuto invece di un giuramento richiesto, nel caso che mancassero altri mezzi di prova, valeva per confessione o almeno veniva messo agli atti per valere come mezzo di prova contro l'avversario, inoltre chi accettava la richiesta di un giuramento deponeva una cauzione, che perdeva nel caso non volesse più giurare. Forme di minore importanza nel processo attico erano l'istanza di una dilazione con motivazione addotta con giuramento con cui il testimone affermava la propria ignoranza; negli altri casi il testimone poteva, con il consenso della parte avversa, rafforzare la propria deposizione con giuramento per ottenere maggior credito, ma con ciò essa non acquistava il valore legale di mezzo di prova. Soltanto si ricorre al giuramento per dare forza di testimonianze alle deposizioni di chi non aveva piena capacità giuridica (donne e stranieri) e anche in casi speciali (affermazioni di relazioni di parentela che venivano, pare, giurate obbligatoriamente).
L'importanza del giuramento nella vita e nel diritto greco fu grandissima nell'età più antica quando più forte era il sentimento religioso e la fede nella potenza degli dei e nel loro intervento nelle cose umane; motivo per cui la punizione dello spergiuro non ha alcuna sanzione legale; in Atene esisteva una legge, la quale però punisce lo spergiuro non come tale, ma come falsa testimonianza. Questo decrescere d'importanza del giuramento è dovuto all'affievolirsi del timore degli dei, per cui il giuramento diventa un mezzo da cui si può trarre partito, sottilizzando sulle parole stesse del giuramento, e al pensiero filosofico, per cui il giuramento viene a prendere un valore relativo, in quanto può essere violato innanzi a doveri maggiori. Inoltre con l'affermarsi sempre maggiore dell'autorità dello stato anche il diritto si sviluppa e cerca una base di giustizia che esista in sé e per sé indipendentemente dalle antiche forme religiose. Ed è merito di Atene di aver dato origine a tale evoluzione.
Il giuramento nel diritto romano, secondo la formula riportata da Polibio, consiste nel fatto che il giurante supplica gli dei di essere benigni verso di lui, qualora abbia affermato la verità o mantenuto la promessa giurata, e si sottopone in caso contrario alla vendetta divina. Cicerone dice che il giuramento est affirmatio religiosa, e che per mezzo di essa iratum timemus Iovem. Il giuramento è distinto, in epoca antica, dal sacramentum, il quale è l'atto per cui taluno giurando consacra la sua persona o una cosa alla divinità in caso di falsa dichiarazione o spergiuro: in epoca storica il sacramentum, però con funzione e carattere essenzialmente civile, si trova applicato nel campo giuridico ai militari, i quali all'atto della leva prestano giuramento di fedeltà al capo, e in una forma generale di procedimento civile (cosiddetta legis actio sacramento) che perdura ancora verso la fine dell'epoca repubblicana. Quanto alla terminologia, la parola tecnica latina è iusiurandum; nel linguaggio dell'epoca postclassica e giustinianea si parla anche di iuramentum e di sacramentum, però con significato tutto nuovo e particolare in rapporto alla religione cristiana. La divinità che s'invoca col giuramento è, in epoca pagana, Iupiter, chiamato anche dius Fidius; si giura però anche per Iovem deosque Penateis o genericamente per omnes deos; lo schiavo giura per il genius del suo padrone; e per analogia nell'epoca imperiale si suole giurare per il genius del principe. Il rito del giuramento era regolato con formale minuziosità dalle antiche consuetudini religiose; nei tempi più antichi la cerimonia, perdurata poi nei rapporti internazionali, si svolge nel modo seguente: il giurante, dopo aver pronunziato l'oggetto del giuramento, scaglia a terra un pezzo di silice che tiene in mano, imprecando "si sciens fallo, tum, me Diespiter salva urbe arceque bonis eiciat ut ego hunc lapidem". Successivamente il giuramento si presta poggiando la mano sull'altare della divinità. Nel mondo cristiano si fa per Deum o per la Santissima Trinità, toccando i Vangeli; donde la denominazione di iusiurandum corporaliter praestitum in contrapposto al giuramento soltanto verbale.
