giovedì 25 febbraio 2016

IL CULTO DELLE MADONNE NERE



Le “madonne nere” sono molto diffuse. Ci sono diverse centinaia di madonne nere in luoghi pubblici di culto in Italia, Francia, Spagna e in molte altre nazioni.

Molte di queste madonne sono famose, come la Madonna di Loreto (presso Ancona), quella di Tindari presso Patti (Messina), quella di Czestochowa in Polonia, quella di Montserrat in Catalogna o la Vergine della Candelaria di Tenerife, patrona delle Canarie. Molti santuari di madonne nere, però, sono repliche di culti più antichi e famosi. Nell'Italia meridionale, ad esempio, sono molto diffuse le icone di Santa Maria di Costantinopoli. Il numero dei culti originari è quindi più ridotto.

La testimonianza scritta più antica su una Vergine Nera appare in una cronaca dell’anno 1255. Secondo l’autore del documento, il re francese Luigi il Santo portò con sé, di ritorno da una Crociata in Palestina, alcune sculture della Vergine Maria che lasciò poi nella regione di Forez. Le statue erano “scolpite in legno scuro e provenivano dall’Oriente”. Da allora le misteriose Vergini Scure ebbero accesso ai nostri altari.

Oggi le Madonne Nere sono presenti in tutta Europa. E non solo. Anche nelle Isole Canarie, in Sudamerica, in Russia, nelle Filippine. Almeno duecento di queste statue dominano gli altari delle chiese francesi, ma la loro culla è nella regione dell’Auvergne. Purtroppo il ricercatore che intenda intraprendere uno studio personale sulle Vergini Nere, si trova di fronte a un problema non indifferente. In molti casi il clero locale ha voluto nascondere il colore scuro e poco ortodosso delle statue. Scandalizzati dalle fattezze troppo esotiche delle Madonne, gli ecclesiastici le hanno fatte… dipingere di bianco.

In altri casi, pur lasciando il colore scuro originario, parroci e sagrestani tentano di convincere il visitatore inesperto che il nero sia dovuto esclusivamente al fumo perenne dei ceri e non alla qualità del legno scelto dallo scultore oppure a una colorazione voluta dall’artista. Evidentemente una Madonna che non abbia l’aspetto caucasico, con i capelli biondi e gli occhi azzurri, disturbò allora e disturba tutt’oggi molti esponenti della Chiesa Cattolica.

Per riconoscere il “cuore nero” delle Vergini contraffatte, il ricercatore deve perciò munirsi di pazienza, indagare sulla storia della statua in questione ed essere in grado di individuare alcune delle particolarità che differenziano le Vergini Nere da qualsiasi altra rappresentazione di Madonna. E qui ci viene in aiuto l’autore francese Jacques Huynen, uno specialista delle Vergini Nere, il quale ha individuato tredici caratteristiche tipiche:

Sono tutte di legno e risalgono per la maggior parte al: XI, XII e XIII secolo.
Sono tutte Vergini Regine, sedute su di un piccolo trono di forma più o meno cubica. (Quasi tutte hanno il bambino in grembo, ma non necessariamente.)
I loro volti non riflettono sentimenti. Appaiono distaccati e ieratici.
L’attenzione dell’artista è sempre rivolta soprattutto alle fattezze della Madonna, mentre il bambino – se c’è – è ritratto con minore accuratezza.
Qualora gli abiti dipinti della statua conservino ancora tracce della colorazione originaria, appaiono sempre questi tre colori: bianco, rosso e blu.
Le Vergini hanno tutte le stesse dimensioni e misurano circa settanta centimetri di altezza, trenta centimetri di larghezza e trenta di spessore.
I luoghi in cui esse sono state collocate erano considerati sacri già nei tempi più remoti e molto spesso vi si venerava una divinità celtica o pagana in generale.
La storia – o leggenda – che viene tramandata sulle origini di ogni scultura presenta sempre elementi collegati all’Oriente.
Tutti i luoghi in cui si trovano delle Madonne Nere furono nel Medioevo importanti centri di pellegrinaggio.
La storia dei santuari che racchiudono le Vergini Nere presenta immancabilmente una relazione stretta con abbazie benedettine e cistercensi oppure con commende templari.
Tutti gli edifici sacri in cui le Vergini sono state collocate, rivelano segni e simboli di carattere esoterico.
Le storie miracolose sulle origini e sui prodigi operati dalle Madonne presentano tutte evidenti analogie.
Anche i rituali e alcuni dettagli dei culti cristiani dedicati alle Madonne recano similitudini strane e tutte molto simili, che non possono essere spiegate né in senso cattolico, né in senso esoterico.
Originariamente la Madonna Nera, rappresentazione della materia prima nascosta nel ventre della terra, veniva installata nelle cripte degli edifici sacri. La si chiamava Nôtre Dame de dessous terre, Nostra Signora di sotto terra.

