venerdì 29 gennaio 2016

LE VERITA' NASCOSTE dalla CHIESA



Nel dicembre del 1945, a Nag Hammadi, nell'Alto Egitto, furono scoperti decine di manoscritti di sconvolgente importanza perché rivelarono un cristianesimo profondamente diverso da quello che conosciamo.

Diversamente da quello che si crede, la chiesa è un gruppo di uomini che portano avanti, quanto deciso nei secoli, le parole di uomini che intesero e diffusero il messaggio di Gesù in funzione dei loro fini.

Quella conoscenza che la chiesa ha definitivamente sepolto attraverso i due consigli ecumenici svolti nella città di Nicea dove definirono chi aveva ragione e chi era eretico all'interno della loro stessa chiesa. Uomini che decisero chi fosse Gesù e quale messaggio avesse portato. Uomini che decisero quali testi erano giusti e quali errati. Anche i 4 vangeli canonici del nuovo testamento servono a questo.

Uomini che non sono Dio, sono uomini! Come può, quel Dio che è libertà e che desidera che ogni uomo lo cerchi liberamente, affermare che lo si faccia attraverso chi si assume il diritto di insegnare quanto è stato definito da un gruppo di uomini?

La chiesa raggira i deboli, gli indifesi e i soggetti più vulnerabili della società ostentando un'ipocrisia tale da far mettere in dubbio l'esistenza della ragione.
Ratzinger sguazza nei lussi e nel benessere. Un operaio italiano, anche se risparmiasse tutta la vita, non arriverebbe mai a permettersi un solo vestito o una sola automobile tra quelle che il Papa acquista di continuo con i soldi estorti ai fedeli.

Alcuni esempi di disinformazione clericale:

1) Il Papa prese le distanze dal nazismo. FALSO. Il Papa invece appoggiò Hitler ripetutamente, senza mai contraddirlo.

2) La chiesa non appoggiava Mussolini. FALSO. La chiesa sostenne Mussolini persino dopo che alcuni squadristi aggredirono l'Azione Cattolica.

3) Il Papa e il Vaticano aiutarono gli ebrei ricercati dai nazisti. FALSO. Ci furono solo alcuni cattolici che di propria iniziativa protessero alcuni ebrei all'interno delle strutture della chiesa. Il Papa non fece proprio nulla invece.

4) Il vaticano non collaborò mai con i criminali nazisti in fuga. FALSO. Il vaticano si curò perfino di procurargli documenti per fuggire in Sud America.

5) Il Papa scomunicò i nazisti e Hitler. FALSO. Il vaticano scomunicò invece nel 1949 il comunismo e tutti gli iscritti a qualunque partito comunista.

6) Il papa condannò la guerra di aggressione di Hitler. FALSO. Quando la Germania invase la Polonia Pio XII non disse nulla. Ma qualche meso dopo si scagliò poderosamente contro Stalin che invase la Finlandia.

7) Il cattolicesimo è incompatibile con il nazismo. FALSO. Storicamente la compatibilità ci fu ed è evidente.

8) Il Papa non era fascista. FALSO. Pio XI e poi Pio XII erano entrambi convinti fascisti e lo si può ben capire dalle loro encicliche e dalla loro vicinanza al governo di Mussolini.

9) Il papa non ha responsabilità su quanto accadde nella seconda guerra mondiale. FALSO. L'essere stato complice di Hitler è una sua responsabilità storica. L'essere stato muto e accomodante è anch'essa una sua responsabilità storica.

La Chiesa che dovrebbe essere tutta trasparenza, semplicità e innocenza ( “il tuo parlare sia: si, si; no, no”) è il luogo dei misteri, la sede per eccellenza degli arcani imperii. Sconcertante è una carrellata sull’ultimo secolo della Chiesa. Pio XI morì proprio la notte precedente la promulgazione dell’ enciclica di condanna, a causa delle leggi razziali, del nazismo e del fascismo. E’ scomparso persino il testo dell’enciclica. Il cardinale Mitterant esprimerà nei suoi diari dubbi su quella morte, ma scomparsi sono anche quei diari. Rimane oscura la morte di papa Luciani che voleva riportare la Chiesa alla semplicità e autenticità delle origini, cominciando con il far luce sulle attività dello IOR di Marcinkus. Borsellino, e non solo lui, sollevò dubbi  sulla sua morte, dopo aver sentito il pentito Vincenzo Calcara. Mistero dei misteri l’attentato a papa Wojtyla fra le dichiarazioni contraddittorie di Alì Agca e quelle di Calcara che andavano in direzione dello stesso Vaticano. Noti sono gli eventi, lastricati di morti eccellenti, protagonisti Marcinkus, Sindona  e la P2. Ancora inspiegata è  la scomparsa della cittadina vaticana Manuela Orlandi e grida allo scandalo la sepoltura, fra santi e beati, nella basilica di sant’Apollinare, del sanguinario boss della Magliana.
E come si può credere alla versione ufficiale, dopo un’indagine tutta interna ed estremamente  riservata,  sul triplice assassinio  del capo delle guardie svizzere, della moglie e della guardia Tornay?
Viene spontanea una domanda , che vorremmo se la ponessero tutti, i credenti soprattutto: che rapporto c’è fra i Vangeli delle Beatitudini, dell’amore universale, degli “uccelli del cielo che non seminano e non mietono, dei  gigli del campo che non lavorano e non filano”,  con quel “covo di astuzie” e di intrighi che è il Vaticano? Voleva Gesù, figlio di Dio,   essere rappresentato da costoro e  perchè sopporta tutto questo?

I vangeli apocrifi sono un eterogeneo gruppo di testi a carattere religioso che si riferiscono alla figura di Gesù Cristo e che, nel tempo, sono stati esclusi dal canone della Bibbia cristiano. Fanno parte della cosiddetta "letteratura apocrifa", un fenomeno religioso e letterario rilevante del periodo patristico. Sovente dotati dell'attribuzione pseudoepigrafa di qualche apostolo o discepolo, i vangeli apocrifi furono esclusi dalla pubblica lettura liturgica in quanto ritenuti portatori di tradizioni misteriose o esoteriche, e quindi in contraddizione con l'ortodossia cristiana. Il termine "apocrifo" ("da nascondere", "riservato a pochi") è stato coniato dalle prime comunità cristiane.

Una volta passata la prima generazione cristiana, le successive sentirono il bisogno di contrarre ulteriori informazioni sulle vicende di Gesù, e questo fu uno dei motivi che diede impulso alla nuova forma letteraria sviluppatasi intorno ai testi biblici che oggi costituiscono il Nuovo Testamento. Tra le finalità di questa produzione si possono individuare un obiettivo storico, uno apologetico-dottrinale, uno devozionale-liturgico, ma anche l'obiettivo di "diffondere dottrine nuove, spesso in contrasto con quelle ufficiali della Chiesa, impugnando gli scritti dell'antica letteratura cristiana".

Bergier, nel suo Dizionario di Teologia, parlando del significato di apocrifo, scrive: “I cristiani applicarono alla voce apocrifo una significazione diversa da quella dei Gentili e degli Ebrei, usandola per indicare qualunque libro dubbio, d'autore incerto, sulla cui fede non si può far fondamento”.

Il Codex apocryphus Novi Testamenti di J.-C. Thilo (Cfr. vol. I, Leipzig 1832) riorganizza la materia nell'ambito dei generi letterari del Nuovo Testamento: vangeli, atti, lettere e apocalissi. La rigorosa delimitazione alla struttura del Nuovo Testamento e l'individuazione di una forma testuale ben definita per ciascuna opera, si precisò nelle due prime edizioni della raccolta Neutestamentliche Apokryphen diretta da E. Hennecke (1904 e 1924) e nella terza pubblicata a cura di Wilhelm Schneemelcher. Quest'ultimo definiva gli apocrifi come "scritti non accolti nel canone, ma che, mediante il titolo o altri enunciati, avanzano la pretesa di possedere un valore equivalente agli scritti dei canone, e che dal punto di vista della storia delle forme prolungano e sviluppano i generi creati e accolti nel Nuovo Testamento, non senza peraltro la penetrazione anche di elementi estranei". Questa definizione - ripresa nelle raccolte italiane di Luigi Moraldi e Mario Erbetta - è stata criticata da Eric Junod per lo stretto legame da essa istituito tra apocrifi e canone, che limita tra l'altro eccessivamente l'arco cronologico di produzione degli apocrifi (secc. I-III); Junod propone anche di sostituire alla designazione "apocrifi del Nuovo Testamento" quella di "apocrifi cristiani antichi". Nella quinta edizione della raccolta Wilhelm Schneemelcher recepisce solo in parte le istanze di Junod, e difende la designazione "apocrifi del Nuovo Testamento", proponendo una definizione più flessibile e più ampia, nuovamente criticata da Junod nel 1992.

