venerdì 26 febbraio 2016

ADOLESCENTI, INTERNET,VIDEOGAMES



L'uso di computer, videogiochi, Internet e televisione è ormai una parte fondamentale nella vita di bambini e adolescenti e rappresenta la principale fonte di svago e divertimento per la maggioranza dei giovani d'oggi.

Sebbene vi sia una crescente ricerca su questo argomento ed un consenso di gran parte dei ricercatori sul fatto che la violenza nei media possa essere dannosa, ancora ciò non è stato ben compreso dalla società. Generalmente, le ricerche si focalizzano da una parte sulla frequenza e la natura della violenza e dall'altra sulle emozioni, gli atteggiamenti e i comportamenti generati dalla vista di atti violenti.

Proviamo ad immaginare l'effetto che fa in un ragazzo osservare quotidianamente e per ripetute ore scene violente nei videogiochi, nei fumetti o alla televisione. Rispetto al passato c'è da considerare anche la maggiore intensità di esposizione a questi stimoli negativi. Un famoso precedente che deve farci riflettere sulla potenza dei mass media sui giovani è l'epidemia di suicidi verificatasi in Germania in seguito alla pubblicazione, nel 1774, del romanzo I dolori del giovane Werther di Goethe.

Il fenomeno fu talmente potente che alcuni Paesi proibirono la diffusione del testo. Moderni studiosi di suicidologia hanno chiamato questo fenomeno `effetto Werther` per definire l'influenza esercitata dai mass media sui comportamenti autolesivi. Tra tutti i media interattivi i videogiochi sono sicuramente il passatempo preferito dei bambini e degli adolescenti e per questo motivo è importante capire quanto questi possano influenzarne lo sviluppo sociale e cognitivo. Giocare è il modo più comune per i giovani di utilizzare il computer o la televisione, in particolare per i maschi.

Dalle ricerche si è evinto che per valutare l'influenza dei media interattivi è necessario prendere in considerazione non tanto il tempo totale trascorso, quanto piuttosto il contenuto, la trama, i personaggi, gli obiettivi del gioco. Infatti, l'identificarsi con un personaggio e il coinvolgimento attivo possono facilitare l'apprendimento di materiale educativo e formativo, ma possono anche facilitare incredibilmente l'apprendimento di contenuti violenti. È emerso come i maschi preferiscano in larga misura giochi che prevedono azioni violente o sport rispetto alle ragazze che invece prediligono giochi fantastici, di relazione o puzzle.

Secondo la prospettiva dell'apprendimento sociale, la relazione tra il giocare ad un videogioco violento e il conseguente comportamento aggressivo si deve attribuire al modeling, cioè i soggetti apprendono come commettere azioni aggressive emulando altri. Inoltre, i media possono avere il potere di trasmettere ai giovani, spesso erroneamente, quali comportamenti sono appropriati e quali invece sono da punire.

A sostegno dell'ipotesi che vi sia un legame tra utilizzo dei videogiochi a carattere violento e comparsa o aumento di comportamenti aggressivi vi sono i seguenti elementi:

- l'identificazione con il personaggio aggressivo potrebbe essere maggiore nel gioco interattivo, in quanto è possibile scegliere determinate caratteristiche di combattimento del personaggio per sconfiggere gli avversari;

- il giocatore è un partecipante attivo, per cui prova sensazioni di successo o di fallimento in base alle decisioni prese durante il gioco;

- il giocatore effettua scelte comportamentali aggressive, le mette in atto e riceve ricompense se queste si sono rivelate vincenti.

Le scelte e le preferenze dei giovani riguardo ai media cambiano con la crescita, ciò sia per le maggiori opportunità di accesso al mondo esterno sia per lo sviluppo sociale e cognitivo. In ogni caso è bene ricordarsi che i modelli formati da bambini tendono ad essere altamente predittivi riguardo alle preferenze e al tipo di interazione futura con i media.

In conclusione, perché i giovani trascorrono così tanto tempo giocando ai videogiochi, navigando su Internet o guardando la televisione? Purtroppo oggi i genitori hanno poco tempo per stare con i figli, sia per motivi di lavoro sia per interessi personali, per cui i mass media fungono da baby sitter in un mondo sempre più frenetico dove i genitori, in particolare le mamme, devono districarsi tra mille cose da fare.

Alcuni ricercatori hanno riscontrato che la comunicazione con i genitori sia una variabile fondamentale nell'ambito dell'influenza dei media sui giovani. Laddove tale comunicazione sia scarsa è più facile che si verifichi l'effetto negativo dei videogiochi violenti, in quanto viene a mancare il ruolo protettivo ed esplicativo del genitore. Condillac sosteneva che l'uomo è il frutto della sua educazione. Ciò è sempre vero ed è per questo motivo che la famiglia rimane il fulcro della formazione e dell'evoluzione di un giovane.

In questi ultimi 10 anni stiamo assistendo ad una nuova forma di dipendenza, chiamata tecnologite o tecno-addiction (tecnodipendenze). La perdita di ruolo sia spazio-temporale che fisica dei mezzi tecnologici, oggi, ha prodotto nelle nuove generazioni un multimedia overload: televisione, telefono, gioco, studio, lettura si trovano tutti contenuti in un unico device (si pensi all’ iPad) e sono fruibili contemporaneamente.