Eugene Canseliet, discepolo dell’occultista Fulcanelli, ci racconta una scoperta da lui fatta nel castello francese della famiglia du Plessis-Bourré. In una sala del palazzo vi è la scultura di una sirena nera con il ventre gonfio, proprio come se fosse incinta. Nella mano destra la sirena regge uno specchio convesso in cui si rimira, ricordando la frase della regina di Saba: “Nigra sum sed formosa” (Sono nera eppure sono bella). Oggi, dice Canseliet, in seguito alla restaurazione della statua, gli artigiani hanno sostituito lo specchio con un pettine. Tale aneddoto dimostra come si può cambiare completamente il messaggio di un’opera , alterandone anche soltanto un dettaglio.

Non solo le Madonne Nere presentano un legame con il paganesimo europeo e con l’Oriente, ma anche con i culti druidici dei Celti. Infatti ogni santuario contenente una Vergine Nera è – o era – situato nei pressi di dolmen, menhir o cromlech, di foreste sacre e fonti. Tutti luoghi, insomma, che evidenziano un nesso con la cultura degli antichi druidi. Non per nulla proprio nella regione dell’Auvergne, situata nel centro della Francia e caratterizzata dalla presenza di sorgenti minerali, catene montuose e vulcani, si presenta la maggior concentrazione di Madonne Nere al mondo. Là, dove le manifestazioni di Madre Terra sono palesi e costanti. E i monti che s’innalzano nell’Auvergne, vengono chiamati Monti Celtici.

Tra le Madonne Nere più famose di Francia c'è la misteriosa Vergine di Dijon, in Borgogna: Nôtre-Dame-du-Bon-Espoir, una delle sculture più antiche in assoluto. La statua risale all’ XI secolo. Purtroppo durante la Rivoluzione Francese le fu strappato il bambino dal grembo, e le mani e i piedi della statua andarono distrutti. Semplice ed espressiva, la Vergine di Dijon sembra giunta direttamente dall’Africa, terra delle nostre origini: di legno scuro, con i seni pesanti, il ventre gonfio da donna incinta. È la virgo paritura. Il clero locale ha vestito la statua con abiti che ne coprono per intero la figura, privandoci così della vista di un piccolo capolavoro. La sua nudità ancestrale esposta in una chiesa risultava inquietante.

Proprio vicino a Dijon c’è Fontaines, località in cui nacque Bernardo di Chiaravalle, padre spirituale dell’Ordine del Tempio. Il cistercense conosceva sicuramente la madonna di Dijon, che dovette influenzare il suo pensiero mistico almeno quanto quella di Châtillon. Fu proprio una visione percepita ai piedi della Madonna Nera di Châtillon ad ispirare la sua venerazione tutta particolare per la Vergine Maria.

Un’altra Virgo molto suggestiva è quella di Le Puy-en-Velay. Si trova nel santuario francese di Nôtre-Dame-du-Puy, è di foggia bizantina. Ha un volto singolare, una corona che reca sulla sommità una colomba. L’abito è decorato con simboli che ricordano il sole e con delle lingue di fuoco. La statua è la riproduzione di una più antica che doveva risalire all’ XI secolo ed essere stata portata dalla Terrasanta da re Luigi VII. Le Puy era un centro druidico di grande importanza. Purtroppo oggi anche questa Madonna è stata abbigliata con un manto chiaro che la copre per intero, come a voler esorcizzare il nero del volto.