La posizione di Junod è quella adottata dall'Association pour l'étude de la littérature apocryphe chrétienne, costituitasi per produrre nuove edizioni critiche degli apocrifi cristiani antichi. Nella stessa Associazione esistono proposte più radicali come quella di Willy Rordorf, che suggerisce di sostituire "apocrifi" con "letteratura cristiana extra-biblica anonima o pseudepigrafa".



La letteratura apocrifa ha esercitato un notevole influsso "nel campo letterario, artistico, devozionale e liturgico", ed è maturata in riferimento ad alcuni particolari nuclei: l'infanzia di Gesù, la figura di Maria, la passione di Gesù, il periodo successivo la risurrezione di Gesù. Il termine “apocrifi” tende a riguardare un insieme eterogeneo di scritti, attribuendo spesso "una unità fittizia" a testi molto differenti "per età, provenienza, genere letterario e finalità". Si possono individuare una serie di categorie convenzionali nel vasto panorama apocrifo, che generalmente vengono ricondotte ai Racconti (o vangeli) dell'infanzia, ai vangeli apocrifi, e agli scritti sulla vita degli apostoli. Esistono tuttavia tre categorie precise utili per organizzare la variegata produzione apocrifa:

Gli apocrifi di origine giudeo-cristiana o del giudaismo cristiano: testi prodotti tra le prime comunità cristiane che ponevano "l'osservanza della legge mosaica come elemento discriminante", erano credenti in Gesù e appartenenti alla chiesa madre di Gerusalemme. Questi testi cristiani "esprimono il loro pensiero servendosi della categorie del tardo giudaismo". Tra essi si ricorda la Didaché, la Lettera di Clemente romano ai Corinzi, Il pastore di Erma. In genere in questa categoria alcuni autori comprendono anche alcuni testi indicati come vangeli, la cui conoscenza deriva dalle citazioni dei Padri della Chiesa: il vangelo degli Ebrei, il vangelo dei Nazarei e il vangelo degli Ebioniti.

Questi ultimi sono compresi tra gli apocrifi solo in quanto vangeli non canonici. In effetti sono più vicini ai canonici rispetto agli altri testi pervenutici e compresi nella categoria “vangelo” . Di essi ci rimangono le citazioni dei Padri della Chiesa: nessun manoscritto originale è mai pervenuto, e se esiste una certa tendenza tra gli studiosi a ricondurli verso un unico vangelo (anche sulla scia delle citazioni patristiche), detto appunto vangelo degli Ebrei (ritenuto verosimilmente dai Padri della Chiesa come il vangelo originario di Matteo privo almeno della parte iniziale, la genealogia di Gesù ), oggi esistono anche due teorie differenti. La prima identifica nel vangelo degli Ebrei anche il cosiddetto vangelo dei Nazarei, e nel vangelo degli Ebioniti il cosiddetto vangelo dei Dodici. A supporto di questa ipotesi la probabilità che, sulla base dei riferimenti pervenutici, il vangelo degli Ebioniti sia stato composto con il contributo fondamentale dei tre vangeli sinottici (Matteo, Marco, Luca), e pertanto appare difficile il riferimento ad un unico vangelo aramaico per questi tre testi citati dai ‘'Padri'’. Una seconda ipotesi parla di tre entità distinte: vangelo degli Ebrei, vangelo dei Nazarei e vangelo degli Ebioniti. La datazione è discussa e difficile da valutare, anche se qualche studioso ha tentato di datarli alla prima metà del II secolo.

Lo gnosticismo si diffonde nel II e III secolo, e i testi di questo fenomeno di sincretismo religioso si presentano come “segreti”, in quanto provenienti da un insegnamento esoterico di Gesù o degli apostoli riservato ai soli iniziati. Tra questi scritti il Vangelo greco degli Egiziani, il Vangelo di Mattia, il vangelo di Maria Maddalena, l’Apocrifo di Giovanni, la Sophia di Gesù, il vangelo di Tommaso (copto), il vangelo di Pietro. In questi testi la dottrina gnostica "traspare da alcune accentuazioni estremizzanti". La maggior parte di tali vangeli nascono nel contesto di correnti teologiche giudicate successivamente eretiche dalla Chiesa cristiana, come quelle di stampo ermetico.

Già i Padri della Chiesa distinguevano tra apocrifi eretici e apocrifi di origine ecclesiastica, esclusi dal canone ma che potevano essere utilmente letti. Tra essi il Protovangelo di Giacomo e gli Atti di Paolo e Tecla.
Contro la vasta circolazione degli scritti apocrifi la Chiesa delle origini fece valere la tradizione pubblica, "portata dalla successione episcopale nelle diverse Chiese", e si definì progressivamente un consenso sui libri cristiani ritenuti autentici e ispirati. Presto il termine "apocrifo" divenne quindi sinonimo di “falso”, anche se la prima lista ufficiale pervenutaci delle opere rigettate dalla Chiesa risale al VI secolo, in quello che è noto come Decretum Gelasianum. I pronunciamenti della Chiesa primitiva sono tuttavia molto più antichi, e ci sono pervenuti anche tramite la testimonianza dei Padri della Chiesa. Così, secondo Ireneo di Lione, gli gnostici "insinuano una massa indescrivibile di scritti apocrifi e spuri, forgiati da loro stessi"; Ireneo attacca la pretesa di Basilide di possedere discorsi apocrifi (lógous apokryphous) che l'apostolo Mattia avrebbe ricevuto dal Signore. Tertulliano accoppia come equivalenti i concetti di apocrifo e falso.

Origene applica il termine di apocrifi a scritti giudaici non canonici, senza con ciò condannarli, e afferma che non tutto ciò che si trova negli apocrifi è da respingere. Sempre Origene (citato da Eusebio di Cesarea, St. eccl., 6,25) distingue gli scritti cristiani ammessi da tutti (homologoúmena), quelli unanimemente rifiutati (pseudé) e quelli discussi (amphiballómena); ma non parla in tale contesto di apocrifi, né lo fa Eusebio, che da lui riprende la tripartizione (St. eccl., 3,25). Atanasio di Alessandria, stabilendo nella sua Lettera festale 39, del 367, il canone degli scritti biblici, pone all'indice gli apocrifi come invenzione di eretici, composti tardivamente e spacciati per antichi. Il consolidamento dei canone in Occidente e in Oriente condusse alla definitiva svalutazione dei termine "apocrifo" e alla sua associazione con "eretico", attestata intorno al 400 da Agostino e Girolamo.

Fu il binomio Scrittura-Tradizione, "sostenuto dalle Chiese che si richiamavano alla fondazione apostolica", ad operare una selezione all'interno di una vasta produzione che imitava i generi letterari del Nuovo Testamento con l'intento "di esplicitarne i messaggi e colmarne le lacune". In quest'ottica gli scritti apocrifi furono esclusi quasi immediatamente dal canone cristiano, tuttavia nel Medioevo e nell'antichità non tutti si rassegnarono all'idea che questi testi venissero messi in disparte. In essi, infatti, si scoprono dati storici che colmano alcune lacune dei vangeli canonici e trovano conferma varie tradizioni locali. Perciò alcuni autori (come il vescovo di Tessalonica Giovanni, morto nel 630) elaborano la teoria che gli apocrifi fossero stati composti da autori di sana dottrina, ma interpolati ad opera di eretici, provocando così il rifiuto della Chiesa primitiva.

