Trattando della figura di Maria nell'Antico Testamento, il Concilio (Lumen Gentium, 55) fa riferimento al noto testo di Isaia, che ha attirato in maniera particolare l'attenzione dei primi cristiani: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele" (Is 7,14).
Nel contesto dell'annuncio dell'angelo che invita Giuseppe a prendere con sé Maria, sua sposa, "perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo", Matteo attribuisce un significato cristologico e mariano all'oracolo. Infatti aggiunge: "Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi" (Mt 1,22-23).
Tale profezia nel testo ebraico non annuncia esplicitamente la nascita verginale dell'Emmanuele: il vocabolo usato (almah), infatti, significa semplicemente "una giovane donna", non necessariamente una vergine. Inoltre, è noto che la tradizione giudaica non proponeva l'ideale della verginità perpetua, né aveva mai espresso l'idea di una maternità verginale.
Nella traduzione greca, invece, il vocabolo ebraico fu reso col termine "parthenos", "vergine". In questo fatto, che potrebbe apparire semplicemente una particolarità di traduzione, dobbiamo riconoscere un misterioso orientamento dato dallo Spirito Santo alle parole di Isaia, per preparare la comprensione della nascita straordinaria del Messia. La traduzione col termine "vergine" si spiega in base al fatto che il testo di Isaia prepara con grande solennità l'annuncio del concepimento e lo presenta come un segno divino (Is 7,10-14), suscitando l'attesa di un concepimento straordinario. Orbene, che una giovane donna concepisca un figlio dopo essersi unita al marito non costituisce un fatto straordinario. D'altra parte, l'oracolo non accenna per niente al marito. Una simile formulazione suggeriva quindi l'interpretazione data poi nella versione greca.
Nel contesto originale, l'oracolo di Isaia 7, 14 costituiva la risposta divina a una mancanza di fede del re Achaz, il quale, dinanzi alla minaccia di una invasione degli eserciti dei re vicini, cercava la salvezza sua e del suo regno nella protezione dell'Assiria. Nel consigliargli di riporre la fiducia soltanto in Dio, rinunciando al temibile intervento assiro, il profeta Isaia lo invita da parte del Signore a un atto di fede nella potenza divina: "Chiedi un segno dal Signore tuo Dio...". Al rifiuto del re, che preferisce cercare la salvezza nei soccorsi umani, il profeta pronuncia il celebre oracolo: "Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele" (Is 7,13-14).
L'annuncio del segno dell'Emmanuele, "Dio-con-noi", implica la promessa della presenza divina nella storia che troverà pienezza di significato nel mistero dell'Incarnazione del Verbo.
Nell'annuncio della nascita prodigiosa dell'Emmanuele, l'indicazione della donna che concepisce e partorisce mostra una certa intenzione di associare la madre al destino del figlio un principe destinato a stabilire un regno ideale, il regno "messianico" e fa intravedere un disegno divino particolare, che pone in evidenza il ruolo della donna.
Il segno, infatti, non è soltanto il bambino, ma il concepimento straordinario, rivelato poi nel parto stesso, evento pieno di speranza, che sottolinea il ruolo centrale della madre.
L'oracolo dell'Emmanuele va compreso, inoltre, nella prospettiva aperta dalla promessa rivolta a David, promessa che si legge nel secondo Libro di Samuele. Qui il profeta Natan promette al re il favore divino per il suo discendente: "Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno. Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio" (2Sam 7,13-14).
Nei confronti della stirpe davidica, Dio vuole assumere un ruolo paterno, che manifesterà il suo pieno ed autentico significato nel Nuovo Testamento, con l'incarnazione del Figlio di Dio nella famiglia di Davide (cf. Rm 1,3).
Lo stesso profeta Isaia, in un altro testo molto conosciuto, ribadisce il carattere eccezionale della nascita dell'Emmanuele. Ecco le sue parole: "Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato: Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace" (9, 5). Il profeta esprime così, nella serie di nomi dati al bambino, le qualità del suo compito regale: sapienza, potenza, benevolenza paterna, azione pacificatrice.
La madre qui non è più indicata, ma l'esaltazione del figlio, che porta al popolo tutto ciò che può essere sperato nel regno messianico, si riversa anche sulla donna che lo ha concepito e partorito.
Anche un famoso oracolo di Michea allude alla nascita dell'Emmanuele. Dice il profeta: "E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire partorirà..." (Mi 5,1-2). In queste parole risuona l'attesa di un parto ricolmo di speranza messianica, nel quale si evidenzia, ancora una volta, il ruolo della madre, esplicitamente ricordata e nobilitata dal mirabile evento che reca gioia e salvezza.
