Secondo Ernest Renan, come si può pensare che Dio permetta a Satana di far del male a un uomo buono? Non solo, ma permettendogli anche di agire attivamente sulla Terra dandogli il potere di far soffrire l'umanità intera? Giobbe, pur subendo le peggiori prove per peccati mai commessi, non solo non negherà Dio, ma l'adorerà ancor più di prima. Finirà in tal modo con l'adorare il male stesso, la sofferenza che gli vuole infliggere il suo Dio. Tutto questo riflette il fatto di come il Libro di Giobbe sia ambiguo e quantomai equivoco; questi non fa che metter in evidenza il "desiderio di crudeltà" e noi non possiamo andare più avanti di esso nel tentativo di spiegare la crudeltà della sofferenza. Giobbe continua ad adorare Dio... (in mezzo al male) è come in estasi, in trance, in uno stato di trascendenza.
"Le frecce dell'Onnipotente mi hanno trafitto. I terrori di Dio sono schierati contro di me... Io grido a te e tu non mi rispondi, io sto lì e mi guardi fissamente". Per Paul Lawrence Assoun Giobbe è inconsolabile ma anche, allo stesso tempo, inesauribile ed inconfutabile. Questo fino a quando Dio non gli parla: "dov'eri tu quando io creavo la Terra?"
Secondo René Girard l'esegesi del libro di Giobbe è molto più semplice, rispetto ad altri esempi antichi: attribuire a Giobbe una forma di masochismo è come volerla attribuire allo stesso Gesù Cristo e a tutti i cristiani; ma ciò sarebbe un troppo facile psicologismo che non regge all'analisi della teoria mimetica. Giobbe è invece l'equivalente del re sacro, che gode di una buona popolarità prima che venga estromesso da coloro che fino ad un momento prima lo amavano, secondo il destino dei re sacri in tempo di crisi (esattamente come accade anche nell'Edipo re (Sofocle) di Sofocle): Giobbe diventa un mero "capro espiatorio" agli occhi dei persecutori/accusatori, a volte assenti, altre volte descritti con l'epiteto di amici. Ma la sofferenza di Giobbe gli viene da una sofferenza inflitta a lui da altri, al posto di altri: le maggiori religioni mondiali sono infatti fondate e si basano sul sacrificio del capro espiatorio (offerto in sacrifico per gli altri).
Nel racconto di Charles Perrault "La Marquise de Salusses ou la Patience de Griselidis" si narra una storia di misoginia e odio inconscio nei confronti delle donne: un marchese prende in moglie Griselda, una semplice pastorella che vive nella foresta; le fa giurare di amare solo lui, la tiene chiusa in casa a fare la serva obbediente. Lui, sempre bello, giovanile e attraente, dopo 15 anni la ripudia dicendogli che desidera sposare un'altra: sopraffatta dall'amore assoluto che gli porta, Griselda accetta da lui tutto. Nella nostra società patriarcale questa storia può essere interpretata come morale, Griselda sopporta le sofferenze e le umiliazioni tanto da conquistarsi il paradiso: oggi ella riflette in maniera perfetta il masochismo morale.
Lo psichiatra austriaco Richard von Krafft-Ebing è il primo a definire e conseguentemente anche a descrivere il masochismo, considerandolo subito come sintomo patologico; nel suo libro "Psychopathia Sexualis: Eine Klinisch-Forensische Studie" (psicopatia sessuale: Uno studio clinico-forense) pubblicato nel 1886 lo etichetta con l'aggettivo 'mostruso': per masochismo egli intende "quella particolare perversione della vita sessuale e psichica consistente nel fatto che l’individuo, nei suoi sentimenti e nei suoi pensieri erotici, è ossessionato dall’idea di essere sottomesso in modo assoluto e senza condizioni ad una persona di un altro sesso, di essere trattato da questa in modo altezzoso, fino al punto di subire anche umiliazioni e torture".
Appena identificato come anomalia sessuale, la psichiatria allora nascente sospetta immediatamente una sua stretta correlazione con il sadismo, ma è Sigmund Freud a confermare la "realtà" dei due termini e ad associarli come opposti-complementari nel sadomasochismo. Secondo il fondatore della psicoanalisi esistono tre forme distinte di masochismo:
Masochismo erogeno. Forma di eccitazione che conduce al piacere sessuale;
Il masochismo sarebbe essenzialmente una caratteristica femminile, innato nelle donne e strettamente correlato al loro stesso 'funzionamento psicologico'. L'uomo masochista diventa perciò femminile, simbolicamente si castra (si femminilizza); la fantasia di castrazione si riconduce a sua volta alla vita infantile, quando la madre ha il potere di punire il bambino. In conclusione il masochismo deriva allora da un non corretto superamento della fase edipica.
Masochismo morale. Colui che abbandonando la propria libido e sceglie di vivere il masochismo nella quotidianità dell'esistenza; è colui he nella vita d'ogni giorno, pare costantemente in attesa di ricevere uno schiaffo.
Secondo Benno Rosenberg invece il masochismo si può suddividere in mortale e vitale; non sarebbe possibile alcuna teoria sul masochismo senza la pulsione di morte. Tuttavia il masochismo erotizza e collega/riconduce a sé la distruttività insita nella pulsione di morte, rendendola così sopportabile e in determinate occasioni ne limita la pericolosità: il masochismo diviene in tal modo il "custode della vita psichica". Non è quindi solo una derivazione interna della pulsione di morte, ma starebbe nell'intersezione tra pulsione di vita e pulsione di morte.
Theodor Reik usa il termine "masochismo sociale" per analizzare quello che Freud aveva definito masochismo morale. Per Reik esso è un istinto comune, una possibilità presente in tutti gli esseri umani e che può diventare patologico solo superando certi limiti, escludendo cioè tutte le altre direzioni dell'istinto.
Lo stesso Freud ammette che "è insolito per la tortura masochista produrre la stessa impressione di serietà che ha la crudeltà, immaginata o messa in scena, del sadismo", anticipando così il concetto deleuziano di "mostro semiotico" riferito all'accostamento ed equivalenza dei due termini.
Ed è proprio Gilles Deleuze a negare il presunto innato legame sussistente tra masochismo e sadismo: "Il sadomasochismo è uno di quei nomi mal inventati, si tratta di un mostro semiotico...". Sadismo e masochismo sono considerati due mondi intimamente differenti; essi non possono essere completamente opposti, ma neppure entrare in una corrispondenza perfetta. Il sadismo è un mondo di reato, che esclude da sé ogni consenso, mentre il mondo del "contratto masochista" è una realtà ove tutto è accettato dal soggetto che educa il suo aguzzino.
