martedì 10 novembre 2015

CARA VECCHIA LIRA.....



La parola “Lira” ha, da secoli, un duplice significato. Innanzi tutto sta ad indicare un noto strumento musicale greco, a corde pizzicate. Inoltre, è l'unità monetaria (avente come sottomultiplo il centesimo), usata in Italia, in Egitto, in Turchia, in Israele, ecc. Per molti studiosi, la sua introduzione viene fatta risalire alla riforma monetaria di Carlo Magno (793/794). In seguito, col degenerarsi della lega usata per le singole monete e con l'abbassarsi del peso relativo, era sì conservato il nome “Lira” (con diversi aggettivi: genovese , veneziana, milanese, fiorentina...), ma diverso ne era il valore. Il 24 agosto 1862, con l'Italia finalmente, unita avemmo la prima “Lira”,

Divisa in 100 centesimi, e avente un valore di 4,5 grammi d'argento. Durò 140 anni, per essere poi sostituita dall'Euro.

Anche se oggi ci sembra quasi impossibile, c'è stato un periodo della nostra storia recente nel quale l'Euro aveva cominciato a piacerci: nel 2005, secondo un sondaggio Adusbef, l'approvazione nei confronti della moneta unica arrivava fino all'89 percento. Da allora qualcosa deve essere indubbiamente cambiato: secondo l'ultimo rapporto Eurispes (del 2014) il 40 percento degli italiani tornerebbe molto volentieri a utilizzare la vecchia moneta, un numero che arriverebbe fino al 58 secondo una ricerca.

La nostalgia per la Lira, infatti, appare oggi un fenomeno piuttosto concreto, e la politica da anni soffia su questo sentimento aggravando la situazione: molti partiti prevedono da tempo nel proprio programma il ritorno alla Lira, con sfumature che vanno dall'inserimento di slogan perentori sulla scheda elettorale alla pubblicazione di video intitolati "USCIRE DALL'EURO È POSSIBILE, MA ABBIAMO BISOGNO DEL TUO AIUTO!". In rete, invece, quello del ritorno alla Lira è uno dei piatti forti del menù populista: le pagine in cui si chiede un ritorno alla Lira, o si esprime ostilità nei confronti dell'Euro, arrivano a contare anche centinaia di migliaia di like.

Una fetta così grande di popolazione accomunata da una stessa nostalgia per qualcosa non poteva rimanere indifferente al mercato editoriale, che negli anni si è prodigato per offrire nuovi prodotti e speculare su questa ossessione. Da qualche anno i canali nazionali sono invasi da promozioni e spot nei quali vengono pubblicizzate raccolte di monete antiche e collezioni di volumi con copertine in argento intagliate a mano da creature minuscole e con le fattezze di Carlo Azeglio Ciampi e Giuliano Amato. C'è la raccolta di Editalia, quella del "Club Dei Gatti Matti", ce n'è persino una delle Poste Italiane.



Questi spot, in genere rivolti alle fasce d'età più anziane, sono solitamente presentati da personaggi televisivi rassicuranti come Massimo Dapporto o Carlo Conti, ripresi nell'atto di ripensare malinconicamente a quando tutto costava solo 10.000 lire. Di recente persino l'idolo istantaneo dell'Internet Giancarlo Magalli è stato visto recitare in questi promo, dando del lei allo spettatore a casa mentre ricorda i tempi in cui con 100 lire pagava tre lenti dal jukebox per ballare con la sua "fidanzatina".

Da dove nasce questa nostalgia?
Un modo di vivere, un collegamento col passato: quando uno dice "ah, i tempi della Lira" non dice solo "quando avevo in tasca quei pezzi di carta chiamati Lire" ma anche una cosa simile a "Ah, quando ancora avevo i capelli."
Gli anziani rimpiangono il clima, il fermento culturale, spesso confondendo questo benessere geografico col fatto che loro stavano meglio quando erano più giovani. Qualcosa del genere succede anche con la Lira: se si prende il lungo periodo di crescita economica, che va dagli anni Cinquanta fino al 2000, si vede corrispondere praticamente al periodo in cui abbiamo adottato la Lira. Sono stati i tempi della ricostruzione, del boom economico e demografico, e siccome in quegli anni si utilizzava la Lira, questa generale nostalgia positiva per quel periodo mette dentro anche la moneta, associandola a un ricordo piacevole alterato dalla mitologia del passato.

Poi c'è un elemento più specifico, più tecnico. Il progresso italiano è stato animato dalla formuletta magica della "svalutazione". Avendo ancora sovranità monetaria si era in grado di svalutare la nostra moneta, e la vita delle persone poteva trarne giovamento. Un esempio concreto: se la Lira si svalutava quando compravi una casa, i tuoi debiti nel tempo finivano col valere di meno. Con questa formula abbiamo costruito il benessere nel dopoguerra, e con l'arrivo dell'Euro si è interrotta.
Abbiamo adottato l'Euro in un preciso periodo storico: a questa realtà è coincisa una grave crisi; è il periodo nel quale non si trova un posto di lavoro facilmente e gli stipendi non sono stati adeguati al costo della vita. A quel punto l'Euro diventa la moneta "della Germania", dei "cattivi che ci fanno tirare la cinghia.

Naturalmente il collegamento fra benessere economico e Lira, così come quello tra Euro e crisi, non è così ovvio. Semplicemente, la sensazione di nostalgia è data dal fatto che le persone di una certa età sono cresciute in uno scenario economico in espansione, e includono la moneta dell'epoca come parte integrante del loro vissuto. Oggi, invece, stanno peggio e senza Lira.

L'anziano pensa per sua natura al passato, e qualsiasi cosa abbia concorso a fargli credere di star meglio diventa oggetto di nostalgia e quindi di attenzioni da parte del mercato.
In Italia il fenomeno della nostalgia è accentuato, ma c'è anche in Francia e in Spagna. Meno in Germania—perché pur essendo il Marco la moneta più forte e immaginifica, i tedeschi continuano a soffrire di meno la crisi e quindi a "detestare" meno l'Euro.



Tra vent'anni coloro che detengono la gran parte della ricchezza italiana saranno tutti morti. I giovani non avranno gli stessi ricordi della ricchezza dei loro parenti più anziani e quindi questa nostalgia per la vecchia moneta non avrà più senso di esistere: non potranno provare nostalgia per qualcosa del genere, banalmente, perché saranno più poveri dei loro predecessori e non avranno gli stessi bei ricordi.

In un certo senso, la nostalgia ha un tasso proporzionale rispetto all'indice demografico: dato che i vecchi sono vecchi e i giovani sono più poveri, il tasso di nostalgia per la Lira calerà inevitabilmente. La nostalgia è un lusso da persone che non hanno grane.

Un altro dato importante è che le prospettive di chi aveva 25 o 30 anni ai tempi d'oro della Lira erano decisamente migliori rispetto ad oggi: era più facile fare carriera, comprare dei beni, chiedere un mutuo. Questo è un elemento fondante nella percezione del "benessere", e successivamente nella formazione di un sentimento nostalgico: la prospettiva di un futuro migliore.

Per molti anni, per esempio, gli italiani non hanno mai visto scendere di valore la propria casa. Adesso invece accade il contrario, e i giovani di oggi, in questo, sono stati molto sfortunati: sono la prima generazione che vede deperire i risparmi dei propri genitori, intaccati per la prima volta nella storia recente solo in questo ultimo decennio. Anche per questo il futuro che si presenta davanti a un 20-30enne di oggi è tutto in salita: non ci si immagina neanche quanto fosse più facile affermarsi per un ragazzo negli anni Sessanta, rispetto ad oggi.




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