La maternità verginale di Maria è stata preparata in un modo più generale dal favore concesso da Dio agli umili e ai poveri (cf. Lumen Gentium, 55).
Questi, ponendo ogni loro fiducia nel Signore, anticipano col loro atteggiamento il significato profondo della verginità di Maria, che, rinunciando alla ricchezza della maternità umana, ha atteso da Dio tutta la fecondità della propria vita.
L'Antico Testamento non contiene, dunque, un annuncio formale della maternità verginale, rivelata pienamente solo dal Nuovo Testamento. Tuttavia l'oracolo di Isaia (Is 7,14) prepara la rivelazione di questo mistero ed è stato precisato in questo senso nella traduzione greca dell'Antico Testamento. Citando l'oracolo così tradotto, il Vangelo di Matteo ne proclama il perfetto adempimento per mezzo del concepimento di Gesù nel grembo verginale di Maria.
Secondo la legge di Mosè in vigore all'epoca, Giuseppe aveva facoltà di ripudiare la sposa infedele, che sarebbe stata condannata per lapidazione, poiché rimasta incinta prima della loro convivenza, cosa che non poteva che indicare un adulterio.
Anche nei Vangeli apocrifi si parla del concepimento miracoloso da parte di Maria; i riferimenti si trovano nel Protovangelo di Giacomo e nell'Ascensione di Isaia. La verginità di Maria è invece negata da altri apocrifi quali il Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Filippo e il Vangelo degli Ebioniti.
Anche il Corano, dove Gesù viene considerato un profeta, parla del concepimento miracoloso da parte di Maria per volontà di Dio:
« E quando gli angeli dissero a Maria: - O Maria! In verità Allah t'ha prescelta e t'ha purificata e t'ha eletta su tutte le donne del creato... O Maria, Iddio t'annunzia la buona novella di una Parola che viene da Lui, e il cui nome sarà il Cristo, Gesù, figlio di Maria, eminente in questo mondo e nell'altro e uno dei più vicini a Dio.
- O mio Signore! - rispose Maria - Come avrò mai un figlio se non m'ha toccata alcun uomo?
Rispose l'angelo: - Eppure Allah crea ciò ch'Egli vuole: allorché ha deciso una cosa non ha che da dire: "Sii!" ed essa è. »
(Cor., III:42, 45, 47)
Dal punto di vista scientifico non è possibile che una donna rimanga incinta senza un rapporto sessuale, tuttavia esiste un dibattito interno al mondo religioso in merito a una presunta veridicità storica del fatto, basato sull'assunto di fede, che Dio possa intervenire direttamente sulla materia. Accanto ai teologi che sostengono la storicità dell'evento, ve ne sono altri che sostengono che non si possa affermare con certezza che i racconti di Matteo e Luca si riferiscano ad un fatto storico e ritengono che questi racconti debbano essere interpretati in chiave teologica e spirituale.
I fautori della storicità del concepimento verginale sostengono la loro tesi tramite il criterio dell'attestazione multipla, secondo cui ciò che è attestato da fonti diverse e molteplici può essere considerato storicamente autentico. Il riferimento al concepimento verginale da parte di due Vangeli viene da essi considerato un elemento a supporto della presunta storicità dell'evento. Il fatto che i due Vangeli presentino dettagli e punti di vista differenti (Matteo espone quello di Giuseppe, Luca quello di Maria) significherebbe che ciascuno dei due evangelisti, che scriveva per destinatari diversi (Matteo per gli Ebrei, Luca per i Greci e i Romani), avrebbe attinto da tradizioni diverse. Essi sostengono inoltre che finora non sono emerse prove storiche sufficienti per affermare che i racconti di Matteo e Luca non sono veritieri.
Il silenzio degli altri Vangeli viene spiegato con l'ipotesi che il racconto del concepimento verginale era probabilmente una tradizione di famiglia che inizialmente era conosciuta solo da pochissimi cristiani; l'autore del Vangelo di Matteo l'avrebbe conosciuta dai parenti di Giuseppe, l'autore del Vangelo di Luca dai parenti di Maria. È stato obiettato che Gesù non ha mai detto di sé che era figlio di una vergine concepita miracolosamente, cosa che se fosse avvenuta sarebbe stata riferita anche dagli altri vangeli, ma ciò non prova nulla, perché Gesù potrebbe avere taciuto per una forma di pudore. Quanto alle lettere di Paolo, bisogna rilevare che esse hanno una finalità teologica e non biografica e danno pochi particolari sulla vita di Gesù.