Ne parla un’antica leggenda che è legata ad una pietra nera tutta particolare: quella di un dolmen, che nel 430 d .C. avrebbe guarito una vedova da febbre mortale. La pia donna, in seguito ad una visione della Vergine Maria, si stese sulla pietra nera, la “pierre des Fièvres”, e guarì. Tale prodigio, che non rimase un caso isolato, venne confermato dal vescovo locale. Ancora oggi si può ammirare la pietra nera, situata presso l’entrata principale del santuario.

E che dire della piccola chiesa della Madonna Nera di Vassivière che s’innalza a ben 1300 metri d’altitudine? L’origine del nome “Vassivière” è celtica, cosa che indica la presenza di un luogo di culto attivo sin da tempi remoti. Se la statua di questa Vergine è purtroppo soltanto una copia di quella più antica – fu realizzata nel 1808 per rimpiazzare la scultura medievale distrutta durante la Rivoluzione Francese -, il segreto della Madonna di Vassivière sembra consistere soprattutto nell’ambiente che la circonda.

Nei pressi della piccola località montana francese vi sono infatti molte grotte artificiali adibite a rifugi, rese abitabili per mezzo di corridoi, rampe di scale e vaste sale scolpite nella roccia. Una di esse alberga addirittura una cappella sacra con tanto di affreschi risalenti al X secolo. Una sorta di fortezza segreta costruita all’interno della montagna. Ebbene, le leggende popolari raccontano che furono proprio i Templari a occupare queste grotte, forse per nascondersi in seguito alla persecuzione dell’Ordine. Qui i monaci del Tempio avrebbero praticato i loro riti segreti. Non è questa la prima volta in cui si affaccia una connessione palese fra femminino sacro e Ordine del Tempio, e nemmeno l’ultima. Sembra, infatti, che anche i monaci guerrieri – così come il loro padre spirituale Bernardo di Chiaravalle – abbiano venerato la Madre Terra e rispettato i culti ancestrali di matrice pagana incentrati su questo elemento di vita.

La località Saintes-Maries-de-la-Mer, situata nella Camargue, ha ormai fama internazionale. È noto il raduno annuale degli zingari di diverse nazionalità e tradizioni che giungono da ogni parte d’Europa per rendere omaggio alla loro patrona “Sara la Kali”, una sorta di Vergine Nera che però in realtà ha ben altre origini. Invece pochi sanno che proprio in questo sito si ergeva, in epoca romana, un centro molto importante che portava il nome del dio egizio Ra, e in cui più tardi si venerarono Iside e Cibele. Nel VI secolo d.C., la località di Ra divenne Nôtre-Dame-de-Ratis. Ancora una volta, Nostra Signora sostituì le sue progenitrici pagane.

Nel XV secolo, prese piede a Saintes-Maries-de-la-Mer la leggenda delle tre Marie del mare. Ciò fu dovuto al provvidenziale ritrovamento dei resti di Maria Giacobbe e Maria Salomè (1448) che aprì la via a un nuovo, lucrativo centro di pellegrinaggio cattolico. La leggenda medievale raccontava, infatti, che le due donne fuggirono dalla Palestina insieme con Marta, Lazzaro, Maria Maddalena e altre pie persone, imbarcandosi in una nave senza vela né remi e che giunsero in Provenza. Evidentemente qualche religioso attinse a questa fonte per avallare la genuinità dei resti ritrovati. E, a partire dal 1448, il nuovo culto delle tre Marie (Maria Giacobbe, Maria Salomè e Maria Maddalena) sostituì quello più antico di Nôtre-Dame-de-Ratis.