La fantasia masochista scaturisce da un'immagine, una scena vista o vissuta, un film, un esempio religioso o altro; ma questa fantasia, questo sogno è sempre solo parzialmente realizzabile. Il masochista morale o sociale sposta la propria attenzione in direzione del mondo esterno quotidiano, in modo da 'soffrire le sue disgrazie' nella vita ordinaria, quasi inconsapevolmente; mentre il masochista erogeno sa quasi sempre qual è la sua esatta condizione: "Il masochista morale differisce da quello erogeno in quanto ignora le ragioni del suo comportamento".
Il masochista sociale è un fallito cronico, può avere successo nella vita sociale a condizione però di fallire in quella sentimentale. ci sono esseri che non si perdonano il successo esteriore. È come fossero loro stessi i propri peggiori nemici; in tutto quel che fanno, riescono sempre a rovinare l'opera compiuta, rifiutano la meritata felicità.. e, in casi estremi, fino al punto di metter a rischio la vita medesima.
Nella psicologia individuale di Alfred Adler il masochismo può rivelarsi esser allora la realizzazione del proprio sentimento d'inferiorità, con il soggetto desiderante di confermare la propria connaturata incapacità, il tutto correlato ad una "nevrosi di fallimento".
Per Reik la forma primaria rimane comunque sempre il masochismo sessuale, gli altri tipi si riducono ad esser dei diversivi; egli descrive il caso di pazienti che si alternano tra fasi di masochismo sessuale ad altre di masochismo sociale.
Per lo psicoanalista Paul Lawrence Assoun infine il masochista mette in scena il proprio desiderio di castrazione, diventa testimonianza eroica di questa passione, trionfa come vittima e si auto-assegna la palma del martirio.
La nostra società predisporrebbe le donne al masochismo: la civiltà storica di tipo maschile ha sempre imposto alle donne un ruolo subordinato, passivo, una posizione di sottomissione e dipendenza masochista.
Secondo Reik lo stato biologico delle donne, le mestruazioni, la deflorazione, il parto avrebbe una connotazione masochista.
Per Simone de Beauvoir la donna, spesso dominata sia dal marito che dai figli, ridotta alla schiavitù del lavoro domestico, ha sempre vissuto una forma di masochismo sociale all'interno del quale ella stessa si crogiola: "molte donne si dilettano nel loro ruolo di vittime predestinate, sono dolorose schiave dei propri mariti e figli, ed in ciò provano una gioia masochista".
Le giovani donne son sempre state persuase ad attendere con fiducia il principe azzurro, colui che risolverà tutto; ma a volte questi finisce per apparire come un sadico affascinante. Un incontro con un torturatore sadico è il rischio più grande, egli umilia e colpisce la sua preda, la isola, la convince che senza di lui non è niente. Il rischio è che finirà per crederci e cadere così nel masochismo morale. Ancor più che la paura del carnefice, trasferisce in sé la paura di essere nulla senza il padrone.
Infine, per Louis-Ferdinand Céline "Le donne sono fatte per soffrire. Masoch è il loro dio. Se non le violentiamo più, non le tradiamo più, non le umiliamo più, non riusciremo più a fermarne i piagnistei!"
Nel masochismo erogeno la soddisfazione erotica è richiesta consapevolmente, dopo che il soggetto ha stabilito coscientemente il collegamento tra la sofferenza e la soddisfazione che questa gli dà; in tal modo si differenzia dal masochista nevrotico il quale ignora le ragioni del suo comportamento.
Per Sacher-Masoch l'iniziazione al masochismo gli fu impartita soprattutto da una scena di cui fu testimone da bambino: nel suo testo "Cose vissute" racconta dell'adulterio commesso dalla zia, vestita con pelliccia di zibellino e stivali; nascosto si mise a spiarla, affascinato dall'inganno della donna nei confronti del marito. Sorpreso, viene da questa subito dopo picchiato di santa ragione: questa scena originale, congelata nella sua immaginazione, si è da allora in avanti sempre riproposta come desiderio di "uomo che vuol esser umiliato dalla donna". Ciò determinerà non solamente tutta la successiva carriera di scrittore, ma anche l'intera sessualità adulta; i suoi romanzi sono ricolmi di scene in cui donne forti in pelliccia e stivali frustano gli uomini.
Jean-Jacques Rousseau nelle sue Le confessioni racconta delle sculacciate a cui era sottoposto all'età di otto anni dalla giovane e bella governante: "Chi potrebbe credere che questa punizione ricevuta a otto anni per mano di una donna di trenta, avrebbe deciso i miei gusti, i miei desideri, le mie passioni per il resto della mia vita".
Nel suo libro Françoise Maîtresse, Annick Foucault cita una doppia scena di sculacciate che visse da bambina quasi in stato di trance.
Dice Freud nei "Tre saggi sulla teoria sessuale": "Una delle origini erogene della tendenza passiva alla crudeltà (masochismo) è l'eccitazione dolorosa della zona dei glutei, un fenomeno ben noto e già descritto da J.J. Rousseau. Gli educatori hanno edotto correttamente che la punizione corporale, che solitamente si applica proprio a quella parte del corpo, va evitata in tutti i bambini che risentono delle influenze della civiltà, in quanto corrono il rischio di sviluppare la loro libido in direzioni collaterali".
Gli esseri umani hanno sempre avuto bisogno di costruirsi idoli, creare rituali e cerimonie: il masochismo è un'esperienza mistica, afferma con convinzione l'autore francese André Pieyre de Mandiargues. Il gioco masochista permette di accedere ad uno 'stato altro' di coscienza e per un solo momento diventa lo schiavo che nella vita reale non è, una sorta di moderni saturnalia. Come conferma anche il vescovo Clifford: la fustigazione, o qualsiasi altro procedimento simile, viene utilizzato per unire la mente umana al divino. In Occidente la condizione di estasi raggiunta attraverso il dolore è abitualmente classificata in sadismo e masochismo.
Ancora Reik: "il martire si sente esattamente come il masochista perverso, un momento di paradiso che non è troppo caro pagare con la morte. Entrambi sono in ultima analisi spinti incontro al piacere" (tramite il dolore).
« Tutti i giochi masochistici hanno la loro controparte nei giochi dei bambini»
L'intera storia dell'umanità è traducibile come oppressione sociale e religiosa che si riverbera nell'universo della "festa (gioco) masochista" Per Michel Onfray, nel suo Trattato di ateologia "Gli uomini s'inventano mondi dietro il mondo (citando Nietzsche)... la religione produce la pulsione di morte...: un errore di calcolo... Solo gli uomini s'inchinano in masochistica umiliazione davanti al loro dio (o dei), credendo fermamente a tutte le storie inventate su di lui.
