Le armi più comuni usate contro la coalizione multinazionale in Iraq durante la guerriglia irachena tra il 2003 e il 2011 erano quelle prese dalle riserve di armi di Saddam Hussein distribuite per il Paese; queste comprendevano i fucili d'assalto AKM, mitragliatrici PK e lanciarazzi RPG-7.
L'ISIS è stata in grado di rafforzare le sue capacità militari catturando una grande quantità di armi di diverse tipologie durante la Guerra civile siriana e nella guerriglia irachena scatenatasi dopo il ritiro delle truppe statunitensi. Queste razzie di armi hanno migliorato le capacità del gruppo di portare a termine le operazioni successive e ottenere ulteriori equipaggiamenti.
Le armi che ISIS ha ottenuto e impiegato comprendono: missili terra-aria Strela-2 e FIM-92 Stinger; Missili anticarro M-79 Osa, HJ-8 e AT-4 Spigot; artiglieria 130mm M-46 e obici M198; carri armati T-54/55, T-72, e M1 Abrams; autoblindo Humvee e M1117; camion muniti di mitragliatrici DShK cannoni antiaerei ZU-23-2; lanciarazzi multipli BM-21; almeno un missile Scud.
Quando l'ISIS ha preso l'aeroporto di Mosul nel giugno del 2014 ha sottratto degli elicotteri Sikorsky UH-60 Black Hawk e alcuni aerei da trasporto che stazionavano lì. Secondo Peter Beaumont del The Guardian sembra difficile che ISIS sarà in grado di schierarli.
L'ISIS si è anche impossessata di materiale nucleare dall'università di Mosul nel luglio del 2014. In una lettera al segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon l'ambasciatore ONU in Iraq, Muhammad 'Ali al-Hakim, ha detto che il materiale presente nell'università “può essere utilizzato per creare armi di distruzione di massa”. Esperti nucleari considerano però la minaccia insignificante. Il portavoce dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica Gill Tudor scrive che il materiale rubato era “di bassa qualità e non presenta un rischio significativo per la sicurezza o proliferazione nucleare”.
Nel luglio del 2014 la BBC ha riportato le parole dell'investigatore capo delle Nazioni Unite che dichiara: “I combattenti dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (ISIL) potrebbero essere aggiunti alla lista dei sospettati per crimini di guerra in Siria.” Nell'agosto del 2014 le Nazioni Unite hanno accusato lo Stato Islamico di commettere “atrocità di massa” e crimini di guerra.
In politica estera l’America ha sempre sbagliato tutto. Propaganda di un gruppo radicale anti-Usa? No, parole pronunciate da un candidato repubblicano alla Casa Bianca per le presidenziali 2016. Rand Paul, senatore, libertario, non-intervenzionista, è sicuro che dietro l’ascesa dell’Isis ci sono gli americani, anzi, “un paio di repubblicani esperti di affari esteri” – Lindsey Graham e John McCain (quest’ultimo sconfitto da Obama nel 2008 e oggi guerrafondaio n.1). “Isis è sempre più forte perché i falchi nel nostro partito hanno fornito indiscriminatamente armi agli estremisti”, ha detto a Morning Joe su Msnbc il senatore. “Volevano far fuori Assad e bombardare la Siria. Sono stati loro a creare questa gente”. E poi: “Tutto quel che i falchi hanno fatto e detto in politica estera negli ultimi 20 anni riguardo a Iraq, Siria e Libia, lo hanno sempre sbagliato”.
La tesi non è inedita. Anzi è storia. L’11 settembre ha cambiato il corso degli eventi in quanto risultato degli errori di Washington, che in Afghanistan e Pakistan per anni ha finanziato gruppi di insorti per rovesciare i governi locali.
In un discorso tenuto all’Università di Harvard, in Massachusetts, Biden (notoriamente incline alle gaffe) ha accusato i paesi alleati Usa nel Golfo – Turchia, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar – di non fare abbastanza per combattere Isis e, peggio, di essere loro i finanziatori del gruppo che ha preso il posto di Al-Qaeda (surclassando in un anno i seguaci di Osama bin Laden per brutalità, strategia, soldi e marketing mediatico).