Il giuramento poggia sulla forza della fede religiosa e costituisce uno dei punti d'interferenza tra diritto e religione, dimostrando l'originaria indifferenziazione tra ius e fas: è un atto essenzialmente religioso ma è altresì istituto giuridico; ciò spiega come la sua efficienza sia diversa nelle varie epoche, in funzione appunto della diversa intensità della credenza religiosa. Mentre nei tempi primitivi invocare la divinità sembra l'unico modo per dar forza a un'affermazione e obbligatorietà a una promessa, quando si consolida la civitas e il diritto progressivamente si distacca dalla religione, il giuramento, se conserva per necessità tutto il suo valore nel campo internazionale, nell'ambito dei rapporti interni o ha un valore morale, come il giuramento dei pubblici funzionarî, oppure ha riconoscimento giuridico solo in casi limitati, e con funzione tutta particolare. Col decadere del sentimento religioso anche la base del giuramento si sposta: oramai si considera questione di lealtà e di giustizia prestar fede al giuramento. Il giuramento riacquista valore e trova larga applicazione solo nell'epoca cristiana: già nella patristica del sec. IV si fa strada quella tendenza che doveva culminare nella recisa affermazione della Chiesa intorno alla santità del giuramento e all'obbligo di mantenere la promessa giurata: queste idee e tendenze spiegano come l'ordinamento giuridico del Basso Impero e dell'epoca giustinianea abbia esaltato l'istituto del giuramento, fino a considerarlo un mezzo formale e assoluto di prova.
Il giuramento ha numerose applicazioni: nei rapporti internazionali, nel processo, nel diritto privato.
Rapporti internazionali. - I trattati conclusi tra il popolo romano e uno stato straniero erano posti sotto la garanzia della fides, e l'impegno assunto dai rappresentanti era confermato da giuramento reciproco.
Processo. - Bisogna distinguere il giuramento del iudex, dei testimoni, delle parti (iusiurandum in iure, in iudicio, calumniae). Giuramento del iudex: il iudex nel processo sia civile sia criminale, prima di conoscere della questione, deve anzitutto giurare di giudicare secondo coscienza e giustizia; qualora in fine del giudizio non riuscisse a formarsi alcun convincimento, può anche non decidere giurando rem sibi non liquere. Giuramento dei testes: i testimoni prima della loro deposizione devono giurare; si dubita però se nelle cause civili questo obbligo sia stato introdotto prima di Costantino. Maggiore importanza ha il giuramento prestato in giudizio da una delle parti in seguito a delazione dell'altra parte (in iure o in iudicio) o del iudex.1) Iusiurandum in iure. In talune azioni (ad es. nella condictio certae creditae pecuniae, nell'actio de pecunia constituta) l'attore può deferire in iure, cioè innanzi al pretore, il giuramento all'avversario; se questi lo presta, il giudizio non ha più corso, in quanto la prestazione del giuramento ha gli stessi effetti del giudicato; il convenuto può anche esimersi dal giuramento riferendolo all'attore, invitandolo cioè a giurare; anche la prestazione del giuramento dell'attore ha gli stessi effetti del giudicato. Si noti che tali effetti si producono ancorché la parte giuri il falso: la prova contraria al giuramento non è ammessa, come non è ammessa contro il giudicato, a cui talvolta il giuramento è equiparato. Per l'epoca classica sono incerti gli effetti giuridici del rifiuto del convenuto sia di prestare il giuramento sia di riferirlo, o dell'attore di prestare il giuramento riferitogli dall'avversario; l'editto del pretore, riportato non del tutto fedelmente in Dig., XII, 2, de iureiurando, 34, 6, rivolgendosi al convenuto cui è stato deferito il giuramento, dispone solvere aut iurare cogam, ordina cioè o di pagare la somma dovuta o di prestare il giuramento; ma non sappiamo quali fossero i mezzi coercitivi di cui si servisse il pretore. È probabile che in tal caso il processo avesse il suo normale svolgimento, poiché sembra che il giuramento in iure abbia avuto solo la funzione di evitare alle parti il periculum della poena sponsionis, connesso a quelle azioni in cui appunto era possibile deferire il giuramento: in queste, infatti, le parti dovevano reciprocamente prestarsi una sponsio tertiae partis, con cui l'una prometteva all'altra di pagare un terzo del valore della lite nel caso di soccombenza; ciò posto, è verosimile che il giuramento in iure abbia avuto lo scopo di evitare tale rischio; così si spiegherebbe la perfetta coincidenza dei due istituti nel campo di