Se il masochista morale vive nella pulsione di morte, il masochista erogeno è in se stesso un pulsare vitale, diviene così un custode della vita stessa; egli non vive di proiezioni, ma dentro sua vita sessuale più intima. Freud ci avvisa, nell'"Avvenire di un'illusione", che per gli esseri umani "l'adozione di una nevrosi universale (cioè d'una religione) li esonera dal compito di crearsi una nevrosi personale": il masochista preferisce la sua piccola nevrosi personale e s'inventa un dio attraverso il proprio padrone, e davanti al suo dio o dea s'inchina, s'inginocchia, umile e in adorazione. Il gioco masochista non solo riproduce esattamente il comportamento della fede religiosa, ma v'aggiunge in soprappiù tutto il suo zelo.
La donna non è che l'ultima vittima della società patriarcale? La si veste allora come cameriera, serva; e quando fa un errore è perché ella stessa vuol essere punita. La nostra società calunnia la prostituta. La Santa Inquisizione ha bruciato vive le donne, le streghe, ha utilizzato la tortura come punizione. Il masochista (la cui essenza è femminile per natura) rovescia tutte le convinzioni di punizione: attraverso il suo gioco, la sua obbedienza assoluta, distrugge gli ordini impartitigli i quali non sono altro che accettazione vergognosa e ridicola dell'autorità.. finendo col renderli impotenti.
Alcuni uomini durante il gioco masochista usano la castità per calmare i timori di castrazione; il loro sesso, divenuto prigioniero, per un momento non corre più alcun pericolo. Molti credono che la mistress sia come una divinità intoccabile il cui sesso è divino e davanti a cui pregano; il proprio invece lo considerano inutile, da ingabbiare quindi, da legare. Attraverso il bondage l'uomo può così regolare i propri timori; il farsi legare dalla padrona gli permette di calmarsi, tranquillizzarsi.
Pascal Quignard ne parla approfonditamente in "Le sexe et l'effroi" (Sesso e terrore): il sesso delle donne rappresenta l'inconscio, il non-essere e la morte; e praticando il bondage l'uomo si vieta, s'interdice la donna. Proprio come quando Sacher-Masoch fantastica sopra il corpo marmoreo della sua Venere, costruendosi una donna di pietra ne 'castra la pericolosità'. Si può anche prendere distanza da una donna installandola su un piedistallo, rendendola ancora e sempre intoccabile, su un altare abbigliata di cuoio dalla testa ai piedi: è diventata l'idolo di cuoio.
« Così stretto nelle catene, morso dalla frusta e sanguinante, sentiva d'avere un corpo glorioso»
Ci sono diversi tipi di donne masochiste, sessualmente parlando. La prima sarebbe quella vittima d'un uomo con impulsi sadici il quale li avrebbe tuttavia incanalati; da dominatore la educa, usa la propria influenza e talvolta anche la violenza: la donna, vittima dominata, accetta per l'amore che porta all'uomo. Come l'eroina del romanzo "Le Lien" (1992) di Vanessa Duries; nel libro l'autrice parla della pantofola e della cintura di coccodrillo che il padre utilizzava spesso su di lei per punirla, confessando anche che ciò gli donava ogni volta una sensazione strana di orgoglio. Moltissimi masochisti hanno sognato di essere al suo posto.
In "Françoise Maîtresse" Désirée è una masochista morale, che ci mette però un po' di tempo prima di capirlo: lei incontra un ragazzo stile macho, un 'principe azzurro' il quale dopo un po' comincia ad umiliarla, a svilirla. "Sei solo un mucchio di carne andata a male quando scopi" le dice, ma lei continua ad amarlo, fino a che non si ribella; perso tutto il potere che ha sulla ragazza, l'uomo si suicida. Ma l'unione continua anche dopo la morte, Désirée al cimitero s'infila l'urna calda con le ceneri dell'amato tra le cosce.
Quando Theodor Reik parla di masochismo nelle donne utilizza una tautologia: la donna è masochista così come il negro ha la pelle scura. Ma poi continua in questi termini: "la passività può essere facilmente associata con la sessualità femminile; ma la sofferenza, il desiderio di essere legati o picchiati, umiliati, non fa parte della normale sessualità delle donne. La questione se le donne siano più o meno masochiste di un uomo può essere decisa velocemente. In questo senso la donna è certamente meno masochista (di quanto può giungere ad esserlo un uomo)".
«Solo ciò che continua a farci del male è ricordato. Friedrich Nietzsche»
Secondo il dottor Sacha Nacht, psicoanalista francese di origine romena, il re Salomone in età avanzata si faceva picchiare dalle donne per eccitare la propria virilità quasi del tutto spenta; mentre Giuseppe Flavio racconta che il fratello di Erode, Phérosas, si faceva incatenare e frustare dalle sue schiave con lo stesso intento. Sempre secondo Sacha Nacht poi, Socrate nei suoi rapporti con la moglie Santippe offre un celebre esempio di completo masochismo maschile, inoltre "il fatto che tra gli ex-voto delle cortigiane dell'antichità ai templi di Venere, la Dea dell'amore, vi fossero fruste e vari altri oggetti sadomaso dimostrano chiaramente l'uso erotico che ne veniva fatto. Nel Satyricon di Petronio Arbitro Encolpio viene fustigato con le ortiche nell'intento di aumentarne la virilità".
Secondo Raphaël Ledos de Beaufort Sacher-Masoch è ben lungi dall'esser stato il creatore della teoria che ha sostenuto: la teoria del piacere nel dolore è sempre esistita, l'idea che nulla è così invidiabile come l'esser colpiti dall'amato/a ha sempre avuto fan e sostenitori. "La storia antica e le mitologie di tutto il mondo abbondano di esempi in tal senso: Dioniso e le Menadi, Eracle e Onfale, la maga Circe e i compagni di Odisseo, Attis e Cibele, i sacrifici fatti al dio Moloch (divinità) e a Baal, Tomiri la regina dei Massageti, Semiramide che fa frustare i principi prigionieri divenuti suoi amanti.
In una prefazione a Venere in pelliccia Raphael Ledos Beaufort insiste su questo punto, citando il rapporto tra Sansone e Dalila, aggiungendo poi che a Sparta i giovani maschi venivano allevati secondo il principio di uno stoico masochismo: annualmente, gli adolescenti venivano frustati nella pubblica piazza durante le feste dionisiache, e pratiche simili si ritrovano anche presso il culto rivolto ad altre divinità. Ritroviamo la ricerca di godimento nel dolore nel culto di Cibele sia ad Atene che a Sparta, ma anche in tutta l'Asia minore e poi a Roma ove gli era stato eretto un tempio proprio sul colle Palatino: questo, di venire fustigati a sangue, era il primo dovere a cui si sottoponevano gli adepti della Dea.