Il multimedia overload provoca un aumento del consumo sostanze di abuso (alcol in primis), della violenza, del bullismo (classico e cibernetico) e degli stati ansiosi in età adolescenziale. Contestualmente, riduce la fantasia, il gusto per la lettura, l’interazione con i compagni e il rendimento scolastico. La dipendenza tecnologica è una forma di abuso dei multimedia (TV, Internet, videogames, cellulari) che possiede caratteri di dipendenza simili a quella da alcool: forte desiderio di usare la tecnologia (Internet, Facebook, Chatline, Videogames ecc.); instabilità dell’umore; frequenti litigi con gli altri famigliari; negazione dell’esistenza del problema.

Chi ne risulta affetto si chiude in camera e comunica con il mondo esterno esclusivamente mediante cellulare, e-mail e SMS, isolandosi in un mondo parallelo. Oltre all’isolamento sociale, si osservano danni alla comunicatività con un linguaggio che diventa impersonale e privo di emozioni e che rende gli adolescenti ancora più fragili nell’affrontare i problemi che incontreranno nella vita. Infatti nel cyberspazio per comunicare viene usata esclusivamente la modalità verbale, mentre quella paraverbale è omessa: questo linguaggio imperfetto oltre a inaridire i rapporti tra pari, blocca lo sviluppo di un mondo di relazione basato sul corpo e sui suoi atteggiamenti.

Gli studi mostrano come gli adolescenti che svilupperanno dipendenza multimediale sono stati per lo più bambini “tecnologizzati”, ossia quelli che nei primi anni di vita sono stati esposti ad un ambiente esterno globalizzato, dove tempo e spazio hanno una rappresentazione diversa dalla realtà. Assenza di limiti, possibilità di essere in più posti contemporaneamente, sensazione di onnipotenza e diminuzione della capacità di attesa sono fattori che alimentano e cronicizzano la dipendenza tecnologica.

Nei paesi orientali come Taiwan e Giappone, dove l’impatto con tra tecnologia e adolescenti è maggiore, studi osservazionali condotti su un grande numero di soggetti in età scolare hanno evidenziato che esiste un rischio maggiore di Internet dipendenza per quei soggetti che non trovano piacere nelle attività extra-Web, che hanno tendenza ad isolarsi socialmente, che sono affetti dalla Sindrome deficit di attenzione/iperattività (ADHD) oppure che presentano aggressività, depressione o fobie. Esiste altresì un nesso scientificamente documentato tra dipendenza da videogames e violenza, in particolare vandalismo e violenza di gruppo.

Tale rapporto di causa-effetto è drammaticamente visibile soprattutto in chi gioca ai videogames violenti. E’ ormai universalmente accettato il fatto che i ragazzi siano propensi ad imitare le azioni di un personaggio nel quale si identificano: poiché nei videogiochi il giocatore deve spesso uccidere o stuprare, appare evidente il potenziale danno che questi programmi possono provocare. In questa forma di dipendenza il controllo genitoriale è assente o addirittura colpevole di induzione alla dipendenza stessa. Nel mondo Occidentale la percentuale di adolescenti che presenta dipendenza da Internet si aggira tra 5 e 8 %. La percentuale di adolescenti “a rischio” è stimata tra 11 e 25% degli utenti.
L’aspetto più grave della tecnodipendenza si manifesta attraverso la sindrome da hikikomori. Questa parola, che in giapponese significa “stare in disparte”, identifica un auto-isolamento in cui si confinano gli adolescenti: la comunicazione verso il mondo esterno avviene esclusivamente tramite sms o chat. Il malato di hikikomori non esce più dalla camera, nemmeno per mangiare. Mentre in Giappone, il paese più colpito dal fenomeno con circa il 15% degli adolescenti, la crisi è scatenata dalle rigide regole della società e della famiglia nipponica, in Europa l’auto-isolamento è scatenato dalla difficoltà dei rapporti con i coetanei, dal bullismo o da disavventure scolastiche. L’abuso di tecnologia, inoltre, aumenta il consumo di alcool e di droghe “ricreative” come la marijuana e le amfetamine.

Il rapporto 2012 della Società Italiana di Pediatria indica come spartiacque una media di 3 ore/giorno dedicate alla fruizione della multimedialità (computer, gioco, messenger, televisione). Oltre tale soglia si possono cominciare ad osservare problemi comportamentali (aumento dell’aggressività, dell’isolamento sociale e del deterioramento delle prestazioni scolastiche). Anche l’acquisto di smart-drugs e di farmaci on-line rientra tra gli “effetti collaterali” di chi naviga troppo. Gli adolescenti con fattori predisponenti alla dipendenza da Internet sono più esposti a sviluppare anche una dipendenza per i giochi d’azzardo on-line. da ultimo, Internet è il terreno di caccia preferito dai pedofili. Il 12% degli adolescenti incontra persone conosciute in chat ed il 6% instaura relazioni con persone conosciute sul Web.



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