applicazione. Nel diritto giustinianeo, invece, poiché il rifiuto di giurare e di riferire il giuramento, o di prestare il giuramento riferito, s'interpreta come segno manifestae turpitudinis et confessionis, si ammette la piena soccombenza della parte che rifiuti. Quindi la parte, a cui è deferito o riferito il giuramento, non è libera di rifiutarlo. Quanto alla natura del giuramento, mentre nell'epoca classica aveva carattere dispositivo e funzione transattiva, nel diritto giustinianeo gli effetti del giuramento si ricollegano al concetto di prova formale, in quanto si ritiene che per mezzo del giuramento il fatto sia provato in modo assoluto. Pertanto, mentre nell'epoca classica il giuramento evita il processo, nel diritto giustinianeo è conglobato nel processo, giacché importa prova formale della circostanza che ne forma l'obietto. Iusiurandum in iudicio è quello deferito ex officio dal iudex; può essere suppletorio o estimatorio: il primo, che a torto si è fatto derivare dal diritto intermedio, si trova già ammesso in qualche caso nel diritto giustinianeo; può essere deferito a una delle parti allo scopo di completare o integrare il materiale probatorio; il secondo può essere deferito all'attore in talune azioni e in casi particolari allo scopo di concretare la litis aestimatio, per procedere alla condanna, che nell'epoca classica era sempre pecuniaria: il giudice non è tenuto a seguire il risultato del giuramento e può anche prefiggere una taxatio. Iusiurandium calumniae: è uno dei mezzi per prevenire e reprimere le liti temerarie; nel diritto giustinianeo devono prestarlo entrambe le parti prima della lite: come l'attore giura di non promuovere la lite in mala fede e allo scopo di vessare l'avversario, così il convenuto giura di tenere una condotta leale nel processo.
Diritto privato. - In questo campo il giuramento può essere volontario, promissorio o confirmatorio, e può formare oggetto di speciale condizione. Iusiurandum voluntarium si chiama quello che una persona deferisce a un'altra allo scopo di decidere una lite presente o anche futura tra di loro; differisce dal iusiurandum in iure per il fatto che colui al quale è stato deferito può anche non accettare il giuramento senza alcuna conseguenza svantaggiosa; da ciò la contrapposizione tra iusiurandum necessarium e iusiurandum voluntarium; chi presta il giuramento, conformemente al suo risultato, può avvalersi di un'actio in factum o di una exceptio, secondo che il giurante accampi una pretesa o si difenda da una pretesa altrui. Tanto al iusiurandum voluntarium quanto al iusiurandum necessarium si assegna la funzione di evitare o risolvere una lite, e il carattere quasi di transazione, equiparandolo anche alla res iudicata. Giuramento promissorio o confirmatorio si chiama quello che serve rispettivamente a costituire una obbligazione o a confermare una obbligazione inefficace. Dubbia è però la portata di tale giuramento nelle varie epoche del diritto romano; ancora in epoca classica il giuramento dello schiavo di eseguire una prestazione di opere al patrono dopo la manomissione è causa civile di obbligazione, ma si discute se si tratti di eccezione o non piuttosto di residuo storico di un ordinamento primitivo, in cui la promessa giurata avrebbe avuto in generale l'efficacia di costituire qualsiasi rapporto di obbligazione; non mancano infatti autorevoli scrittori che fanno derivare dal giuramento la sponsio, da cui è derivata la stipulatio, che è la fonte tipica di obbligazione nel diritto romano. Dubbio è anche se la c. 1 del Cod., II, 27, si adversus, la quale ammette che con il giuramento si possa confermare l'obbligazione nulla del pupillo, non sia stata modificata da Giustiniano. Condicio iurisiurandi è la condizione imposta all'erede o al legatario da parte del testatore di giurare di eseguire una determinata prestazione a favore di un terzo, il giuramento però non aveva efficacia giuridica: l'erede o il legatario era tenuto a giurare per acquistare il lascito, ma non era soggetto ad alcuna coazione giuridica per adempiere la prestazione giurata. Allo scopo però di evitare che persone di poco scrupolo avessero giurato per acquistare la liberalità, trascurando poi di mantenere la promessa, e d'altra parte persone troppo rigide avessero preferito non giurare per evitare possibili inadempimenti della promessa, il pretore faceva la remissione della condicio, in guisa che l'erede o il legatario acquistavano il lascito anche senza giurare.
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