È grazie a questa benevolenza che alcuni apocrifi hanno esercitato un influsso ampio sulla dottrina, iconografia e la prassi cristiana. L'esempio più chiaro in questo senso è il Protovangelo di Giacomo, risalente alla seconda metà del II secolo, da cui derivano i nomi di Gioacchino ed Anna per i genitori di Maria, è all'origine della festa liturgica per la nascita di Maria, ha promosso la dottrina della sua verginità perpetua, ed ha influito sulla rappresentazione tradizionale del presepe. Insomma, nonostante le condanne ecclesiastiche, alcuni tra gli scritti apocrifi servivano alla riflessione teologica su determinati temi, o alla devozione, e conservarono un durevole successo in ambito del tutto "ortodosso", diventando presto patrimonio comune della religiosità popolare. Così lo stesso Agostino, che si scagliò spesso contro gli apocrifi, utilizzò nelle sue omelie sul Natale motivi di origine apocrifa: non solo la verginità di Maria in partu (Cfr. Serm. 184,1; 186,1; ecc.), ma anche l'asino e il bue alla mangiatoia, con la citazione di Is 1,3, come nel vangelo dello Pseudo Matteo 14 (Cfr. Serm. 189,4; 204,2). Anche Girolamo, fierissimo avversario degli apocrifi, insiste sul motivo (Cfr. Epist. 108,10).

Tra gli apocrifi del Nuovo Testamento suscitano un certo interesse i vangeli apocrifi, alcuni scritti da autori cristiani in comunione con la Chiesa, altri scritti da comunità eretiche. I primi non contengono nulla in contrasto con i fatti esposti nel canone del Nuovo Testamento. Molti altri vangeli apocrifi furono scritti invece da persone cui mancava la competenza della materia trattata e che non potevano fornire prove sufficienti di dottrina, veridicità, indipendenza di giudizi. Queste deficienze furono rese evidenti quando questi stessi autori, per dare autorità alle loro produzioni, non esitarono di ricorrere al nome di qualche celebre scrittore o personaggio distinto nella Chiesa. Sovente alcuni apocrifi, provenienti da comunità bollate come eretiche dalla Chiesa primitiva, rispondevano all'esigenza di diffondere questa eresia.

Generalmente i vangeli apocrifi non sempre sono accolti dagli studiosi come fidati testimoni del Gesù storico, data la composizione generalmente tarda, a partire dalla metà del II secolo, e da alcuni vengono al più considerati utili per ricostruire l'ambiente religioso dei secoli successivi a Gesù. Esiste una varietà di posizioni sulla datazione dei vangeli apocrifi.

Generalmente gli studiosi ne riconducono l'origine al II secolo, ma ci sono controversie interessanti circa la datazione del Protovangelo di Giacomo, del Vangelo di Tommaso, e del Vangelo greco degli Egiziani. In riferimento a questi ultimi due è utile ricordare che, per quanto siano datati comunemente nel II secolo, vari studiosi concordano sulla possibilità che parte dei loghia in essi contenuti appartengano ad una tradizione indipendente cui hanno probabilmente attinto gli stessi vangeli canonici.

Il Protovangelo di Giacomo e i Racconti dell'infanzia del Signore Gesù risalgono alla seconda metà del II secolo, nonostante una obiettiva difficoltà nella loro datazione. In particolare il Protovangelo è stato datato da alcuni studiosi alla metà del II secolo, da altri alla fine del I secolo, da altri ancora al IV o V secolo, e qualche studioso ha anche ipotizzato fosse alla base dei vangeli canonici di Matteo e Luca. Entrambi hanno avuto una rapida diffusione e sono stati in parte adattati alle Scritture per renderli più attrattivi. Questo processo è particolarmente evidente nel Protovangelo, mentre nei Racconti i riferimenti biblici sono scarsi e occasionali.

L'uso e la diffusione dei vangeli apocrifi sono stati variegati:
i vangeli apocrifi dell'infanzia, non canonici, hanno goduto di una certa fortuna almeno a livello artistico: ad esempio, la localizzazione della nascita di Gesù in una grotta deriva dal Protovangelo di Giacomo, mentre la presenza dell'asino e del bue accanto alla mangiatoia, associato tipicamente alle raffigurazioni natalizie antiche e moderne, deriva dal Vangelo dello pseudo-Matteo;
i vangeli gnostici si svilupparono all'interno di un movimento religioso esoterico, lo gnosticismo, diffusosi intorno al II secolo d.C. nell'ambito del cristianesimo, di cui costituì la maggiore tendenza eterodossa.
Alcune narrazioni contenute negli apocrifi sono divenute un attributo ricorrente in molte raffigurazioni artistiche della vita di Gesù e delle persone a lui vicine, descritte nei vangeli; queste raffigurazioni sono spesso presenti in chiese e santuari, senza provocare discussioni dottrinali.

I quattro criteri usati dalla Chiesa cristiana antica per considerare un testo canonico nell'ambito del Nuovo Testamento, e dunque di converso per stabilire quali rappresentavano Apocrifi del Nuovo Testamento, sono stati:
La cosiddetta sacra tradizione, ovvero la predicazione apostolica, che è ritenuta essere espressa in modo speciale nei libri ispirati, doveva esser conservata con una successione ininterrotta fino alla fine dei tempi; (Dei Verbum II 8-10)
Paternità apostolica: attribuibile all'insegnamento o alla diretta scrittura degli apostoli o dei loro più stretti compagni;
Uso liturgico: testi letti pubblicamente nei riti liturgici delle prime comunità cristiane;
Ortodossia: testi che rispettino le verità dogmatiche di fede (unità di Dio, poi manifestatosi in carne (Gesù Cristo) 1Tim 3:16). Questo criterio ha favorito l'esclusione delle opere ritenute eretiche, seppure pseudoepigrafe;

I vangeli dell'infanzia illustrano i dettagli relativi alla vita pre-ministeriale di Gesù, soprattutto la sua infanzia, altrimenti ignoti in quanto taciuti dai vangeli canonici. Presentano un carattere abbondantemente e gratuitamente miracolistico che sfocia spesso nel magico-fiabesco, in netto contrasto con la sobrietà dei 4 vangeli canonici. Sono caratterizzati inoltre da un'assente o imprecisa conoscenza degli usi e costumi giudaici o da altre imprecisioni di natura storica o geografica che ne inficiano il valore storico degli eventi narrati.

Nessuna di tali opere compare in qualche manoscritto biblico o in antichi elenchi dei testi canonici ritenuti ispirati.

Le diverse correnti gnostiche dei primi secoli del Cristianesimo (II-IV) hanno prodotto diversi testi relativi alla vita e al ministero di Gesù. Nel 1945 a Nag Hammadi sono stati ritrovati molti di questi testi.

I vangeli gnostici non fanno parte del canone biblico di alcuna delle maggiori confessioni cristiane. Anche la storicità delle informazioni in esse contenute è generalmente rigettata per due principali ragioni:

l'epoca tarda: quasi la totalità di questi testi è stata composta verso la metà del II secolo, o in secoli successivi, quando i testimoni diretti della vita e della predicazione di Gesù erano da tempo scomparsi. Al contrario la composizione dei vangeli canonici risale al I secolo, quando la testimonianza dei discepoli e degli evangelisti in particolare avrebbe potuto essere ancora viva.
la natura 'segreta' (esoterica) di alcune rivelazioni.
Tuttavia un vangelo gnostico ha suscitato particolare interesse negli studiosi: il Vangelo di Tommaso, costituito da 114 detti attribuiti a Gesù. La struttura della raccolta sembra richiamare quella dell'ipotetica fonte utilizzata per la composizione dei vangeli sinottici. I membri del Jesus Seminar sostengono che il Vangelo di Tommaso potrebbe contenere più materiale originale del Vangelo secondo Giovanni.

I ritrovamenti archeologici del XX secolo hanno portato alla luce alcuni frammenti di papiro o pergamena contenenti testi di natura evangelica non riconducibili ad alcun vangelo apocrifo o canonico. Data la brevità dei testi e la corruzione del supporto, la datazione è particolarmente difficile sia con metodi filologici che con i normali metodi di datazione archeologici (p.es. carbonio 14). .