Le storie di concepimenti verginali di donne da parte di esseri divini sono presenti in diverse religioni e mitologie ma non nell'ebraismo; vari autori ritengono poco plausibile che i giudei monoteisti del I secolo d.C. possano essere stati aperti all'influsso di storie pagane. Inoltre è stato evidenziato che le differenze tra i racconti evangelici e i miti pagani sono rilevanti: ad esempio, nei primi mancano l'antropomorfismo e gli aspetti fantastici che caratterizzano le nascite miracolose di miti e religioni pagane. Joseph Ratzinger ha inoltre rilevato che nei miti pagani del mondo classico c'è la fecondazione di una donna da parte di una divinità maschile, mentre nel racconto cristiano c'è un atto creativo per mezzo dello Spirito Santo.
Per quanto riguarda l'ipotesi che i racconti sul concepimento verginale di Gesù siano stati inseriti per rispondere alle calunnie dei giudei (riportate anche da Celso) su un concepimento umano adulterino di Gesù, come sostengono alcuni studiosi tra cui Stephen Harris, è stato obiettato che sarebbe stato più logico ribadire la paternità di Giuseppe anziché inventare la storia del concepimento verginale. Alcuni autori ritengono comunque che le tradizioni su cui si basano i vangeli siano antecedenti alle calunnie sul concepimento di Gesù messe in giro dai giudei.
Vari teologi, tra cui Karl Barth, hanno messo in relazione la nascita verginale di Gesù con il dogma dell'Incarnazione e con il superiore dogma fondamentale della Sua natura Trinitaria, di Uomo e di Dio nello stesso tempo; Barth ha affermato che il concepimento verginale di Gesù è una componente essenziale del cristianesimo, tuttavia ha un significato cristologico, non mariologico.
Per Hans Urs von Balthasar il concepimento verginale di Gesù era necessario, perché non poteva avere due padri: un padre umano avrebbe infatti oscurato il suo rapporto con il Padre celeste. Il teologo svizzero concorda inoltre con Barth nell'affermazione che i racconti di Matteo e Luca sono compatibili con il Prologo del Vangelo di Giovanni.
Secondo altre argomentazioni teologiche, poiché si avrebbe una irrazionale creazione sia dal nulla di sé che dal nulla dell'altro, come l'effetto non può essere maggiore della causa, e come il servo non è più grande del suo signore (Giovanni 15:20), così Gesù non poté nascere dall'unione carnale di due esseri umani, che avrebbe prodotto un altro essere umano; ma Gesù oltre che Uomo è anche Dio e perciò infinito e che vive in eterno (sebbene dopo la morte di croce), onnisciente e onnipotente, tutte qualità che rivelerà nel Vangelo e che sono maggiori di quelle presenti e che possono trovarsi in due genitori umani, finiti e mortali.
Per rispondere alle obiezioni scientifiche che ritengono impossibile l'evento, Joseph Ratzinger ha affermato che bisogna credere che Dio possa agire direttamente sulla materia; altri ritengono che lo Spirito Santo possa avere creato miracolosamente in Maria i cromosomi maschili necessari per il concepimento.
Al di là del significato letterale, i racconti evangelici sul concepimento verginale di Gesù vogliono comunicare che Giuseppe e Maria hanno ricevuto delle rivelazioni spirituali sulla futura nascita di Gesù e le hanno accolte con fede, accettando di aderire al progetto di Dio e di collaborarvi. Nel caso di Maria la rivelazione è avvenuta prima dell'evento e sotto forma di annunzio, mentre nel caso di Giuseppe è avvenuta dopo l'evento e sotto forma di sogno; sia gli annunzi che i sogni sono due forme di rivelazione divina che si ritrovano nell'Antico Testamento. Bisogna notare anche che Matteo, nel riferire la profezia di Isaia, non usa la parola almah (che significa "giovane donna") presente nella Bibbia ebraica ma la parola parthenos (che significa "vergine") presente nella versione in greco della Bibbia dei Settanta.
Parecchi studiosi si sono chiesti se oltre ad avere un significato spirituale i racconti sul concepimento verginale di Gesù si riferiscano ad un fatto storico.