Basta rileggere il trascript di un programma andato in onda su Cnn il 7 ottobre 2014 per averne conferma – Joe Biden: “Hanno fatto piovere centinaia di milioni di dollari e decine di migliaia di tonnellate di armi nelle mani di chiunque fosse in grado di combattere contro Assad, peccato che chi ha ricevuto i rifornimenti erano… al Nusra, al Qaeda e gli elementi estremisti della Jihad provenienti da altre parti del mondo”.
L’amministrazione Obama ha presentato scuse formali e ritrattazioni. Ma in privato, funzionari della Casa Bianca ammettono che “mentre il vice-presidente è stato poco diplomatico, la sua posizione non è errata quando dice che soldi e armi sono finiti nelle mani di estremisti”. Corollario: le frasi dell’unico “uomo onesto a Washington” (come è stato definito Biden) unite alla dichiarazione di Rand Paul sul ruolo dei falchi repubblicani, in pratica ufficializzano l’asserzione secondo cui dietro Isis ci sono i paesi arabi alleati dell’America con la regia del governo di Washington.
Il gruppo conservatore americano “Judicial Watch” ha reso pubblico un rapporto ‘top secret’ della Dia (Defense Intelligence Agency), i servizi segreti del Pentagono. Il documento, 7 pagine, datato 12 agosto 2012, espone il solito errore geopolitico di sempre. La Dia prevede e convalida la creazione di uno Stato islamico per sbarazzarsi del presidente siriano Bashar al-Assad, la cui dittatura – oggi sappiamo – ha causato il massacro di oltre 200.000 vittime nella guerra civile siriana. Ma la nascita di un “principato salafita” che “unifichi l’estremismo jihad tra sunniti in Iraq e in Siria” non impedisce un’altra accurata previsione: “Assad rimarrà al potere”.
Diventa lecito mettere in dubbio gli sforzi che ampliano i poteri statali anti-terrorismo, cioè il monitoraggio di Cia e Nsa da parte del governo Usa, e dei servizi in Uk e altri paesi alleati (anche in Italia per il Giubileo). L’Occidente combatte contro un nemico comune che però è nato in laboratorio come il mostro di Frankenstein, grazie a maneggi ed alchimie degli stessi suoi creatori per fini geopolitici inconfessabili. Ecco perché non ha senso continuare a fare gli stessi errori degli ultimi 20 anni, come dice l’ottimo Rand Paul.
Dall’abbattimento di un aereo britannico in Iraq, viene allo scoperto il “doppio gioco” delle forze anglo Americane in Iraq ed in Siria.
Forze irachene hanno comunicato di aver abbattuto due aerei britannici che rifornivano di armi il gruppo terrorista dello Stato Islamico (ISIS). Lo ha annunciato il parlamentare iracheno Hakem al-Zameli.
L’abbattimento dei due aerei britannici ha avuto luogo nella provincia occidentale di Al.Anbar, una zona che gli USA preferiscono mantenere come un cortile secondario del conflitto nelle vicinanze della capitale irachena, Bagdad.
L’esponente parlamentare iracheno ha dichiarato da questa zona, che è caratterizzata da ampi spazi aperti, arrivano informazioni ogni giorno dalla popolazione locale che ha denunciato il sorvolo di aerei del Regno Unito e degli USA che portano armamento destinato ai gruppi dello Stato Islamico..
Lo stesso A-Zameli ha anche assicurato che la sua commissione parlamentare dispone di immagini di questi aerei britannici abbattuti ed ha richiesto alle autorità di Londra spiegazioni in merito.
Il ministro della Difesa Iracheno, Jaled al-Obeidi, aveva avvisato che l’Esercito dell’Iraq avrebbe abbattuto gli aerei che forniranno aiuti all’ISIS. “Qualsiasi aeronave che cerchi di aiutare o rifornire lo Stato Islamico sarà un obiettivo legittimo per le forze irachene. Non importa a quale paese appartenga”, ha sottolineato.
Gli USA ed i loro alleati della coalizione anti ISIS ,avevano iniziato gli attacchi aerei in Iraq, con l’obiettivo di annientare questo gruppo terrorista. Successivamente hanno esteso le operazioni anche in Siria.
In ripetute occasioni gli aerei da combattimento della coalizione capeggiata dagli USA hanno lanciato grandi quantità di armi e munizioni ad elementi dell’ISIS in Iraq ed in Siria, giustificando poi che si era trattato di un errore.