Risulta inoltre attualmente impossibile determinare se si trattasse di raccolte di materiale poi confluito nei vangeli canonici, di brani di vangeli apocrifi noti ma andati perduti, o di brani di vangeli apocrifi del tutto sconosciuti.



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mercoledì 27 gennaio 2016

Quando Si Trova Un Portafoglio Per Strada.....



Non di rado capita che, camminando per la strada oppure smistando qua e la ci ritroviamo di fronte al ritrovamento di differenti oggetti i quali sono stati smarriti oppure dimenticati da qualche persona: si può trattare di portafogli, ingenti o piccole somme di denaro, di bollette, oggetti personali, gioielli oppure semplicemente di oggetti di valore personale.

Il comportamento che si deve tenere nel caso in cui venisse ritrovato un oggetto smarrito, sia esso di valore che non, è regolato da leggi ben precise presenti nel codice civile. Molto spesso, il non rispetto di questa regola può anche essere perseguibile. Infatti l'articolo n.927 presente nel codice civile, prevede che, in caso di ritrovamento di tali oggetti venga adottato, da chi ha trovato l'oggetto stesso, un certo tipo di comportamento, adoperandosi in diverse procedure che stanno alla base del proprio codice civile, e anche della propria onestà, se vogliamo essere più puntigliosi.

Quando rinveniamo un qualsiasi oggetto la prima cosa da fare è quella di constatare se abbiamo l'opportunità di capire a chi potrebbe appartenere quel dato oggetto in modo tale che potremmo riconsegnarlo direttamente alla persona interessata. Vedi per esempio un portafoglio contenente una carta di identità oppure una valigia in cui è presente il cartellino con scritto il proprietario e l'indirizzo. Se ciò non non avviene, e dunque colui che ha smarrito l'oggetto è a noi sconosciuto, allora si procederà secondo l'articolo di legge: non ci resta che andare al comune e rivolgerci all'apposito sportello degli oggetti smarriti in modo tale che la persona che desidera rinvenire l'oggetto possa recarsi in sede e riprenderlo.


Una volta consegnato l'oggetto all'ufficio "Oggetti smarriti"si compilerà un verbale che attesta la tipologia dell'oggetto e le circostanze in cui è stato rinvenuto specificando anche il nome di colui che lo ha presentato in sede.  In seguito sarà compito del reparto comunale occuparsi della faccenda. In seguito sarà compito del reparto comunale occuparsi della faccenda.
Se invece si tratta di oggetti quali portafogli, bollette e somme di denaro è obbligatoriamente richiesto di rivolgersi agli enti di interesse, come ad esempio i carabinieri. Essi, attraverso una denuncia e il verbale che verrà rilasciato da colui che ha trovato l'oggetto smarrito, faranno un controllo incrociato e potranno risalire al soggetto che ha perso i suoi averi, se esso ha comunque presentato una denuncia.

L'art. 927 del codice civile regola ciò:
Chi trova una cosa mobile (812) deve restituirla al proprietario, e, se non lo conosce, deve consegnarla senza ritardo al sindaco del luogo in cui l’ha trovata, indicando le circostanze del ritrovamento.
Quindi è un tuo obbligo di Legge o metterti in contatto col proprietario del portafoglio o consegnarlo alle Forze dell'Ordine o all'ufficio oggetti smarriti del Comune.
La mancanza di voglia è solo un alibi.
Se ciò non dovesse accadere s'incorre nel reato art. 647 c.p.
E’ punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa da Euro 30 a Euro 309;
chiunque, avendo trovato denaro o cose da altri smarrite, se li appropria, senza osservare le prescrizioni della legge civile sull’acquisto della proprietà di cose trovate;

chiunque si appropria cose, delle quali sia venuto in possesso per errore altrui o per caso fortuito.
Nei casi preveduti se il colpevole conosceva il proprietario della cosa che si è appropriata, la pena è della reclusione fino a due anni e della multa fino a Euro 309.

Sappi che hai diritto per Legge ad una "ricompensa":

Art. 930 c.c.

Il proprietario deve pagare a titolo di premio al ritrovatore, se questi lo richiede, il decimo della somma o del prezzo della cosa ritrovata.
Se tale somma o prezzo eccede le diecimila lire, il premio per il sovrappiù è solo del ventesimo.
Se la cosa non ha valore commerciale, la misura del premio e fissata dal giudice secondo il suo prudente apprezzamento.



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martedì 26 gennaio 2016

LA MALATTIA DELL'ASINO



Priapo è un dio della mitologia greca e romana, noto per la sua dote della lunghezza del pene. Figlio di Afrodite e nella maggior parte delle volte viene attribuito a Dioniso. Leggende minori ne fanno figlio, sempre d'Afrodite, ma avuto con Ermes, Ares, Dioniso, Adone o con Zeus. Era, gelosa del rapporto adulterino di Zeus con Afrodite, si vendicò con Priapo e gli diede un aspetto grottesco, con enormi organi genitali, particolarmente pronunciati nelle dimensioni del pene e del glande, ritenuti nell'antichità l'origine della vita.

Priapo, che si vuole proveniente dall'Ellesponto o dalla Propontide, dominava l'istinto, la forza sessuale maschile e la fertilità della natura. Non fu accettato fra gli dèi olimpici poiché tentò, ubriaco, di abusare di Estia e venne espulso. Anche l'asino, simbolo di lussuria, gli ragliò contro per farlo scappare, così da sottolineare quale intento criminoso avesse.

Il culto di Priapo risale ai tempi di Alessandro Magno e fu largamente ripreso anche dai Romani, soprattutto collegato ai riti dionisiaci e alle orge dionisiache. Il suo culto era anche fortemente associato al mondo agricolo ed alla protezione delle greggi, dei pesci, delle api, degli orti. Spesso infatti, cippi di forma fallica venivano usati a delimitare gli agri di terra coltivabile. Questa tradizione è continuata nel corso dei secoli ed è resistita alla moralizzazione medievale del monachesimo. Infatti ancora oggi, possiamo trovare diversi esempi di cippi fallici in Italia, nelle campagne di Sardegna, Puglia (soprattutto nella provincia di Lecce) e Basilicata o nelle zone interne di Spagna, Grecia e Macedonia.

Il suo animale era l'asino, sia a causa dell'importanza che esso aveva nella vita contadina, sia per una sorta di analogia fra il pene di Priapo e dell'asino.

Già molto diffuse in Grecia e poi a Roma, le feste in onore di Priapo, definite falloforie, avevano un grande rilievo nel calendario sacro.

Nell'arte romana, veniva spesso raffigurato in affreschi e mosaici, generalmente posti anche all'ingresso di ville ed abitazioni patrizie. Il suo enorme membro era infatti considerato un amuleto contro invidia e malocchio. Inoltre, il culto del membro virile eretto, nella Roma antica era molto diffuso tra le matrone di estrazione patrizia a propiziare la loro fecondità e capacità di generare la continuità della gens. Per questo, il fallo veniva usato anche come monile da portare al collo o al braccio. Sempre a Roma, le vergini patrizie, prima di contrarre matrimonio, facevano una particolare preghiera a Priapo, affinché rendesse piacevole la loro prima notte di nozze.

Ogni anno a Priapo veniva sacrificato un asino, questo rito venne istituito dallo stesso Priapo. Il dio stava insidiando la dea Estia dormiente, ma il ragliare di un asino svegliò la dea impedendo al dio di raggiungere il suo intento. Ad espiazione dell'accaduto il dio pretese un sacrificio annuale di un asino.

Gli africani sono i più dotati, gli asiatici i meno. Il disegnare la mappa delle misure genitali nel mondo è stato il risultato di studi universitari e medici, sia su rilevazioni senza troppe pretese scientifiche, ma comunque indicative. Primi su 115 popoli analizzati, sono risultati i congolesi, ultimi i sudcoreani. I brasiliani sono i più dotati tra i Paesi emergenti, i libanesi nel Medioriente, mentre tra i «piccoli» è faccia a faccia Usa-Russia. In Europa, solo la Francia rientra nella top 20, staccandoci di 11 posizioni, "Italiani al 29° posto " poco sotto i cubani. E se invece dei valori assoluti si prende il rapporto tra misure e quoziente d’intelligenza medio, le gerarchie cambiano: noi quarti, loro decimi.