Secondo vari autori, le basi storiche del concepimento verginale di Gesù sono deboli e l'evento non può essere provato con il metodo storico. Frederick Brumer ritiene che Matteo e Luca erano più interessati a fare affermazioni teologiche che storiche; l'accettazione del racconto di questi due vangeli è una questione di fede, basata su ragioni teologiche. Anche per Karl Rahner e John Paul Meier non ci sono prove storiche sufficienti per sostenere la storicità dell'evento. Frédéric Manns ha affermato che i Vangeli dell'infanzia di Gesù sono soprattutto testi teologici e vanno letti alla luce della fede: se non si crede che Gesù sia il Figlio di Dio e il compimento delle antiche Scritture, gli scritti di Matteo e Luca possono apparire come racconti mitologici.
Altri studiosi sostengono che l'idea del concepimento verginale ha avuto origine nell'ambito delle prime tradizioni orali su Gesù piuttosto che su un fatto storico accertato. Matteo e Luca si sarebbero rifatti a queste tradizioni precedenti, che avrebbero rielaborato in maniera più sobria rispetto agli autori dei Vangeli apocrifi; tuttavia la tesi tradizionale che essi avrebbero avuto come fonte i familiari di Gesù (in particolare Maria, che sarebbe stata la fonte di Luca) è poco verosimile.
Vito Mancuso fa notare che secondo l'esegesi storica non tutti i contenuti dei vangeli sono da considerarsi certi, ma vi sono dati storicamente sicuri, dati probabili e dati improbabili; anche se una notizia si trova in due vangeli (come la nascita a Betlemme, citata sia da Matteo che da Luca) non per questo oggi è considerata sicuramente certa dal punto di vista storico. Se si ipotizza che i racconti di Matteo e Luca siano storici e provengano da tradizioni familiari come sostiene anche Joseph Ratzinger, ci si dovrebbe chiedere come mai i vangeli diano notizie così scarse sui genitori di Gesù, specie su Maria che al tempo della crocifissione era ancora viva.
Bart Ehrman ha sottolineato che le fonti storiche non cristiane che parlano di Gesù (come Giuseppe Flavio) non accennano minimamente ad una nascita verginale. Secondo Ehrman, il principio di attestazione reciproca dei Vangeli di Matteo e Luca non è di per sè garanzia assoluta di storicità, ma bisogna considerare anche altri aspetti. Nel caso della nascita di Gesù, l'ipotesi più plausibile è che le fonti di Matteo e Luca si riferiscano ad un fatto leggendario; comunque, l'obiettivo degli evangelisti non era quello di fare una cronaca storica, ma essi avevano finalità apologetiche, come quella di affermare la divinità di Gesù.
Altri studiosi fanno rilevare che i primi Vangeli sono stati scritti tra il 60 e il 70 d.C., oltre trent'anni dopo la morte di Gesù; pur ritenendo possibile l'esistenza di una tradizione familiare originaria, essi ritengono che si sia alterata nel tempo. Gli anglicani J.M. Creed e H.D.A. Major hanno ipotizzato che inizialmente le tradizioni raccontavano le esperienze spirituali che Giuseppe e Maria avrebbero avuto in occasione del concepimento di Gesù, che analogamente a Isacco era presentato come un figlio della promessa di Dio. Successivamente, le tradizioni primitive sarebbero state deformate in senso materialistico e l'idea della nascita verginale avrebbe preso il posto di una nascita normale.
Vari studiosi che dubitano sulla storicità del concepimento verginale ritengono che la tradizione fu sviluppata dalla Chiesa primitiva per avvalorare la tesi che Gesù era il figlio di Dio incarnato. Per Hans von Campenhausen, la tradizione sarebbe di origine siriaco-occidentale.
Edward Schillebeeckx ritiene che le storie sul concepimento di Gesù non ci vogliano comunicare informazioni empiriche o rivelazioni segrete sulla storia della famiglia di Gesù, ma ci vogliano dire che Gesù è stato figlio di Dio fin dal primo momento della sua esistenza umana e non lo è diventato successivamente al momento del Battesimo, della Resurrezione o dell'Ascensione.
Jürgen Moltmann pensa che i racconti di Matteo e Luca siano basati su elaborazioni secondarie concepite dopo la resurrezione di Gesù, con lo sviluppo dell'idea che un essere straordinario doveva avere avuto anche una nascita straordinaria; egli ritiene inoltre che la fede in Gesù come figlio di Dio e Signore è indipendente dalla credenza sul suo concepimento verginale e non si basa su di essa.