Ancora Sacha Nacht "Per lungo tempo gli artisti vedranno queste pratiche come mezzo di stimolazione. Una sorta di afrodisiaco." Il sessuologo Havelock Ellis sarebbe incline ad accettare come un fatto biologico, del tutto istintuale, la virtù stimolante che può prendere il dolore.
"Solo la sofferenza rende la vita sopportabile", parola di Margherita Maria Alacoque (monaca, mistica francese, nonché santa); Maria Maddalena de' Pazzi andava in estasi ogni qual volta veniva presa a scudisciate dalla priora del convento in cui risiedeva, come consumata da fiamme interiori: "Quella fiamma che mi brucia... è troppo il piacere e la felicità che dona!"
"Nessun psicologo, nessun analista ha mai potuto dare una descrizione delle qualità specifiche dell'esperienza masochista migliore di quella che son riusciti a dare gli asceti e i santi del Medioevo raccontando delle proprie estasi mistiche. La goffaggine, la banalità delle espressioni e la mancanza di immaginazione della psicologia scientifica diventa ancora più evidente se confrontato con la testimonianza di questi analfabeti, anche ignorando il fatto che la percezione psicologica di essi risulta essere superiore a qualsiasi psicologia accademica. Prova ne siano i saggi di Santa Teresa del Bambin Gesù e le lettere di Caterina da Siena; queste sono più importanti per la delucidazione del masochismo psicologico che l'intera lettura di Krafft-Ebing."
"La fustigazione, che è stato utilizzato principalmente a scopo di auto-punizione dai monaci e asceti cristiani, poi diventa un mezzo di eccitazione sessuale. Aumentando la sofferenza produce estasi. La Chiesa, infine, deve guardarsi dalle pratiche espiatorie troppo dure perché possono spesso portare alla soddisfazione sessuale... Il masochista accoglie i colpi di frusta inflitti su di lui da una prostituta con la stessa gioia vissuta dai primi martiri."
Lo stesso Sacher Masoch ha lasciato scritto: "Ho divorato le leggende dei santi e la lettura dei tormenti subiti dai martiri i quali mi gettarono in un profondo stato febbrile". Questo è comune a molti masochisti:"I santi legati, bruciati vivi, i martiri furono le prime immagini che provocarono in me sentimenti erotici".
Per Gilles Deleuze e Félix Guattari, il masochista è riuscito a costruirsi un vero e proprio corpo senza organi.
De Sade naturalmente, anche se ogni riferimento diretto a lui in tal caso può risultare pericoloso: la sua opera vuole dimostrare tutta la crudeltà insita all'intero del sistema sociale, fino a giungere all'estrema criminalità con la violenza e l'omicidio nei confronti dei bambini (le persone per eccellenza più indifese). Questa è anche la prova da egli utilizzata per dimostrare che la natura in se stessa è malvagia e spietata, pertanto nel sadismo non vi è alcun "gioco consensuale; il sadico gode soprattutto perché la vittima non acconsente: "Giammai un vero sadico sopporterà una vittima masochista". "Vogliono essere sicuri che i loro crimini costano lacrime, e che mai una ragazza li avrebbe accettati volontariamente", dice una delle vittime dei monaci in Justine o le disavventure della virtù·
A parte alcuni libri influenti e molto espliciti al riguardo, la letteratura è comunque piena di fantasie e feticci sadici o masochistici: Gustave Flaubert ne La tentazione di Sant'Antonio e in Salambò; poi Octave Mirbeau, Jean Genet, Émile Zola in Nanà quando descrive la relazione tra Nanà e il conte Muffat che si ispira alla leggenda di Aristotele, nelle immagini che rappresentano il filosofo a quattro zampe, sulla cui schiena sta seduta a cavalcioni Filide armata con una frusta.
Fedor Dostoevskij, così com'è affrontato da Freud, viene considerato come uno dei grandi masochisti morali davanti al Signore, secondo Paul Lawrence Assoun potrebbe esser associato al masochismo sociale espresso da Sacher-Masoch.
Considerato come fenomeno non patologico, il masochismo viene comunemente spiegato come la condizione di chi vive la sottomissione come piacere; non necessariamente però il piacere conseguito consiste nell'orgasmo, che spesso, anzi, è vissuto dal soggetto masochista come il conclusivo momento di distensione e di abbandono, successivo però e non strettamente conseguente alle pratiche masochistiche di cui egli è stato oggetto consenziente.
Per quanto riguarda un aspetto marginale del masochismo, cioè il piacere (non sempre verificato e non di tutti i masochisti) di subire dolore (che però dovrebbe essere più correttamente indicato come algolagnia) le spiegazioni scientifiche si basano su livelli diversi, principalmente i recettori periferici del dolore e del piacere sono gli stessi. Il dolore fa produrre al cervello endorfine, che poi restano in circolo dando una sensazione di euforia. Queste sensazioni in aggiunta allo stato mentale che si crea con il partner rendono il dolore un piacere da assaporare e vivere. Ovviamente questo in un rapporto consensuale e vissuto liberamente.
Il termine masochismo è usato, per estensione, per descrivere tutte quelle condizioni soggettive in cui l'essere umano si trova a vivere passivamente, senza reagire o reagendo in modo non determinato e assertivo, una azione o comportamento altrui che genera sofferenza.
I comportamenti di alcune persone e, soprattutto nella sfera sentimentale, di alcune donne, sembrano chiaramente autolesionistici, inutilmente portati alla sofferenza, a volte persino piegati, oltre ogni ragionevolezza, all’umiliazione e al disprezzo da parte del partner. Questi comportamenti e atteggiamenti non sono ovviamente tutti della stessa entita’, ma si situano all’interno di uno spettro, possiamo dire, che va da sporadici e modesti tratti relazionali di sottomissione a veri e propri ‘stili’ comportamentali in cui la persona sembra ricercare, nel rapporto amoroso, tutto cio’ che la fa soffrire.
Come terapeuti, ci si domanda pertanto se tali comportamenti possano rientrare nell’ambito clinico chiamato ‘masochismo’.
La psicoanalisi moderna ha portato aventi, in parte superandolo, il discorso freudiano, e vede nel masochismo un’origine plurideterminata: vi sono casi in cui effettivamente l’aggressivita’ del soggetto e’ rivolta verso se stesso, con necessita’ di autopunizone e quindi sofferenza masochistica, ma piu’ spesso troviamo casi in cui la ricerca inconscia della sofferenze e dell’umiliazione costituisce la ripetizione, in forma diretta o ribaltata, delle vicende traumatiche infantili. Il bambino o la la bambina che hanno subito traumi, come ad esempio genitori maltrattanti, sadici o trascuranti, possono ricercare lo stesso copione relazionale nella vita adulta, non gia’ per ricerca del piacere o per eccesso di aggressivita’ interna, ma per una sorta di perenne vicinanza all’area traumatica infantile, come se inconciamente si fosse destinati a ripetere, anche nel tentativo di modificare, un vissuto doloroso, e non si riuscisse a fare diversamente.