Avere il pene più grande del mondo può avere lati negativi. Jonah Falcon è stato fermato all’aeroporto di San Francisco quando gli agenti della sicurezza hanno notato il suo “pacco” insolitamente grande.

Gli agenti hanno fermato l’uomo, chiedendogli di svuotare le tasche, che però erano vuote: Falcon ha tentato di spiegare che si trattava del suo pene, ma gli agenti erano convinti si trattasse invece di esplosivo, e solo dopo una perquisizione gli è stato concesso di proseguire.

L’uomo è il primate con il pene piu grande, le dimensioni di un pene umano nel mondo variano nella quasi totalità da 13 e 18 centimetri, mentre la circonferenza media va dai 10 ai 12 cm, il pene più grande misurato per studi scientifici era lungo 35 centimetri.

Il pene dal latino " penis ", coda , ha un'energia incontrollabile e mistoriosa, in grado di fecondare. Ecco perchè le antiche civiltà lo trasformarono in divinità:
per i Babilonesi il dio Enki aveva dato vita al Tigri e all'Eufrate con il suo pene;
nella bibblica Canaan i Re mangiavano il pene del loro predecessore per assimilarne il potere. Gli antichi Istraeliti giuravano ponendo le mani sul membro virile, tanto che testicoli (piccoli testimoni) deriva da questa usanza.

Il fallo era adorato sopratutto per propiziare la fecondità: nei templi indù dedicati a Schiva c'era il " linga " fallo di pietra venerato per favorire delle donne; i Greci facevano le "falloforie" , processioni con statue di grossi falli per incrementare i loro raccolti agricoli.



Lo storico Kallixenios di Rodi, racconta di aver visto , nel 275 A.C. una festa dionisiaca svoltasi ad Alessandria d' Egitto durante la quale un fallo d'oro lungo 60 metri con in cima una stella d'oro fu portata in processione per tutta la città davanti a mezzo milione di persone che intonavano inni in suo onore

I culti fallici sono sopravvissuti fino ai nostri tempi , anche se mimetizzati sotto altre forme come la "sagra dei gigli di Nola" o quella dei " ceri di Gubbio"

La fallocrazia comunque è un'eredità del mondo animale. Tra le scimmie mostrare il fallo è una minaccia e un segno di potere :
"il fallo eretto è un segnale di rango che incute rispetto " per questo molte divinità mostrano il membro eretto. Lo scettro dei Re non a caso a forma fallica. Per greci e romani il pene era simbolo appunto di potere e le sue dimensioni agevolavano la carriera militare. Proprio tra i romani il pene faceva da portafortuna, il " fascinum " era un amuleto fallico contro il malocchio che si appendeva al polso.

Di qui il gesto scaramantico di " toccarsi " (o di toccare il corno a forma fallica) per attingere energia ....tutto ciò che si erige quindi è un riferimento fallico . Dagli obelischi , ai campanili ai bastoni , fino al giuramento con alzata di mano o al saluto romano . Questa energia incontrollabile era temuta dal cristianesimo degli albori, che affermava la superiorità di Dio sull'uomo. Tertulliano (150-220 d.c.) diceva che durante l'orgasmo l'uomo perde una parte dell'anima: un modo antico di concepire l'energia umana, ma anche un'ammonizione morale. Con il cattolicesimo il fallo da divinità diventa demonio: la verga del diavolo. Sant'Agostino ( 354 - 430 d.c. ) diceva: nessun organo è più corrotto del pene, così nel rinascimento, papa Paolo IV fece coprire gli attributi maschili a eletti e dannati nella Cappella Sistina di Michelangelo.




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lunedì 25 gennaio 2016

FARE LA PIPI' IN STRADA



Gli orinatoi pubblici stradali, un tempo molto presenti nelle città, erano detti vespasiani, ma accoppiavano in realtà un orinatoio verticale ad una "turca" consentendo quindi teoricamente che potesse essere usato anche dalle donne e comunque non solo per la minzione.

Vespasiano" è il nome comune con cui in Italia venivano designati gli orinatoi pubblici in forma di garitta o di edicola.

Il termine deriva da Tito Flavio Vespasiano, imperatore romano, a cui, secondo la testimonianza di Svetonio, devono il proprio nome, in quanto furono da lui sottoposti a tassazione.

La tassa era dovuta dai "fullones" (erano coloro che lavavano e smacchiavano le vesti) che dai residui organici ricavavano ammoniaca.

Gli scavi di Pompei hanno fatto conoscere varie "fulloniche" ben conservate nel loro impianto, con vasche e condutture. La sede dei "Fullones" era all'interno dell'edificio di Eumachia donato dall'omonima sacerdotessa nel foro pompeiano.

Addio ai vespasiani. Pezzi di storia che se ne vanno. Addio Vespasiani, tempietti del bisogno fisico, mitici esemplari di città che non ci sono più. A forma di "garitta o di edicola" come dicono le enciclopedie. Troppo sporchi, manca l'igiene, dicono al Comune di Roma. E cosi' quei "bagni" stradali ancora presenti in molte vie della capitale sono stati fatti sparire. Portati via perche' rischiosi per la salute pubblica. L' ennesima vittoria della modernita' . Povero Tito Flavio Vespasiano: se lo sapesse si rivolterebbe nella tomba. O forse ne sarebbe contento. Chi lo puo' sapere. Racconta infatti Erodoto, storico delle guerre del Peloponneso: nell' anno 79 dopo Cristo un imperatore romano, sentendo avvicinarsi la fine, disse: "Sento che sto per diventare Dio". Si alzo' dal letto, si vesti' di tutto punto e disse: "Voglio morire in piedi". Che ironia della sorte: proprio lui, Tito Flavio Vespasiano, l' uomo che mori' con tanta dignita' della sua coscienza imperiale, l' imperatore appartenente alla dinastia che fece costruire il Colosseo, sarebbe stato destinato nel corso dei secoli a dare il suo nome a quei luoghi dove la pipi' si fa in pubblico. Raccontano le testimonianze di Svetonio che l' imperatore Tito Flavio Vespasiano fece costruire i primi gabinetti pubblici a pagamento perche' dall' orina raccolta potesse ricavarsi l' ammoniaca.



Fare la pipì per strada non sarà più reato, ma il rischio è una multa fino a 10.000 euro. Allo stesso pericolo andrà incontro chi va in giro seminudo o prenderà la tintarella come "mamma l'ha fatto" (salvo che nelle apposite spiagge per nudisti) si apparterà intimamente in un'auto, o si macchierà di una delle tante fattispecie di atti contrari alla pubblica decenza che sino ad oggi hanno ricevuto l'attenzione dei tribunali italiani, arrivando sino in Cassazione. La novità  è contenuta nel decreto sulla depenalizzazione, che dovrebbe arrivare all'esame del Consiglio dei ministri.

Secondo la nuova disposizione "chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza" non sarà più punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da dieci a 206 euro, bensì sarà soggetto soltanto ad una sanzione amministrativa pecuniaria, che si rivela piuttosto "salata", andando da un minimo di 5 mila ad un massimo di 10 mila euro.





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domenica 24 gennaio 2016

IL PAGGISMO



Il paggismo è una forma di masochismo da cui si differenzia per il solo fatto che non implica atti sessuali, ma solo l'idea di servire, come paggio, una bella donna con rapporti puramente platonici. E' la reazione masochistica ad uno stato di sadismo in cui subentrano sensi di colpa e di autopunizione che si traducono poi in atteggiamenti di sottomissione; di algolagnia e di servilismo.

Il rapporto quindi è esclusivamente platonico.


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sabato 23 gennaio 2016

ARTI AMPUTATI



Con apotemnofilia si definisce il desiderio su base erotica e sessuale di avere uno o più arti amputati o di apparire come se così fosse. Viene associato al raro disturbo dell'identità dell'integrità corporea (BIID), in quanto può essere una delle motivazioni che portano alla richiesta di amputazione da parte dei pazienti di un proprio arto che - nel BIID - non si riconosce più come proprio. In taluni casi può essere riconosciuta come un disturbo mentale e trattata con antipsicotici.