In altre occasioni sono stati visti aerei della coalizione atterrare in zone controllate dall’ISIS, come ad esempio nella città di Samara, e scaricare armi ed equipaggiamenti destinati ai terroristi.
Gli analisti politici mettono in questione gli obiettivi di Washington in questa nuova lotta contro il terrorismo in Medio Oriente, ci ricordano che i gruppi estremisti come l’ISIS sono nati grazie all’aiuto finanziario ed al sostegno di paesi come gli USA, la Turchia, l’Arabia Saudita ed il Qatar.
Il doppio gioco di Washington e dei suoi alleati con lo Stato Islamico è stato messo in evidenza ultimamente anche dalle dichiarazioni dell’ex generale USA Wesley Clark, già comandante in capo delle forze NATO, il quale ha dichiarato che” il gruppo terrorista dell’ISIS è stato creato dagli amici ed alleati degli Stati Uniti per combattere contro il Movimento di Resistenza Islamica del Libano (Hezbollah)”.
Nel frattempo stanno arrivando accuse circonstanziate anche da parte di altri esponenti di paesi arabi ed africani, come dall’inviato speciale dell’ONU e della Lega Araba in Siria, Lajdar Brahimi, che ha accusato gli USA di essere iresponsabili della creazione dei gruppi terroristi che stanno sconvolgendo il Medio Oriente. Oltre a questi anche il presidente del Sudán, Omar Hasán Al-Bashi, due giorni fa ha lanciato le sue accuse contro i servizi di intelligence degli USA di essere dietro alle organizzazioni terroristiche e di averne le prove.
In pratica la macchinazione statunitense di utilizzare questi gruppi terroristi dello Stato Islamico come pretesto per un loro nuovo intervento in Iraq ed in Siria, per istallarsi nella zona, rovesciare i regimi a loro ostili (Bashar al-Assad in Siria), combattere il movimento Hezbollah, filo iraniano e ridisegnare la mappa dei confini in Medio Oriente, è ormai venuta allo scoperto ed alla pretesa” lotta al terrorismo” di Obama non crede più nessuno, ad eccezione dei media (giornali e TV occidentali) che riferiscono di una “decisa lotta” intrapresa dalla coalizione internazionale contro lo stato Islamico, ignorando che alcuni paesi che compongono la coalizione (Arabia Saudita, Qatar, Emirati Uniti) sono fra i principali finanziatori ed ispiratori del terrorismo di marca wahabita e salafita dello Stato Islamico.
I terroristi e gli armamenti rimasti in Libia dopo l’intervento della NATO nel 2011 sono state inviati di corsa in Turchia e da qui in Siria, il tutto coordinato da rappresentanti del Dipartimento di Stato Americano e dalle agenzie di intelligence a Bengasi, covo di terroristi da decenni.
Il “London Telegraph” in un articolo del 2013 intitolato “Unità della CIA dedite al contrabbando delle armi a Bengasi durante l’attacco all’ambasciata”, riporta che:
(la CNN) ha asserito che una squadra della CIA era al lavoro in un edificio di fianco al consolato per rifornire i ribelli siriani di missili provenienti dai depositi libici.
Le armi sono arrivate anche dall’Europa dell’Est, con il New York Times, che in un suo articolo del 2013, intitolato:” Il ponte aereo per le armi ai ribelli siriani si intensifica con l’aiuto della CIA”, scrive:
Da uffici in località segrete, rappresentanti dei Servizi Segreti americani hanno aiutato i governanti arabi ad acquistare armi, incluso un grosso stock dalla Croazia, ed hanno accuratamente valutato i vari comandanti dei ribelli e i rispettivi gruppi di appartenenza per determinare chi dovesse ricevere le armi man mano che arrivavano, questo secondo rappresentanti americani che lo hanno riferito in condizioni di anonimato.
Mentre le fonti giornalistiche occidentali fanno riferimento all’ISIS ed alle altre bande che operano con il simbolo di Al Qaeda, chiamandoli “ribelli” o “moderati”, è chiaro che, se tutti quei miliardi di dollari in armi andassero veramente ai “moderati”, sarebbero loro, e non l’ISIS a dominare il campo di battaglia.