Ancor più tardi, e cioè nel XVII secolo, iniziò ad espandersi invece a Saintes-Maries-de-la-Mer il culto di Sara. Questa donna, chiamata nel 1686 ancora “Sarre”, era la serva di Maria Giacobbe e Maria Salomè. Ma va detto che la statua di Sara, che si trova oggi nella cripta della chiesa, risale soltanto al XIX secolo, e quindi si pensa che l’origine del pellegrinaggio dei Gitani risalga solamente a quel periodo più recente. Sara la Kali significa “Sara la Nera”, è vero. Ma non in riferimento ad una Virgo paritura, bensì alla dea indiana Kali, tanto cara agli induisti. E dunque non vi è rapporto tra Sara e le Madonne Nere, il cui arrivo in Occidente è di origine molto più antica.

Siones è situata in Navarra, nella provincia di Burgos. La chiesa di Santa Maria s’innalza proprio sotto la catena montuosa denominata Sierra de la Magdalena. Non è certo un caso: si tratta di un territorio in cui Madre Terra veniva particolarmente venerata. L’autore Ean Begg definisce l’edificio sacro “chiesa degli iniziati” per i molti simboli che lo contraddistinguono.  La scultura di un capitello rappresenta un portatore del Graal. Purtroppo l’effigie della Madonna Nera di Siones è stata dipinta di bianco. E tuttavia Begg ci racconta che gli abitanti del luogo la definiscono da sempre “un’autentica Iside cristianizzata”.

E poi c’è lei: sempre nel territorio di Navarra s’innalza la splendida cappella di Eunate. Si erge solitaria nella campagna, a poca distanza da Puente la Reina, dove un tempo vi fu un’importante commenda templare. In questo edificio ottagonale veniva custodita una Madonna Nera: la “Senora de las Cien Portas” (la Signora delle Cento Porte). Eunate costituiva un centro importante di venerazione mariale. Oggi è possibile ammirare una statua lignea di Madonna in trono con bambino. Non è più nera nemmeno lei, non è l’originale perduto, ma presenta alcune caratteristiche delle Vergini scure. La cappella di Eunate è un gioiello di bellezza architettonica e una scatola ermetica del Tempio. Fu spettatrice di riti segreti e la sua forma ottagonale ricorda senz’altro lo splendore del Graal.

In altri casi il valore simbolico dei loro volti scuri resta sconosciuto per il più e misterioso anche per gli esperti, lasciando spazio a diverse opzioni. Solo in rari casi l'indagine scientifica sul simulacro fornisce indicazioni utili: nel corso dei secoli, infatti, molte immagini sono state ridipinte più volte, alterate radicalmente nel corso di restauri o addirittura totalmente rimpiazzate o per il loro deperimento o per la perdita totale a causa di inondazioni, alluvioni o furti. Il culto, in genere, sembra essere molto più antico della documentazione a noi pervenuta, costringendo lo storico a cercare di fornire una valutazione critica del possibile contenuto di verità presente in resoconti leggendari.

Qualunque ne sia stata la valenza simbolica, la finalità evangelica o la giustificazione teologica, la diffusione in occidente di immagini di madonne nere è molto antica ed è spesso associata a legami con l'Oriente. Secondo la leggenda il presule sardo Sant'Eusebio di Vercelli, primo vescovo del Piemonte, esiliato in Cappadocia per le persecuzioni ariane, avrebbe portato in Italia (345) tre madonne nere (statue), tuttora venerate rispettivamente nei santuari di Oropa e di Crea, in Piemonte e nella cattedrale di Cagliari. Quella di Crea, si è però rivelata originariamente bianca dopo essere stata sottoposta a restauri). Molte icone bizantine, inoltre, hanno il volto scuro: dal 438 la più importante icona di Costantinopoli era la Odighitria, una Madonna scura di cui erano state portate copie anche in Occidente. Molte altre icone bizantine furono portate in Italia durante il predominio dell'iconoclastia.