Non va confusa con un'altra parafilia: l'acrotomofilia, che porta il soggetto a cercare partner sessuali con menomazioni fisiche più o meno vistose.

Tra le parafilie che destano maggiori dubbi a livello etico, c’è da sempre l’acrotomofilia, vale a dire l’attrazione sessuale per persone che hanno subito un’amputazione. In realtà, pare che questi grossi dubbi a livello etico non ce li abbiano gli amputati, ma essenzialmente i “normali”, quelle persone insomma che hanno ancora tutti e quattro gli arti. Qualche anno fa, infatti, dodici donne amputate hanno posato per un calendario sexy, scatenando le ire dei benpensanti – gli stessi che ovviamente non battono ciglio di fronte alle modelle seminude che affollano le pagine dei rotocalchi.

L’acrotomofilia ha enormemente beneficiato dell’avvento di Internet, permettendo ad amputati e ammiratori per prima cosa di capire che la loro non è una condizione unica, come potevano credere, ma che una soluzione è a portata di mano; in seguito, di conoscersi su forum e siti di incontri come ad esempio ASCOT-world o Ampulove; e infine di poter creare una vera e propria vita assieme, come narrano molti resoconti di coppie felicemente sposate formatesi grazie alla rete.



L’apotemnofilia include forme più “soft” del desiderio di amputazione: ci sono persone, cioè, che amano simulare un’amputazione legandosi gli arti con delle bende – ma questo è comune a tutte le parafilie legate agli handicap. Alcuni amano stare in una sedia a rotelle, e immaginarsi paraplegici… e attenzione, quando per strada incontrate un uomo con un braccio ingessato, potrebbe benissimo essersi fatto la fasciatura da solo per provare il brivido di essere guardato (ci sono siti internet che ospitano istruzioni dettagliate al riguardo).

Ma con la BIID non si scherza. Qui non si parla più di desiderio sessuale. È una vera e propria sindrome, e chi ne è affetto vive in un inferno tutto particolare: il malato percepisce uno o più dei suoi arti come non facenti parte del suo corpo. Questa sensazione diviene talmente insopportabile da far tentare al malato delle auto-amputazioni artigianali. Qualsiasi cosa, pur di levarsi di dosso quell’orribile appendice.  Le persone affette da BIID pregano sempre più insistentemente al proprio medico di procedere con un’asportazione chirurgica dell’arto. Ovviamente questo tipo di operazione chirurgica non è possibile, in quanto la salute del paziente non solo non è in pericolo, ma verrebbe anzi compromessa definitivamente dall’operazione stessa. Il dilemma medico è paradossale: si tratterebbe di guarire la mente infliggendo un “handicap” al corpo.

Un chirurgo inglese ha causato furiose polemiche quando ha cominciato ad accettare di operare, soltanto dopo attenta analisi psicologica e fisica, pazienti da tutto il mondo; la cosa ha fatto tanto scalpore che per la prima volta anche la BBC si è occupata del caso, approfondendo il fenomeno poco conosciuto dei cosiddetti wanna-be amputees.

Da una indagine condotta, questi soggetti hanno mostrato preferenza per le amputazioni delle gambe rispetto a quelle delle braccia, di un singolo arto rispetto ad amputazioni doppie, e per amputazioni che lasciano un moncone.

Un noto film che tratta il tema dell'acrotomofilia è Boxing Helena.



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venerdì 22 gennaio 2016

CLERO E TV



Si pensa che la figura di Father Brown sia ispirata a Padre John O’Connor (1870–1952), il prete che seguì Chesterton, nato anglicano, nella sua conversione al cattolicesimo. Tra le armi principali di Father Brown, il senso comune e la capacità di vedere cose, spesso ovvie, davanti alle quali i poliziotti sembrano ciechi. Entrambi gli elementi che rientrano in una visione chestertoniana del mondo in cui il buon vecchio senso comune, la semplicità di pensiero e la capacità di andare al sodo sono doti in via d’estinzione, anche a causa della confusione mentale seminata dagli affabulatori-modernisti sovvertitori dell’ordine costituito.
Le storie di Father Brown, inizialmente pubblicate sulla stampa britannica a cavallo degli anni Dieci, sarebbero state raccolte in volumi soltanto più tardi, nonché adattate in sceneggiati radiofonici e successivamente televisivi dalla Bbc e Pbs. Ma, soprattutto, Father Brown ha dato il là a una lunga stagione di serie TV nell’europa continentale, dove, complice la Lux Vide e un’età media del pubblico non giovanissima, la parte del leone spetta all’Italia. Da Father Brown, insomma, è iniziato quel topos televisivo che oggi diamo quasi per scontato, quell’archetipo del prete-detective, che trova nella suora-investigatrice una timida imitazione, che ha regalato Padre Castell alla Germania e Suor Thérèse alla Francia.

In Italia, la stagione dei religiosi detective è iniziata alla fine degli anni Sessanta con la serie I ragazzi di padre Tobia. Pochi anni dopo, nel 1970, la Rai produce una suo sceneggiato ispirato al personaggio di Chesterton, intitolato I racconti di padre Brown. Negli anni Ottanta, anche Mediaset si appropria dell’archetipo, con Don Tonino, con Andrea Roncato, mandato in onda su Canale 5 tra il 1988 e il 1990 e ritrasmesso più di recente su Iris.

Negli anni Novanta, il genere clerico-poliziesco si consolida definitivamente con Un Prete Tra di Noi (Rai 2, 1997) e Dio Vede e Provvede (1996-1997), creatura Mediaset con un’Angela Finocchiaro in abito da monaca, presumibilmente concepita sull’onda lunga del successo planetario di Sister Act. Lo stesso schema è stato riproposto più di dieci anni dopo, nel 2011, dalla Rai, con Che Dio Ci Aiuti, altro poliziesco suoresco, ma con Elena Sofia Ricci.

Poi, naturalmente, c’è il fenomeno pluriennale di Don Matteo, che va in onda sulle reti Rai dal lontano 2000 con indiscusso successo di pubblico: una creatura di Lux Vide,  casa di produzione d’ispirazione cattolica fondata negli anni Novanta, nota anche per le fiction su Padre Pio e Papa Giovanni.

L’assedio di preti, suore e chef ha mantenuto le posizioni vitali proprio accanto il perimetro del nostro salotto con Don Matteo,  Che Dio ci aiuti e ascoltare una canzone di Suor Cristina.

Chissà che ne avrebbe detto Padre Mariano. Ne sono passati, di giubilei televisivi, dai tempi dell'umile cappuccino che, dalla tv in bianco e nero, rabboniva coi suoi semplici "pace e bene".

Da allora frati cantautori, preti detective e suore canterine scorazzano per l'etere, sollevando simpatie (e perplessità) in eguale, crescente, misura. C'è chi li loda e chi ne diffida. Per i primi sono paladini di una nuova forma di evangelizzazione. Per i secondi vittime di un esibizionismo - forse - inconsapevole. Talvolta inopportuno.
Nell'enciclica Evangelii Gaudium Papa Francesco ricorda che nessuno è esente dalle tentazioni del mondo in cui vive. Solo che noi siamo chiamati ad essere nel mondo, ma non del mondo. La difficoltà sta tutta qui.



Un sacerdote dice che  accetta di andare in tv solo perchè è un altro pulpito da cui testimoniare Dio. E farlo in prima serata, da un canale generalista, è un'occasione grande. Sperando di gettare dei semi che poi, forse, se Dio vorrà, germoglieranno.

Le sue intenzioni sono oneste. Ma non teme d'essere frainteso?
"Ho un Maestro che è stato frainteso. Cerco di essere prudente, in obbedienza ai miei superiori e scegliendo dove andare e dove no. Ma ho l'esempio di Gesù. Lui andava da chiunque. E certo lo criticavamo molto, per questo. In realtà nel novanta per cento di casi dico no, ma solo perché ho poco tempo".