Recenti rivelazioni hanno messo in luce che già nel 2012, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti non solo aveva anticipato la creazione di un “Principato Salafita” che occupasse parte della della Siria e dell’Iraq, esattamente dove ora si trova l’ISIS, ma gli aveva dato un entusiamante benvenuto e un concreto contributo alla sua formazione.
Per quanto molti in Occidente ci mettano tanta buona volontà a fingersi ignoranti su come faccia l’ISIS a procurarsi i rifornimenti atti a mantenere le sue impressionanti capacità offensive, alcuni giornalisti hanno viaggiato nella regione e hanno videoregistrato e fatto articoli sugli infiniti convogli di autocarri che riforniscono l’esercito dei terroristi.
Questi camion, stavano per caso viaggiando avanti e indietro dai luoghi di produzione nel territorio conquistato dall’ISIS, ben all’interno di Siria ed Iraq? No. Venivano dall’interno della Turchia, passavano il confine siriano con assoluta impunità e se ne andavano per la loro strada sotto la tacita protezione delle vicine forze militari turche. Tutti i tentativi della Siria di attaccare questi convogli e i terroristi che entravano nel Paese con loro, si sono sempre scontrati con le difese antiaeree turche.
La rete televisiva internazionale tedesca Deutsche Welle (DW), ha trasmesso quello che è stato il primo videoservizio di un grosso organo di informazione occidentale inteso a documentare come le fonti di sostentamenro dell’ISIS non siano il “mercato nero del petrolio” o i “rapimenti a scopo di riscatto”, ma i rifornimenti del valore di miloni di dollari trasportati quotidianamente all’interno della Siria da centinaia di autocarri provenienti dai confini della Turchia, Stato membro della NATO.
Il servizio intitolato “Le vie di rifornimento dell’ISIS attraverso la Turchia” conferma quanto già detto da analisti geopolitici almeno fin dall’inizio del 2011, che l’ISIS si basa su una immensa sponsorizzazione statale multi nazionale, che include, naturalmente, la stessa Turchia.
Guardando le mappe del territorio conquistato dall’ISIS e leggendo i resoconti delle sue manovre offensive attraverso la regione ed anche oltre, ci si immagina che per mantenere questo livello di capacità bellica siano necessari (i rifornimenti) di centinaia di autocarri al giorno. Si possono immaginare questi convogli che entrano in Iraq dalla Giordania e dall’Arabia Saudita. Altri convogli è probabile che entrino in Siria dalla Giordania.
Riassumendo, considerando la realtà della logistica e la sua costante importanza in tutte le campagne militari della storia dell’umanità, non esiste nessun’altra spiegazione plausibile della capacità dell’ISIS di portare la guerra all’interno della Siria e dell’Iraq, se non attraverso massicce risorse provenienti dall’estero.
Se un esercito marcia con il suo stomaco e gli stomaci dell’ISIS sono pieni di rifornimenti dalla NATO e degli stati del Golfo Persico, allora l’ISIS continuerà a marciare a lungo e con successo. Il segreto per spezzare la schiena all’ISIS sta nello spezzare le sue linee di rifornimento. Per fare ciò, ed è per questo che il conflitto si trascina così da tanto tempo, Siria, Iraq, Iran e gli altri dovrebbero per prima cosa assicurarsi il controllo dei confini e costringere l’ISIS a combattere all’interno dei territori di Turchia, Giordania e Arabia Saudita, uno scenario difficile da realizzare in quanto nazioni come la Turchia hanno creato di fatto zone tampone all’interno della Siria, zone che non è possibile eliminare senza un intervento militare diretto contro la Turchia stessa.
Con l’Iran che si unisce alla lotta, con un ipotetico dispiegamento di migliaia di truppe per sostenere le operazioni militari siriane, i basilari principi di deterrenza potrebbero impedire alla Turchia di rafforzare le sue zone tampone.
In pratica, quello che succede è che la NATO tiene letteralmente in ostaggio tutta l’area tramite la prospettiva di una catastrofica guerra regionale e lo sforzo di difendere e perpetuare il carnaio fatto dall’ISIS in Siria, il tutto con la copertura di una immensa rete logistica che fuoriesce dal territorio stesso della NATO.
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