È stato anche ipotizzato che i racconti evangelici abbiano avuto origine per influenza di storie similari presenti nelle mitologie di altri popoli, in modo particolare nell'ambiente ellenistico. Altri, pur non ritenendo probabile un'influenza diretta di miti pagani su Matteo e Luca o sulle loro fonti, sottolineano il cambiamento del contesto culturale e osservano che il cristianesimo si è progressivamente allontanato dalla cultura ebraica (che aveva un'idea positiva della sessualità) ed ha subito l'influenza della cultura ellenistica, in cui erano presenti certe concezioni che tendevano a svalutare gli aspetti materiali dell'esistenza (compresa la sessualità); ciò avrebbe creato un terreno favorevole per l'affermazione dell'idea della nascita verginale. Comunque, si ritiene che l'idea della nascita verginale nacque in seguito all'affermarsi dell'idea della divinità di Cristo e non viceversa.
Martin Dibelius sosteneva che vi sarebbe stata un'evoluzione del pensiero nel passaggio dal giudaismo palestinese al giudaismo ellenistico, per cui dalle nascite miracolose ma con intervento umano presenti nell'Antico Testamento (come quella di Isacco) si passò ad accettare la possibilità di un concepimento miracoloso senza intervento umano.
Hanna Wolff, psicoterapeuta protestante tedesca, sostiene che l'idea dell'incarnazione di Cristo mediante il concepimento verginale si è affermata in accordo alle conoscenze scientifiche dell'epoca, secondo cui la donna, durante il concepimento, era solo un contenitore passivo; in seguito ai progressi della biologia, con scoperta dell'ovulo e della partecipazione attiva della donna al concepimento dell'essere umano, le idee tradizionali andrebbero riviste.
Emil Brunner e Wolfhart Pannenberg hanno sostenuto, contrariamente alle idee di Karl Barth, che il concepimento verginale di Gesù raccontato da Matteo e Luca non sia compatibile con la sua preesistenza e incarnazione come raccontata dal Prologo del Vangelo di Giovanni; inoltre Gesù non avrebbe una piena natura umana se avesse un solo genitore umano anziché due.
Vari teologi ritengono oggi che il concepimento verginale di Gesù sia un teologumeno (parola usata da Martin Dibelius), cioè un'affermazione teologica presentata come fatto storico; tale concezione era legata alle idee del tempo in cui si è formata, ma oggi la sua storicità è difficilmente sostenibile e bisogna reinterpretarla. I Vangeli di Luca e Matteo vogliono comunicare rispettivamente che Gesù è venuto al mondo non per caso ma per volontà di Dio e che in lui si sono realizzate le profezie dell'Antico Testamento sulla nascita del Messia. Il teologo basco José Arregui ha affermato che i Vangeli utilizzano a volte un linguaggio figurato, pertanto è probabile che il racconto del concepimento di Gesù non ci voglia informare su aspetti biologici o ginecologici, ma dirci in modo simbolico che Gesù viene da Dio; la cosa non sarebbe incompatibile con una paternità di Giuseppe.
Per Hans Küng, la figliolanza divina di Gesù è un fatto ontologico avvenuto nella dimensione dell'eternità, mentre il concepimento della sua natura umana è un fatto biologico accaduto nella dimensione del tempo. L'incarnazione di Dio e la generazione umana di Gesù non si fanno concorrenza, perché agiscono su due piani diversi. Anche Joseph Ratzinger, che pure difende il dogma della verginità di Maria, ritiene che la dottrina della divinità di Gesù non verrebbe intaccata se egli fosse nato da un normale matrimonio umano.
Dal punto di vista scientifico, un concepimento verginale non è giudicato plausibile perché la riproduzione richiede l'intervento del maschio e della femmina ad eccezione dei casi di partenogenesi, ma nei mammiferi (compresa la specie umana) la partenogenesi naturale non è ritenuta possibile; inoltre, la partenogenesi naturale non potrebbe produrre un maschio, perché il cromosoma Y (quello che determina il sesso maschile) è fornito dal maschio mediante gli spermatozoi.
Gli ebrei non credono che Gesù sia il Messia né il figlio di Dio e non credono neanche al suo concepimento verginale. Studiosi ebrei sostengono che il Vangelo di Matteo, che voleva convincere gli ebrei che Gesù era il Messia, ha interpretato male i riferimenti dell'Antico Testamento. In particolare, viene contestato che la profezia di Isaia citata da Matteo si riferisca a Gesù; è opinione degli studiosi ebrei che essa si riferisca invece a Ezechia, figlio del re Acaz, oppure ad uno dei figli dello stesso Isaia.
Come i cristiani e i musulmani, anche i Bahá'í credono nel concepimento verginale di Gesù, ma non lo ritengono un requisito attestante la sua divinità: essi ritengono che Gesù è un profeta ed è Figlio di Dio in senso spirituale, ma non biologico.
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