Siamo cosi’ arrivati al tema di questo sito. Una sofferenza masochistica di origine traumatica inconscia, talora avvertita in parte anche coscientemente, puo’ determinare alcuni dei comportamenti che qui prendono il nome di Mal d’Amore. Si tratta di donne, piu’ spesso, che ‘scelgono’ ripetutamente relazioni amorose frustranti, con uomini inaffidabili, respingenti o maltrattanti, apertamente o subdolamente, che talvolta impongono loro rinunce, infliggono sofferenze gratuite e le espongono a umiliazioni su piu’ versanti della vita, in ogni caso donne che possono essere perfettamente adulte e ‘funzionanti’ in altre aree della loro esistenza, come il lavoro, ma ritrovarsi come costrette, obbligate da una tirannia interna, a vivere relazioni di questo tipo. Come se vivessero in una prigione, talvolta in un lager interiore, di cui non riescono a vedere ne’ i confini, ne’ la via d’uscita.
L’esperienza analitica e psicoterapica rivela spesso, nell’infanzia di queste pazienti, una storia traumatica di deprivazione affettiva, o di violenza e abuso da parte di adulti significativi da cui dipendeva la vita del bambino, irrinunciabile per lui. Il trauma puo’ essere anche apparentemente modesto, ma ripetuto nel tempo (cosiddetto ‘trauma cumulativo’), come ad esempio una madre alternativamente affettuosa e maltrattante, e venire introiettato nella mente del bambino come l’unica realta’ possibile.
Nella mia esperienza clinica, di rado ho constatato la presenza di piacere nel subire maltrattamenti da parte di queste pazienti (sebbene sia possibile, nel tempo, che in via secondaria si instauri una certa erotizzazione della sofferenza, sulla quale occorre poi lavorare in terapia), piu’ spesso l’attaccamento al partner maltrattante o trascurante posa su altre ragioni: l’idea che cosi sara’ piu’ amata, la garanzia fantasticata contro l’abbandono, o perche’ e’ l’unica forma di relazione che conoscono.
Credo che quest’ultimo caso sia particolarmente significativo e meriti la nostra attenzione. Quando una bambina, nella prima infanzia, ha appreso emotivamente che per avere un po’ di attenzione e amore dai genitori doveva sopportarne gli accessi di rabbia, gli sbalzi d’umore, gli abusi o le imprevedibilita’, potra’ essere incosciamente portata nella vita adulta, anche quando non ne sussiste piu’ il bisogno, a ritenere quel tipo di relazione come naturale, l’unica possibile per lei, per lei che non e’ degna di altro.
Dal punto di vista psicoanalitico, e’ dunque importante conoscere a fondo il mondo interno della donna (o dell’uomo) che soffre di questa patologia relazionale, risalire alle radici infantili inconscie dove spesso il trauma e’ stato negato o minimizzato, essendone intollerabile l’elaborazione e l’integrazione con il resto della personalita’, allo scopo di ‘rimettere mano’, insieme al terapeuta, a questo insieme di rappresentazioni interne patogene e dolorose.
Dalla genesi della psicoanalisi freudiana il masochismo indica due tipologie di comportamento nelle relazioni sociali. La prima è il masochismo sessuale, una parafilia dove il dolore e l’umiliazione sono desiderati perché consentono di sciogliere le tensioni del corpo che impediscono il fluire dell’energia ai genitali e ottenere l’eccitazione, sia psichica, sia fisica. La seconda situazione indica una più pervasiva tendenza a esprimere un’ampia gamma di comportamenti auto frustranti nella vita sociale, emotiva e lavorativa. Nel 1924 Freud lo ha definito masochismo morale e Reich nel 1941 lo ha ribattezzato masochismo sociale.
Il meccanismo psichico classico che crea questa strana associazione fra piacere e dolore può essere semplicemente espresso in questi termini: “Se mi percuoti, riconosci la mia natura sessualmente perversa e per punirmi non mi castri ma ti limiti a picchiarmi”.
La punizione che il masochista cerca è sempre intesa in sostituzione del castigo più temuto: la castrazione.
La differenza tra il masochista classico dal masochista psichico riguarda la modalità per ottenere le sofferenze. Nel masochista psichico è l’umiliazione , non il dolore delle percosse, a procurare lo stimolo necessario per lo sfogo dell’eccitazione sessuale. Il meccanismo, tuttavia è lo stesso: “Se tu mi umili e mi degradi, riconosci il mio tipo di sessualità e mi punisci per essa senza castrarmi”.
In entrambi i casi, l’essenza del problema masochistico è l’incapacità di esprimere l’impulso sessuale fuorché in condizioni di umiliazione, degradazione e dolore, condizioni in cui l’individuo perde il rispetto di se stesso. Il masochismo può essere definito come la condizione psichica in cui l’individuo ha perso il rispetto di sé. Esso è quindi legato a forti sentimenti d’inferiorità compensati da un atteggiamento interiore di superiorità. Infatti, il masochista non prova attraverso le percosse o/le umiliazioni un dispiacere, ma prova il piacere della distensione che, per paura, può provare solo in quelle forme. Ogni caso di masochismo, la situazione ha radici nel disprezzo mostrato dai genitori per la personalità del bambino. Il masochista non ha orgoglio semplicemente perché non ha mai avuto la possibilità di sviluppare un senso d’orgoglio di sé e del proprio corpo. La sessualità non può essere disgiunta dal corpo, né il corpo dalla personalità. Il masochismo infantile è evitabile se i genitori sono capaci di risolvere i propri problemi salvaguardando reciprocamente rispetto e dignità. Le liti feroci tra i genitori esondanti dal conflitto di coppia per investire l’intero universo familiare, agite in modo aperto, oppure in modo sotterraneo, o con entrambe le modalità alternatamente, e le conseguenti svalutazioni, umiliazioni che la coppia genitoriale si reca l’un l’altro, costituiscono un modello che il bambino oggettualizza come sua dinamica relazionale espressiva, ma anche protettiva nei confronti della temuta castrazione, tipica del suo comportamento sessuale.
Il masochismo può essere considerato un carattere trasversale come il narcisismo, sono entrambe strutture caratteriali che hanno rinunciato al proprio sé per modellarsi alle esigenze degli altri.
Tuttavia, il narcisismo ed il masochismo presentano profonde differenze tra loro:
Nel narcisismo si osserva un iper-adattamento allo scopo di modellarsi e fondersi alle aspettative degli altri. Quando la “fusione” porta a termine il suo obiettivo: “ora sono come tu mi vuoi”, il narcisista perde il proprio sé corporeo e smette di sentire la sua autenticità e, di conseguenza, non percepisce il profondo dolore per questa perdita. Nel masochismo, struttura caratteriale più evoluta rispetto il narcisismo, tutto il “pantano” è autenticamente sofferto ed il corpo sente il conflitto, ma senza riuscire a trovare una via d’uscita. Molti comportamenti conseguenti sono orientati nel tentativo di uscire da questa situazione.