Ha mai letto negli occhi del presentatore di turno l'intenzione di strumentalizzarla?
"Pongo una condizione: devo poter dire quello che penso. In fondo tutto dipende da come ti poni. Se rispetti gli altri finisci per fare amicizia perfino con chi la pensa in modo diametralmente opposto al tuo".

E il rischio della vanità? La tv ne produce per antonomasia.
"Ecco: questo sì che è un rischio. Sottovalutalo, e ci sei già dentro. Ma in questo momento a me, lo confesso, costa più andare in tv che starmene tranquillo a casa. La tv ti espone. Ti carica di responsabilità".

Che rapporto aveva lei con la tv, prima di diventarne un personaggio?
"Per dieci anni non l'ho neppure avuta. Mica per snobismo: è che nella comunità Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante, dove vivo, l'abbiamo da poco. E ci vediamo solo tg e film. Così, da quando in tv ci vado, faccio gaffes clamorose chiedendo lei chi è? a persone strafamose. Ma questo mi ha favorito. Grazie alla mia ignoranza incontro la persona; non il personaggio".

E oggi che è popolare, essere riconosciuto per strada la imbarazza? È aumentata la gente che la segue?
"Sono aumentate le confessioni. E le benedizioni. E se qualcuno mi chiede un segno, gli regalo il segno della croce. Non un autografo".




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giovedì 21 gennaio 2016

ASTINENZA COATTA



L'astinenza coatta esprime il desiderio ossessivo di onnipotenza, che si manifesta con l'astinenza sessuale autoimposta. Come l'anoressia (che implica la rinuncia assoluta del cibo fino a morire di fame) questo disturbo origina dall'esigenza di dimostrare a se stessi e agli altri la propria forza interiore.

Ci sono periodi della propria vita in cui sia le femmine sia i maschi sperimentano una continenza sessuale. L’astinenza parziale, spesso involontaria, quando la propria vita sessuale si limita alla masturbazione, è la modalità più frequente di astinenza tra le persone di entrambi i sessi per assenza di attività sessuali agite con un partner, che temporaneamente manca o non è disponibile ad incontrarsi sessualmente (astinenza forzata). Altre forme di astinenza, anche totali, sono invece da attribuirsi a convinzioni o a ragionamenti di tipo morale o religioso, quando tali ragionamenti non sono di rilevanza patologica, per cui la persona si astiene da qualsiasi pratica sessuologia, anche personale.

Esiste una amplia letteratura psicoanalitica per cui l’astinenza sessuale sia per l’uomo sia per la donna è fonte di una vasta gamma disturbi comportamentali definiti “nevrotici” e numerosi sono gli studi che correlano direttamente l’astinenza all’aggressività, a meno che l’istinto sessuale non soddisfatto si trasformi in sentimenti religiosi (“sublimazione”) che trovano attuazione o nella frequentazione assidua di luoghi di culto e nella pedissequa osservanza, fino alla ricezione degli ordini sacri per dedicarsi alla vita religiosa. C’è tuttavia condivisione tra i clinici che sessualità rientra tra le condotte salutiste che caratterizzano lo stile di vita orientato al benessere tanto che salute e frequenza di rapporti sessuali sono positivamente correlati.



Nell’uomo l’astinenza sessuale porta al fenomeno delle polluzioni notturne (fuoriuscita di sperma durante il sonno) e alla ripresa dei rapporti sessuali il riscontro di una elevata prematurità eiaculatoria. Sia nell’uomo sia nella donna la ricaduta dell’astinenza porta ad un aumento delle fantasie erotiche. La donna astinente è in genere più irritabile, incline al duro giudizio e alla critica frequente. Alla ripresa dei rapporti sessuali ci si può aspettare una ridotta lubrificazione vaginale e vari problemi a raggiungere l’orgasmo. Comunque tali problematiche temporanee possono essere facilmente risolte se l’uomo che pone termine al periodo astinenziale femminile userà l’accortezza di prolungare i preliminari, praticare eventualmente il cunnilingus, e, se necessario, usare un lubrificante artificiale.

Le occasioni per superare una astinenza di tipo parziale, quella più frequente, sembrano più amplie per il sesso maschile, solitamente più disponibile delle donne, a rapporti occasionali senza impegno sentimentale e a rapporti mercenari con prostitute. Tali modalità da una parte riescono a mitigare le problematiche di possibili crisi astinenziali, mentre dall’altra espongono il maschio al problema ineludibile del contagio delle malattie veneree, soprattutto in assenza di controlli sanitari ufficiali alle prostitute. L’astinenza tuttavia porta ad entrambi i sessi il vantaggio di preservarsi dalle malattie sessualmente trasmesse e la donna in particolare si preserva, nel modo più sicuro, da una gravidanza indesiderata.
E' scientificamente provato che il rapporto sessuale smuove tutta una serie di ormoni benefici per l'equilibrio psico fisico dell'essere umano, tanto che l'uomo avente una vita sessuale attiva ha il 30% di possibilità in meno di sviluppare il cancro alla prostata, mentre la donna avrà meno problemi di pressione alta e se terrà lo sperma dentro di sé - ovviamente con la penetrazione vaginale, perché con quella anale decisamente lì il liquido non rimane... - sembra riceverà benefici sia sulla pelle che sui capelli, diventando più bella, però, è altresì provato che la meditazione è un toccasana ancora maggiore... peccato che questo aspetto non sia stato citato...

L'astinenza forzata è sbagliata ma lo è altrettanto il sesso forzato, ed è su questo che gli organi di informazione si dovrebbero decidere a discutere.
Ci sono vie diverse per raggiungere quel benessere tanto decantato dai sessuali, la difficoltà sta solo nel scoprire quali modi sono giusti per noi.




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mercoledì 20 gennaio 2016

COPROFAGIA e COPROFILIA



La coprofagia è un comportamento animale che consiste nell'ingoiare escrementi propri o altrui.

Molte specie animali si sono evolute per praticare la coprofagia, pratica dalla quale assumono sostanze preziose per la propria sopravvivenza; altre specie non consumano normalmente feci ma potrebbero farlo in condizioni inusuali. Abbastanza diffusa nel regno animale, è considerata in ambito umano come parafilia sessuale, che in un esiguo numero di pazienti è associabile a disturbi di schizofrenia.

Manifestazione psicopatologica consistente nella ingestione di feci attuata deliberatamente. Essa si osserva di solito in bambini subnormali od in pazienti psicotici  meno spesso in adulti schizofrenici e raramente in taluni stati demenziali. La coprofagia sta ad indicare un atteggiamento comportamentale di regressione verso stadi precedenti dello sviluppo mentale. Una interpretazione psicoanalitica vede in questa manifestazione uno spunto erogeno, quale tentativo di stimolare la zona erogena-bocca con la stessa sostanza che prima ha suscitato il piacere della zona erogena-ano. Per un altro verso il significato della coprofagia rifletterebbe il desiderio di ripristinare il proprio equilibrio narcisistico recuperando in qualsiasi forma ciò che è stato eliminato o perduto per altra via.

Secondo S. Freud le tendenze coprofile sono del tutto normali nel bambino che, soprattutto durante la fase anale non prova nessun disgusto per gli escrementi, ma ne è addirittura orgoglioso e li utilizza come mezzo di autoaffermazione nei confronti degli adulti. Con l'educazione le pulsioni coprofile sono gradualmente rimosse e l'interesse che inizialmente era rivolto alle feci è spostato su altri oggetti che le simbolizzano, fra cui, in primo luogo, il denaro. Freud sostiene che "nel bambino l'interesse per gli escrementi non è separato dagli interessi sessuali; la scissione fra i due interessi compare solo più tardi, e resta comunque incompleta una parte delle tendenze coprofile si mostra attiva anche in seguito, e si esprime nelle nevrosi, nelle perversioni, nei vizi e nelle abitudini degli adulti"
La psicoanalisi sottolinea anche l'importanza del piacere di odorare coprofilo andato perduto a causa della rimozione. In due lettere di Freud indirizzate a Fliess leggiamo, infatti, che "Le perversioni hanno un carattere animale e devono essere spiegate dall'effetto di sensazioni erogene che in seguito perdono la loro forza". Freud ricorda anche che il senso più sviluppato negli animali è l'odorato e quindi anche negli uomini l'urina, le feci, tutta la superficie del corpo ed anche il sangue hanno un effetto sessuale eccitante (11 gennaio 1897)... perché "adottata l'andatura eretta il naso si è sollevato da terra e con ciò una quantità di sensazioni interessanti, legate alla terra, sono divenute repellenti". Negli animali l'ano e la boccafauci mantengono il loro potere eccitante: "quando ciò avviene nell'uomo ne risulta la perversione".