La diffusione e il culto delle madonne nere in occidente sembrano essere stati particolarmente intensi all'epoca delle crociate, sia perché diversi crociati portarono in patria icone orientali, sia per l'azione di alcuni ordini religiosi (carmelitani e francescani in primis, molto attivi anche in Terrasanta e Siria) o cavallereschi (soprattutto quello dei templari, che disponevano di proprie chiese nelle principali città europee). I templari e gli altri ordini cavallereschi erano legati alla figura di San Bernardo di Chiaravalle, che predicò la seconda crociata. San Bernardo scrisse un commento al Cantico dei Cantici, in cui la sposa nigra sed formosa, principale personaggio del libro, è considerata una delle figure femminili dell'Antico Testamento che possono essere interpretate come profezie della Vergine. Il colore scuro di alcune statue potrebbe essere stato scelto per identificare la Madonna con la donna del Cantico dei Cantici (vv. 5 e 6: “bruciata dal sole”, “scura come le tende dei beduini”). La predicazione di San Bernardo, quindi, potrebbe essere una delle cause della diffusione delle madonne nere.

Un altro importante indizio è il fatto che molte madonne nere sono attribuite - senza alcun fondamento storico o artistico - a san Luca (ciò vale sia per la famosa Odighitria sia per quelle di Czestochowa, Oropa e Crea, sia per altre, che sono a Roma, Gerusalemme, Madrid, Malta, Frisinga (Baviera), Bologna, Bari, ecc.). Dato che tradizionalmente l'evangelista Luca è indicato come medico, il riferimento a san Luca pittore viene oggi interpretato come un possibile rimando ad alcune parole del vangelo secondo Luca, pronunciate da Simeone in occasione della presentazione al Tempio. Egli preannuncia la Passione, dicendo: “Quanto a te, Maria, il dolore ti colpirà come colpisce una spada” (Luca, 2, 35). Il volto nero delle "madonne di San Luca" indica simbolicamente che sono "madonne addolorate". Alternativamente l'attribuzione all'evangelista può essere stato un modo di rivendicare l'antichità dell'immagine e la sua fedeltà.

Il culto della Madonna nera ha avuto una grande diffusione a seguito di due eventi fortuiti, due naufragi che fecero approdare rispettivamente a Cagliari e a Tenerife una statua della Madonna nera. Nacque così a Cagliari il culto di Santa Maria di Bonaria, che divenne patrona di tutte le navi spagnole (la Sardegna era allora catalana). Da lei prese nome anche la città di Buenos Aires, capitale dell'Argentina. Madonna di Oropa, patrona di Lomas del Mirador, Argentina. A Tenerife invece la statua sarebbe stata adorata dai pagani Guanci e favorì la loro conversione al Cristianesimo. La Virgen de Candelaria divenne patrona delle Canarie, oltre che di Tenerife, ultimo porto prima della traversata atlantica, e ciò favorì la nascita di santuari analoghi (ad esempio quello di Copacabana) in tutta l'America Latina.



Monique Scheer ha posto l'attenzione sull'importanza e sul significato attribuito al colore nero della Madonna in diverse epoche con particolare riferimento alla Germania. Prima della controriforma il colore delle immagini sembra non essere neppure percepito come rilevante né dai fedeli né dai teologi. La controriforma, invece, ha valorizzato il colore nero come segno dell'antichità del culto mariano, in opposizione alle obiezioni protestanti.

Solo verso la fine dell'Ottocento il nero è stato percepito come un attributo razziale e perciò fonte di disturbo. Nasce allora, anche da parte di teologi, il negazionismo cioè l'attribuzione del colore scuro solo a fattori fisici, che avrebbero alterato il colore originariamente chiaro delle immagini. In precedenza il fatto che la Madonna potesse avere un colorito scuro (così come scuro è il volto di Gesù sulla Veronica) non costituiva problema o veniva facilmente interpretato, ricordandone il significato simbolico. In un'importante predica del 1729, citata da Monique Scheer, si ricorda: «Chi non sa che il colore nero è sempre stato considerato una metafora, segno di tristezza, dolore e orrore?». L'atteggiamento dei fedeli, invece, era forse quello esemplificato da una curiosa lettera di Karl Marx alla moglie nel 1856: «Per quanto brutto sia il tuo ritratto, mi serve per il migliore degli scopi ed ora capisco perfino come mai le madonne nere, i più offensivi ritratti della divina madre, possano trovare una venerazione indistruttibile e perfino più veneratori di quanti ne hanno i bei ritratti».