Il masochista cerca il dolore per il piacere; l’unica via d’uscita dal suo pantano è la liberazione esplosiva della sua rabbia e della sua aggressività ingabbiata. Dal punto di vista energetico il carattere masochista possiede una enorme carica energetica che non nasce dalla deprivazione. Al contrario, nel masochista è il troppo che diventa problematico: troppo contatto, troppo nutrimento, troppo amore.
Successivamente, per lui diventa difficile ribellarsi a chi lo ha così ben nutrito, non può opporsi al seno buono che lo ha allattato. Questa situazione genera il pantano masochistico.
IL MASOCHISTA CREA IL SUO PANTANO PERCHE’ E’ IMPRIGIONATO DALLA GRATITUDINE.
Anche se episodi di volizione nel bambino siano riscontrabili nel primo anno di vita, solo quando la locomozione eretta è automatizzata e le prime capacità di parola si associano ad un pensiero, nel fanciullo emerge con chiarezza il bisogno di determinare la sua specifica espressione del sé e di opporsi alla volontà degli adulti.
Con lo sviluppo della locomozione, della manipolazione degli oggetti, della memoria e del linguaggio, il bambino acquisisce una crescente opportunità di azione libera e indipendente dagli adulti. Questa evoluzione incrementa il potenziale di conflitto tra i suoi desideri di indipendenza, collegati soprattutto alla sua naturale curiosità e i desideri delle figure accuditrici, specialmente quando esse confondono il desiderio di esplorazione con una sorta di perversa tendenza ad esporsi ai pericoli, che spesso suscita nell’adulto ansia e livore. L’adulto si convince che ogni azione repressiva sarà attuata per il bene del bambino e questa giustificazione autorizzerà ogni eccesso orientato verso la repressione.
I genitori sono autoritari e inclini a controllare eccessivamente il bambino. Sono piuttosto invadenti e non rispettano i dovuti confini. Questa costante situazione di sopraffazione induce il fanciullo ad adattarsi, sopraffacendo i suoi stessi impulsi aggressivi, ostili e vendicativi. Allo scopo di non perdere il contatto e ricevere il sostegno indispensabile per la sua crescita, il bambino sviluppa una personalità compiacente e servile, con frequenti tratti passivo-aggressivi che sfuggono alla sua consapevolezza.
Per comprendere il masochista occorre ricordare tutte le volte in cui siamo stati picchiati o sgridati ingiustamente, senza la minima possibilità di opposizione.
La rabbia impotente e introiettata, sperimentata in quelle situazioni, ha molto in comune con la rabbia inconscia che l’individuo masochista cova: "reprimo la rabbia, ma mi vendicherò!". E’ l’imperativo che descrive il sentimento del demone masochista. All’origine, la disparità di potere fu gigantesca, non c’è stata altra via di fuga se non l’auto-frustrazione, a difesa dell’orgoglio con una modalità perversa. L’auto-sabotaggio, agito senza coscienza, rappresenta nel masochista l’atto di aggressione che potrà in seguito negare con facilità. Ricorrendo ai rimproveri e alle punizioni, facendo appello all’amore del bambino per la madre e minacciandolo di privarlo dell’amore materno se non obbedisce, si determina uno stato di confusione:
I suoi sentimenti di tenerezza sono collegati al blocco della sua aggressività, l’aggressività bloccata impedisce la tenerezza.
Gli studi di Stern (1985) affermano che a 24 mesi di età il bambino inizia a pensare, rappresentare per simboli e articolare il linguaggio in modo diverso, più evoluto dalla precedente semplice capacità d’uso di alcune parole. Diversi ricercatori hanno osservato che, sempre a due anni, il bambino inizia ad evidenziare la tendenza a soddisfare le richieste degli altri ed una significativa tendenza alla condiscendenza. E’ possibile affermare che l’adattamento masochistico non avviene che dopo i due anni, condizionato da un forte conflitto di volontà perché il bambino accetti il doloroso compromesso del modello auto frustrante rappresentato da questo tipo di carattere.
Alice Miller (1987) ha reso un utilissimo servizio fornendoci una antologia storiografica dei moltissimi saggi e manuali ipocriti sull’educazione dei figli che insegnano ai genitori metodi fondati sull’abuso per stabilire un inflessibile controllo e spezzare la volontà del bambino. Questi includono un continuo e gravissimo uso della forza, inganni, raggiri, manipolazioni, umiliazioni e una degradazione palesemente crudele. E’ l’ovvia motivazione per tutto ciò è il “bene del bambino”. Questi metodi raccomandati per stabilire un controllo assoluto iniziano già dai primissimi mesi di vita, con un sempre maggiore grado di sofisticatezza delle tecniche autoritarie.
Anche se agghiaccianti manuali per genitori si riferiscono ad un’epoca ormai lontana, l’obbedienza dei bambini rappresenta un problema anche contemporaneo; esiste un atteggiamento genitoriale autoritario giustificato considerato “a fin di bene” che allontana i genitori dai sentimenti, dal sé corporeo e, di conseguenza, dal radicamento/aderenza con la realtà.
Non è raro che questi genitori agiscano, in modo inconscio, il desiderio di esercitare sui figli l’autoritarismo che essi stessi hanno subito dai loro genitori.
In tali condizioni, abusi fisici, sessuali e psicologici sono somministrati con forme invasive, come frequenti clisteri, alimentazione forzata ed esperienze continue di svalutazione e umiliazione, che sottolineano sadicamente la debolezza e l’impotenza del bambino. I fanciulli così trattati non possono che interiorizzare questi modelli cattivi, questi legami disfunzionali per una vita serena, che condizionano una posizione di sottomissione, ma al tempo stesso di sotterranea resistenza, ribellione e rivalsa.
In questa condizione, la devastazione prodotta dall’intrusione dell’adulto obbliga il bambino a chiudersi per tentare di costruire un confine al pressante e incessante assedio del genitore. L’assedio colpisce costantemente l’espressione più libera dell’elemento psicocorporeo: (controllo degli sfinteri, libertà di movimento, libertà di mangiare secondo appetito, di espressione, etc.).
Il masochismo primario è una drammatica riduzione della libertà, in un periodo particolare della vita del fanciullo (fase anale, due anni di età circa), è la più devastante. Il bambino sarà costretto a chiudersi per non essere invaso da un genitore che controlla costantemente l’espressione più libera dell’elemento psicocorporeo. Soprattutto il controllo degli sfinteri anali precocemente, prima dei ventiquattro mesi (prima dei due anni il bambino non è fisiologicamente in grado di controllare la muscolatura sfinterica e quindi trattenere le feci), che costringe il piccolo ad agire sulla muscolatura dei glutei e dei vicini muscoli sinergici. Si aggiunge una invadente e costante limitazione della libertà di muoversi.
