Il cognome, in quanto ha la funzione di strumento identificativo della persona, costituisce parte essenziale ed irrinunciabile di un soggetto, inoltre indica a quale famiglia si appartiene, e proprio per questa motivazione, gli si attribuisce molta importanza e un notevole peso.
Molte persone si sono chieste se possedere un altro cognome, quello materno al posto di quello paterno, o avere ambedue i cognomi dei genitori potrebbe cambiare qualcosa nella loro vita.
In vari paesi europei la scelta del cognome da assegnare ai figli non è rigida, infatti si può dare il cognome materno invece di quello paterno o tutti e due.
In Italia da vari anni vengono presentate proposte di legge che permettono la trasmissione del cognome materno o di tutti e due i cognomi e recentemente si è trovata una soluzione, ossia è stato approvato un disegno di legge che prevede la libera trasmissione solo in caso di accordo tra entrambi genitori.
Si può comunque cambiare il cognome ma ciò implica delle motivazioni valide, ad esempio perché esso è ridicolo o vergognoso, e quindi sostituirlo con quello materno potrebbe far evitare dispiacevoli derisioni.
Un’altra giustificazione, assai più importante, è dovuta ai rapporti morali con i propri genitori, infatti, se purtroppo si possiede un sentimento negativo e di disprezzo nei confronti del proprio padre, si può cambiare il proprio cognome con quello della madre, affinché non si abbia più nulla in comune, anche per dimostrare la profonda avversione nei confronti del proprio genitore.
La richiesta del cognome materno può anche essere motivata da ragioni affettive e sentimentali, infatti alcune persone si possono sentire molto più legate alla propria madre, perché essa è stata sempre presente a differenza del padre che per differenti motivi, ad esempio per ragioni di lavoro, non è sempre stato al suo fianco.
Alcune persone, invece, decidono di cambiare il proprio cognome a causa di un motivo economico, infatti è probabile che la denominazione della madre è un cognome famoso e sarebbe stato vantaggioso poterlo ereditare.
L'Aula della Camera ha approvato a voto segreto (239 sì, 92 no e 69 astenuti) il testo unico che introduce il doppio cognome nell'ordinamento italiano, adeguandolo in materia alla sentenza con cui la Corte europea dei diritti dell'uomo dello scorso 7 gennaio aveva condannato l'Italia per violazione dei diritti umani. Il testo era approdato per la prima volta in Aula a Montecitorio nello scorso luglio, ma era stato necessario un rinvio in commissione per appianare le divergenze sulle forze politiche.
Alla nascita il figlio potrà avere il cognome del padre o della madre o i due cognomi, secondo quanto decidono insieme i genitori. Se però non vi è accordo, il figlio avrà il cognome di entrambi in ordine alfabetico. Stessa regola per i figli nati fuori del matrimonio e riconosciuti dai due genitori. Ma in caso di riconoscimento tardivo da parte di un genitore, il cognome si aggiunge solo se vi è il consenso dell'altro genitore e dello stesso minore (se però ha almeno 14 anni).
Il principio della libertà di scelta, con qualche aggiustamento, vale anche per i figli adottati. Il cognome (uno soltanto) da anteporre a quello originario è deciso concordemente dai coniugi, ma se manca l'accordo si segue l'ordine alfabetico. Coloro che hanno due cognomi potranno trasmetterne al figlio soltanto uno, a scelta. Il maggiorenne che ha il solo cognome paterno o materno, con una semplice dichiarazione all'ufficiale di stato civile, può aggiungere il cognome dell'altro genitore. Se però nato fuori del matrimonio, non può prendere il cognome del genitore che non l'ha riconosciuto. Le nuove norme non saranno immediatamente operative. L'applicazione è infatti subordinata all'entrata in vigore del regolamento (il governo dovrà adottarlo al massimo entro un anno) che deve adeguare l'ordinamento dello stato civile. Nell'attesa del regolamento, sarà però possibile (se entrambi i genitori acconsentono) aggiungere il cognome materno.
Alla approvazione si è arrivati non senza difficoltà per una serie di divergenze politiche che hanno rallentanto il percorso del disegno di legge. Alla fine, si è arrivati al voto (tenutosi a scrutinio segreto) dopo che Forza Italia e Scelta Civica hanno lasciato libertà di voto ai deputati. Mentre il M5S si è astenuto sul voto finale.
Se è vero che non basta un bel cognome per fare carriera, è parimenti vero che, in linea di massima, non lo rende certo più difficile. In qualsiasi Paese, anche nei più meritocratici, le relazioni e le conoscenze hanno un peso. Le élites sono circoli di raggio ridotto. Le persone in vista tendono ad avere consuetudine con altre persone in vista. L’educazione che ci è stata impartita, al pari degli interessi coltivati dai nostri genitori e delle persone che ci hanno presentato, fanno la differenza nella nostra formazione.
Sicuramente non fa bene, né alla crescita né al desiderio di una società più equa, la persistenza di tanti “circoli chiusi” nella nostra società. In qualsiasi Paese, i figli dei ricchi e dei potenti fanno le stesse scuole e crescono dandosi del tu.
A esacerbare questa situazione, in Italia, è la pervasività della politica. Un libero mercato non è “meritocratico”, nel senso che non segue apertamente il progetto di consentire agli outsider di arrampicarsi in cima alla piramide sociale, o di integrare meglio giovani e donne nel mercato del lavoro. Ma le imprese in un mercato perseguono il profitto, e per realizzarlo debbono allocare al meglio i fattori di produzione. Siccome le imprese sono fatte di esseri umani, questi esseri umani possono anteporre le simpatie, l’amicizia, i rapporti personali al tentativo di mettere “ciascuno al posto giusto”. Quanto più lo fanno, però, più mettono a rischio la loro capacità di fare utili. Questo è tanto più vero quanto maggiore e più agguerrita è la concorrenza: meno bene le imprese “vecchie” combinano i fattori, e più spazio creano per imprese “nuove” che cercano un posto al sole.
Un Paese che genera più ricchezza e che sostiene la legittima aspettativa di tutti di “poterci provare”, a farcela nella vita, è un Paese nel quale il peso della politica è inferiore e gli spazi della concorrenza sono maggiori. Col peso della politica, al contrario, cresce inevitabilmente anche il peso dell’essere “nati bene”. Che è una fortuna: non dovrebbe essere un passe-partout per tutte le porte, ma nemmeno una colpa da espiare.
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