Dal punto di vista simbolico, l'accostamento tra la Madonna Nera e San Luca presenta due implicazioni fondamentali. La prima è sottile: nella rappresentazione simbolica dei quattro evangelisti cristiani, il cosiddetto "Tetramorfo", San Luca è associato al toro (gli altri accostamenti sono l'uomo/angelo per San Matteo, il leone per San Marco, e l'aquila per San Giovanni). L'origine dell'attribuzione è dovuta al fatto che il Vangelo di Luca si apre con la figura di Zaccaria, padre di Giovanni Battista, che celebrava sacrifici nel tempio, e il vitello era tra le bestie sacrificali per eccellenza. Il toro, però, è anche esotericamente associato alle energie sottili e ai rituali di fertilità, gli stessi temi che sono preponderanti nei culti della Grande Madre.

La seconda implicazione è più forte, perché contiene riferimenti più "scottanti". Secondo alcune teorie, le raffigurazioni della Vergine con la pelle di colore scuro in realtà non rappresentano Maria di Nazareth, la madre di Gesù, ma Maria Maddalena, e il bambino che tiene in braccio sarebbe in realtà il figlio di lei avuto da Gesù. Secondo la dottrina cristiana, Luca non fu apostolo diretto di Gesù, anzi, in realtà non lo conobbe mai, essendo diventato discepolo di Paolo verso il 37 d.C., cioè quattro anni dopo la Crocifissione. A quell'epoca Maria doveva avere 63 anni, quindi era piuttosto anziana: come fece allora San Luca a farle un ritratto dalle sembianze così giovanili, per di più con il Bambino in braccio? Secondo la linea temporale della "Stirpe Reale" meticolosamente ricostruita da Laurence Gardner, a quell'epoca Maria Maddalena aveva 34 anni ed aveva appena concepito il primo maschio, Gesù Giusto, nato sette anni dopo la primogenita Tamar. Ovviamente, dovremmo anche ammettere il resto della complicata teoria, e cioè che Gesù non fosse realmente morto sulla croce ma che avesse inscenato tutto con i suoi più stretti collaboratori. Oppure, a maggior beneficio della plausibilità, che suo fratello Giacomo (o Giuseppe di Arimatea) ne avesse preso il posto, sposando la vedova e generando con lei altri figli per perpetuare la linea di sangue.

Se ammettessimo queste teorie "alternative", il colore nero della pelle potrebbe spiegarsi in molti modi. Tra le varie ipotesi proposte, c'è chi afferma che la Maddalena appartenesse ad un ordine sacro regionale chiamato Ordine di Dan, le cui adepte erano naziree laiche e le cui madri superiori, come lo era appunto Maddalena, avevano il diritto a vestire di nero, come i nazirei. Altri tirano in ballo la presunta origine siriana (Jacopo da Varagine, nel paragrafo dedicato alla Maddalena della sua "Legenda Aurea", dice che ella "nacque da una famiglia nobilissima che discendeva da stirpe regale; il padre suo si chiamava Siro la madre Eucaria"), oppure egiziana. Secondo Margaret Starbird, quando la Chiesa Ortodossa cercò di occultare la verità sulla discendenza di Cristo, i suoi difensori continuarono a promulgarla segretamente adorando immagini di Madonne dalla pelle scura. Il colore nero, in questo caso, farebbe riferimento "all'altra Maria, a quella nascosta, alla Sposa Perduta del Cantico, derisa e ripudiata dalla Chiesa Ortodossa". Più o meno tutti i succitati autori ammettono il collegamento tra il Priorato di Sion ed il culto delle Madonne Nere, e va ricordata la singolare questione che questo culto cominciò a diffondersi inizialmente dalla Francia (luogo in cui Maria Maddalena si era ritirata dopo la fuga dalla Palestina), ed aveva la sua massima concentrazione nell'area compresa tra Lione, Vichy e Clermont-Ferrant, un gruppo collinare chiamato Monts de la Madeleine (Monti della Maddalena).