Nell’adulto, quando il masochismo è più primario emerge la parte anale, si sente nella sua pancia, trattiene tutto, l’effetto psicosomatico più frequente è la stipsi.
Il masochismo secondario è pre-edipico, si struttura più tardi, intorno ai tre, quattro anni di età attraverso stadi evolutivi. E’ raro che la stessa madre, incline ad invadere e sottomettere i figli, non presenti un comportamento “castrante” durante tutto il percorso evolutivo del bambino, è altrettanto raro osservare il masochismo secondario privo di tracce risalenti a quello primario.
L’infelicità dell’uomo dipende semplicemente da quello che facciamo subire ai bambini: tutti i sistemi educativi inventati dal super-Io finiscono per frantumare la personalità del bambino, rendendo poi impossibile la spontaneità nell’adulto. Il bambino è obbligato dalla repressione esercitata dagli adulti a maltrattare il suo essere più profondo, diventando così infelice. Durante la terapia, quando riaffiora e si scarica tutta questa sofferenza.
Per comprendere nel concreto la situazione che condiziona nel bambino la posizione masochistica, facciamo un esempio: immaginiamo un bambino che mentre gioca allegramente sulla spiaggia, in una assolata giornata di agosto, si allontana dalla sua mamma. In questa atmosfera serena, le onde del mare scivolano sul bagnasciuga, alcuni bambini scavano buche e si divertono plasmando la sabbia, gli adulti sono sorridenti. All’improvviso, l’urlo di una mamma che pronuncia il nome del figlio con tono alto e vibrato, blocca il bimbo e pone fine alla sua interessante esplorazione. La mamma lo raggiunge velocemente: “come mai, proprio tu, mi fai questo? Quando non ti vedo perché ti allontani, mi si spezza il cuore!” Il bambino si sente in colpa per essersi allontanato. Segue una sottomissione masochistica per adattamento alla relazione con una madre ansiosa e colpevolizzante. Molto diversa invece, è la situazione del bambino costretto a stare fermo sul lettino e prendere il sole per abbronzarsi, in quest’ultimo caso non c’è relazione con la madre. In quest’ultimo caso la costrizione imposta è più vicina agli elementi strutturanti della posizione narcisistica.
Gli stadi evolutivi del masochismo sono quattro:
Il bambino naturale si trova a suo agio ed ha fiducia nell’ambiente esterno, è un bambino vibrante.
Le condizioni ambientali creano la ferita primaria, emerge la dimensione della difesa dal suo sé naturale. In questo modo il bambino inizia a rinunciare alla sua autenticità.
Stadio della dimensione masochistica: paura e terrore. Distrutto e tradito, comincia a tradire se stesso e ad adottare comportamenti autodistruttivi. Sogna la libertà ma ha paura di impazzire, entra nel pantano masochistico.
Il quarto stadio è la dimensione narcisistica del masochismo di paura e terrore. Il bambino comincia a pretendere di essere ciò che altri si aspettano che lui sia, invece che seguire gli impulsi naturali. Nega il suo sé naturale per paura di impazzire e si identifica con il suo falso sé. Perde la coscienza del conflitto e si dissocia. In questa ultima fase è importante sottolineare le differenze sostanziali degli imperativi del masochista e del narcisista:
NARCISISMO: devo superare la vergogna; se non sento più nulla, posso fare quello che voglio
MASOCHISMO: devo superare l’umiliazione; sento la frustrazione e mi carico il peso della situazione
Il corpo di un individuo è modellato dalla sua condizione bioenergetica. Nella struttura masochista, a differenza di quella orale, la carica energetica interessa tutto il corpo. Ma questa carica è tutta costretta verso l’interno, anche se non “congelata”. Per questa intensa ritenzione energetica, gli organi più periferici presentano una carica debole, insufficiente per scarica e liberazione; di conseguenza ogni azione espressiva è limitata. La ritenzione è talmente forte da causare una compressione e un crollo dell’organismo. Il crollo avviene alla vita, quando il corpo si piega sotto il peso delle tensioni. Gli impulsi diretti verso il basso e verso l’alto sono soffocati nel collo e alla vita; si spiega così la forte tendenza all’ansia, tipica di questa personalità. E’ fortemente limitata l’estensione del corpo che non riesce a tendersi o protendersi verso l’esterno. Il masochista sembra soffrire nei movimenti di estensione e non manca di sottolinearlo con smorfie e tensioni facciali che accompagnano l’allungamento, soprattutto degli arti superiori. La minore estensione è causa dell’accorciamento della struttura. Inoltre, nei momenti di sofferenza (esercizi fisici di resistenza), difficilmente si concede di interrompere l’attività, tende a resistere stoicamente.
Un corpo basso, tarchiato e muscoloso è tipico della struttura masochistica. Non è raro osservare un’abbondante crescita del pelo corporeo, come se i suoi confini rivendicassero una estensione, per controbilanciare le difficoltà di allungamento verso l’esterno. Il collo si presenta corto e grosso, perché il masochista tende a tenere il capo incassato. Come se fosse messo giù dalla testa da una potente mano che lo comprime per impedirgli di sognare, mentre una voce scandisce i suoi doveri: “sarai il bastone della mia vecchiaia, posso contare solo su te, tu non mi tradirai mai, etc.” Questa situazione crea una forte tensione al collo che impedisce alla voce di esprimersi liberamente. Possiamo osservare frequentemente occhiaie che circondano gli occhi e offuscano la luminosità dello sguardo, come per annunciare che in quella zona qualcosa non circola bene.
La vita è corta e grossa e presenta un avanzamento della pelvi che condiziona una cronica contrazione dei glutei, tale da fare apparire il sedere appiattito. Una postura che ricorda l’immagine di un cane con la coda tra le gambe. In questo modo il corpo si piega a livello della vita e si accascia. E’ presente un enorme punto di tensione nell’ano che diffonde circondando la cerniera lombo-sacrale e includendo la pancia. Una situazione posturale che ricorda un bozzolo chiuso e difeso, dove non è possibile entrare.
La testa è molto carica energeticamente, si trova come “incassata” nelle spalle; il collo taurino è come stretto in una morsa. Il viso comunica ingenuità ed innocenza, con l’aumentare dello stress può contrarsi esprimendo una smorfia di dolore; la gola, la bocca e le mascelle si presentano spesso serrate.