La coprofilia è una parafilia caratterizzata dal particolare interesse per gli escrementi che diventano oggetto di piacere e, in alcuni casi, di eccitazione sessuale. Nelle pratiche erotiche BDSM e fetish consiste in una serie di giochi connessi alla defecazione.

In alcuni casi la coprofilia può essere correlata alla coprofagia; ciò accade soprattutto nell'ambito di giochi sessuali espletati all'interno di una relazione improntata a sadismo o masochismo, come espressione di sopraffazione o sottomissione di un partner nei confronti dell'altro, spesso con forti connotati di umiliazione. La pratica viene chiamata scat.

In ogni caso la pratica della coprofilia va attentamente valutata dal punto di vista dell'igiene, per i rischi connessi all'ingestione di batteri o virus contenuti nel tratto terminale dell'intestino o nelle feci. Queste pratiche, al contrario del pissing, comportano seri rischi per la salute del ricevente, in quanto le feci sono veicolo di infezioni a prescindere dallo stato di salute del donatore; inoltre, in presenza di epatite le feci sono il principale veicolo di trasmissione. Per quanto riguarda l'AIDS, le feci non veicolano il virus HIV in assenza di perdite di sangue.

Le feci non sono qualcosa di cui si va fieri, anzi, l’atto di defecare – benché comune a tutti gli esseri umani e non solo – è considerato estremamente intimo, quasi da tenere nascosto, come un segreto. Sarà forse questa sfumatura di proibito alla base della coprofilia, una particolare condizione che induce chi ne è affetto a provare eccitazione sessuale in presenza di escrementi.

Benché coprofilia e coprofagia non siano in alcun modo associate a disturbi che sfociano nella violenza, ritroviamo tali comportamenti in alcuni dei più efferati casi della storia criminale riguardanti serial killer. Tra questi si ricordano Albert Fish, noto come il lupo mannaro di Wysteria, e Gerald Stano, la cui tendenza ad ingerire escrementi a quanto pare sia stata causata in origine da una vera e propria necessità di nutrimento, data la totale noncuranza da parte della madre nei suoi confronti.

Tali pratiche portano anche al caso letterario del Marchese de Sade, il celebre scrittore, filosofo ma soprattutto criminale il cui nome è all’origine del termine “sadismo”. Nel 1785, il marchese diede vita ad una delle più oscene e controverse opere della letteratura francese, Le 120 giornate di Sodoma, tra i cui racconti – pornografici a tutti gli effetti – vengono più e più volte narrate scene che ritraggono le coprofilia e coprofagia.

Caratteristica dominante di queste attività è l’umiliazione di chi è “costretto” a defecare di fronte il proprio partner o invece della persona a cui toccherà mangiare le feci.



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martedì 19 gennaio 2016

IL SADISMO



Il termine deriva da Donatien Alphonse François de Sade, meglio conosciuto come Marchese de Sade (1740 - 1814), aristocratico francese autore di diversi libri erotici e di alcuni saggi filosofici, in cui è evidenziata la figura del sadico come individuo capace di compiere, con scientifica razionalità, ogni sorta di azione volta al male, rifiutando ogni limitazione imposta dalla morale comune e riconoscendo come unica legge il perseguimento e l'accrescimento del proprio personale piacere.

Molto cospicui sono gli studi sulla correlazione fra sadismo, masochismo e devianza, traumi, autolesionismo, attaccamento e abusi. Dalla letteratura psicologica e psichiatrica si evince come, al di là dei complessi profili psicologici degli interessati e delle motivazioni profonde che li possono condurre alla perversione, queste pratiche sono più spesso frequenti in soggetti di tipo borderline.

Disturbo della personalità caratterizzato da una modalità pervasiva di comportamento crudele, umiliante e aggressivo diretto verso gli altri. Il comportamento sadico si manifesta spesso sia nelle relazioni sociali, specie con i familiari, sia sul lavoro, ma raramente nei contatti con persone in posizione di autorità o di più elevato livello sociale. Nell'ambito dei disturbi sessuali, il sadismo si manifesta con ricorrenti e intensi impulsi e fantasie sessuali che implicano atti reali, non simulati, in cui è la sofferenza psicologica o fisica (oppure l'umiliazione della vittima) a essere sessualmente eccitante. Lo stupro o altri tipi di aggressione sessuale possono essere commessi da soggetti affetti da questo disturbo.

La coppia sentimentale si crea in base a determinati presupposti alcuni dei quali vanno dall’attrazione fisica  a quella caratteriale, per passare a tanti altri aspetti legati all’universo che ognuno di noi rappresenta e manifesta all’altro.


A livello psicologico, vengono focalizzati vari tipi di relazione amorosa che si caratterizzano per la peculiarità di base che unisce la coppia, un esempio è la “coppia sessuale” dove l’aggregante fra i due è  l’aspetto fisico-erotico, un altro è la “coppia fraterna” quella del così detto matrimonio bianco.

Quando si parla di relazione amorosa di tipo sadico-masochistico non si inquadrano le pratiche sessuali sadico-masochiste, ma un tipo di relazione affettiva che lega saldamente i due componenti attraverso una serie di caratteristiche psicologiche distruttive.

Di fatto, in questa tipologia di “amore” un partner assume comportamenti aggressivi  e dissacratori verso l’altro che subisce il suo dominio. Il “sadico” può attuare azioni e verbalizzazioni sminuenti e denigratorie, tradimenti e avere atteggiamenti forte gelosia che alterna a momenti di affetto e complicità verso il proprio partner.

Generalmente è un soggetto che nutre una forte rabbia che non riesce a gestire se non scaricandola verso chi gli sta vicino, è insicuro di sé ma lo maschera attuando comportamenti aggressivi, è poco stabile emotivamente  e trova nel controllo dell’altro un maggior potere e piacere dato dall’autoaffermazione che ne ricava. Le sue azioni sono definite sadiche perché lesive verso l’altro e la loro intensità varia in base al tipo di relazione costruita e al livello di sadismo e masochismo presente nella coppia.

Nei casi più tollerabili può rimanere una atteggiamento verbale sminuente l’altro, tanto da compromettere l’autostima del partner se il rimane nella relazione, mentre nei casi più gravi l’individuo “sadico” può produrre violenze fisiche, sessuali e psicologiche.

Dall’altra parte, il “masochista” è solitamente una persona fragile e sensibile, con evidente bassa autostima, spesso con forti vissuti di carenze affettive, che instaura una dipendenza sentimentale dal partner  visto come punto di riferimento fondamentale per la propria vita e fonte di autostima poiché  lo ha scelto e continua a volerlo.

Per questo motivo, i momenti di armonia confermano l’”amore” verso l’altro mentre le azioni aggressive e svilenti leniscono ulteriormente la propria autostima. Alla base di queste reazioni  c’è il fatto che l’individuo crede nelle parole del partner, che nel tempo attua una sorta di lavaggio del cervello, non mette in discussione le critiche che gli vengono fatte ma al contrario, spesso,  se ne prende ancor di più le colpe.

A maggior ragione, il mantenere la relazione col partner “sadico” lo fa sentire scelto e amato perché, pur se in modo negativo, l’altro gli procura continue attenzioni  e questo rende il masochista degno di amore.

Più i livelli di “sadismo” e “masochismo” sono simili, più la coppia diviene indissolubile. Pur non mancando liti, più o meno gravi, e periodi di distacco i due partner si attirano come due calamite e possono portare avanti per lungo tempo la loro storia d’amore che di amore in realtà ha ben poco, ma è una reciproca dipendenza data da problematiche psicologiche non risolte e non riconosciute.




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