Un motto in latino che accompagna spesso le rappresentazioni della Madonna Nera è "Nigra sum sed formosa", che significa "Sono nera ma bella". Di fatto, esso è un versetto tratto dal "Cantico dei Cantici", detto anche "Canto di Salomone", uno dei più inusuali testi contenuti nella Bibbia ebraica e in quella cristiana. Si tratta, infatti, di un poema erotico in otto canti, che canta l'amore del re Salomone, famoso per la sua saggezza, ed una bella "Sulammita", identificata con la Regina di Saba. Il testo venne composto non prima del IV sec. a.C. e fu tra gli ultimi ad essere inserito nel canone biblico, addirittura nel I sec. d.C.. La coincidenza con la nascita del Cristianesimo primitivo ha fatto sì che molti tra i primi commentatori cristiani paragonassero la sposa del cantico a Maria Maddalena. Ancora oggi, nel messale della chiesa cristiana, un passo del Cantico dei Cantici viene letto durante la messa nel giorno dedicato alla Maddalena (22 Luglio). Nonostante l'origine "profana" del Cantico, sia l'Ebraismo, sia il Cristianesimo, hanno sempre tenuto in gran considerazione il Cantico di Salomone, l'uno proponendolo ai fedeli come allegoria dell'amore di Dio per il popolo ebraico, l'altro come metafora dell'amore di Gesù per la Chiesa, chiamata "Sposa di Cristo".

Il colore nero, in questo contesto, è altamente simbolico. È la Prima Materia, l'ingrediente base che permette all'Alchimista la realizzazione della Grande Opera, la realizzazione della Pietra Filosofale, nella prima e cruciale fase detta, appunto, "nigredo". Non a caso, rivela l'adepto Fulcanelli nel suo "Mistero delle Cattedrali", le parole "materia" e "madre" hanno la stessa radice, "mater", che sancisce il connubio tra la Grande Madre, la Madre di Dio e la Prima Materia dell'Opera. È, altresì, la "morte spirituale" dei filosofi e dei grandi mistici, la "morte in sé" che precede la rinascita, il ritorno alla luce, l'unione spirituale con il principio divino, tutti concetti che in un modo o nell'altro, sotto forma di allegorie o di dottrine segrete, hanno da sempre caratterizzato il sapere dell'uomo.

Ritroviamo queste tematiche, opportunamente celate e velate da immagini simboliche, nelle leggende locali che solitamente accompagnano il culto di una Madonna Nera e che ne tramandano il ritrovamento miracoloso. Protagonisti della scoperta, che avviene sempre in circostanze eccezionali, sono umili personaggi, pastori o contadini. Il ritrovamento è spesso legato ad un elemento di forte valenza tellurica, come una grotta o una sorgente d'acqua. Non a caso, infatti, nelle immediate vicinanze del luogo di ritrovamento si trovano sorgenti dalle proprietà miracolose o "pietre della fertilità".

In varie parti del mondo, spesso assai lontane e di culture molto differenti, si ritrova la medesima tradizione di associare alle grandi pietre, blocchi monolitici infissi nel terreno, la capacità di propiziare la fertilità a quelle donne che si recano a strofinarvisi sopra. Talvolta, le pietre hanno anche proprietà taumaturgiche, come quelle di lenire reumatismi e dolori in genere. Non deve meravigliare: le pietre sono da sempre considerate le "ossa della Madre Terra" (come l'acqua ne è il sangue), e non sono altro che "spinotti" naturali che attingono alle correnti telluriche sotterranee e le accumulano come condensatori, irradiandone all'esterno i loro benefici influssi. Tutto ciò era ben risaputo dagli architetti medievali, che furono tra i più grandi costruttori di cattedrali, templi di pietra destinati alla concentrazione di queste energie ed al loro benefico dispensazione alla comunità dei fedeli raccolti al suo interno.

Queste caratteristiche accomunano la Madonna Nera ad un altro noto simbolo, quello della Triplice Cinta, che ha valenza simile e che spesso, soprattutto nel Medioevo, è stato utilizzato dagli stessi costruttori e posto all'interno di edifici religiosi per contrassegnare luoghi di particolare sacralità tellurica. Non sembra per caso, infatti, che spesso il simbolo compare nelle vicinanze di un luogo ove si veneri, o sia stata venerata, una Madonna Nera.



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