Dallo sguardo traspaiono occhi sospettosi. Il torace e la sua muscolatura sono ipertrofici, presentano una forza straordinaria. Gli arti inferiori presentano femori corti, una grande quantità di cellule adipose che fasciano i muscoli quadricipiti e bicipiti femorali, comunque forti e tonici, le fanno apparire grosse; i polpacci sono grossi per ipertrofia muscolare.
La deambulazione in una permanente situazione di pressione dall’alto, (come se fosse messo giù dalla testa da una potente mano che lo comprime per impedirgli di sognare e un avanzamento della pelvi che condiziona una cronica contrazione dei glutei, tale da fare apparire il sedere appiattito), imprime una particolare condizione delle articolazioni della catena estensoria degli arti inferiori:
Anca retroversa, Rotula avanzata rispetto all’asse del tronco, come conseguenza dello squilibrio della cerniera lombo-sacral, Aumento della escursione articolare della tibio-tarsica (caviglia) per controbilanciare la proiezione in avanti e mantenere una buona condizione di equilibrio all’interno di una situazione articolare generale fuori armonia dinamica, L’escursione articolare amplificata della caviglia condiziona un maggiore lavoro (massa x accelerazione x spostamento), dove l’escursione articolare interviene sullo spostamento, la massa è costituita dal peso del soggetto e l’accelerazione dallo stile di camminata, Il lavoro (resistenza locale) di un distretto muscolare condiziona la stimolazione, il cui fisiologico processo di adattamento è l’incremento del patrimonio proteico (aumento numerico delle miofibrille nella fibra muscolare = ipertrofia muscolare).
Per questi motivi i muscoli polpacci del carattere masochista sono particolarmente sviluppati e possono essere considerati con caratteristiche opposte a quelli del carattere schizoide, proprio per i diversi adattamenti alle opposte situazioni posturali: il primo “pressato” verso il basso, il secondo “sospeso” in alto. I piedi presentano una caratteristica simile a quella riscontrabile nel carattere orale, hanno l’arco plantare collassato. Si differenziano dal carattere orale per la sottigliezza delle caviglie e per la scarsa definizione dei dettagli plantari: dita, dorso talloni appaiono tozzi e privi di una netta separazione.
La pelle dei caratteri masochisti tende ad avere una sfumatura bruna, dovuta al ristagno energetico.
Il masochismo, unitamente al narcisismo, sono strutture caratteriali che hanno rinunciato al proprio sé per rimodellarsi alle esigenze degli altri. Nel narcisismo agisce un iper-adattamento per modellarsi e fondersi alle aspettative degli altri. Come reazione il narcisista ha inibito fortemente il sentire il proprio conflitto interiore (non sento più nulla e posso fare quello che voglio). Il genitore non possiede una parte buona che innesca la gratitudine. Il narcisista nega il suo sé per ché è stato ingannato. La dimensione del narcisista è la vergogna.
Nel masochismo, carattere più evoluto, tutto il pantano è sofferto e il corpo sente il conflitto, ma sta nel conflitto senza trovare una via d’uscita (sento la frustrazione e mi carico il peso). Molti comportamenti sono volti ad uscire dalla situazione stagnante. Il genitore possiede quella parte buona che innesca la gratitudine (più energia, anche muscolare). Il masochista nega il suo sé per amore, legame, attaccamento. La dimensione del masochista è l’umiliazione.
Per effetto del suo forte controllo, nel masochista l’aggressività è molto limitata, così come la sua autoaffermazione. L’autoaffermazione è sostituita dal continuo lamentoe dalle lagnanze, anche sotto forma di piagnisteo. Il gemito è la sola espressione vocale che si libera facilmente dalla gola, contratta e soffocata. La sua carica energetica è stagnante per via del suo forte controllo che crea in lui la sensazione di essere impantanato, incapace di muoversi liberamente. E’ caratteristico l’atteggiamento di sottomissione e di compiacenza. A livello cosciente il masochista si identifica con il tentativo di compiacere, ma a livello inconscio questo atteggiamento è contraddetto dalla presenza di astio, negatività e ostilità..
Il masochista cerca il dolore per il piacere, l’esplosione è la sua unica via d’uscita dal pantano. La sua struttura presenta una grande carica energetica, infatti non nasce dalla deprivazione. Al contrario, nel masochismo è il troppo che diventa problematico (troppo contatto, nutrimento, amore, nelle prime fasi della vita). Successivamente, diventa assai difficile ribellarsi a chi lo ha ben nutrito, al seno che lo ha allattato. E’ proprio questa situazione che crea il pantano, dentro il quale egli è imprigionato dalla gratitudine.
Il masochista è assolutamente solido e porta avanti gli obiettivi dati per costrizione, senza piacere e con dolore. Al contrario, per il carattere rigido raggiungere gli obiettivi provoca piacere, riesce in questo modo a sedurre gli altri, il masochista non è seducente e fa tutto per dovere, se lo impone. Prigioniero di questa modalità, gli è difficilissimo dire di no. Riguardo agli obiettivi, nel masochista è presente un sabotatore interno che lo trascina nel fallimento. E’ attirato a seguire l’autorità, ma è portato a fare del sabotaggio. Sabota la sua autorità interna (sé ideale) e non fa movimenti adeguati per raggiungere gli obiettivi, in costante conflitto con l’autorità stessa.
Sottomissione e sabotaggio si fondono in un “liquame” nel quale si impantana senza riuscire mai ad uscirne completamente. Il masochista usa l’energia (lavoro) per obbedienza, non per un obiettivo. Nelle relazioni con gli altri solleva complicazioni, è dispettoso, sabotante. E’ presente una forte rabbia, ma può permettersi di essere cattivo solo se l’altro è cattivo; così ha affinato col tempo una peculiare abilità: porta l’altro ad esplodere, così può esplodere anche lui. Essere maldestro è una tattica e non uno stato, potrà dimostrare in futuro di non averlo fatto apposta.
In sintesi, l’aggressività è sostituita da un comportamento provocatorio, agito con lo scopo di ottenere una reazione dell’altra persona abbastanza forte da permettere a lui di sentirsi nella posizione di avere ragione. La sensazione di essere nel giusto e la reazione forte dell’altro sono gli ingredienti necessari per consentire al masochista di reagire in modo violento ed esplosivo. Nel masochista è sempre presente un senso di colpa.
Il masochista possiede un sistema energetico fortemente caricato, che può bloccarsi tra due impulsi antagonistici: “desiderio di espressione, paura delle conseguenze”, ma è comunque facile suscitarne l’affetto. In terapia non è infrequente ascoltare il piagnucolio della voce del masochista. In un caso clinico citato da Alexander Lowen è descritto, in un passaggio, proprio questa situazione.
...Era necessario analizzare il piagnucolio della voce. Non appena glielo feci notare, affiorò il risentimento contro di me. Non facevo abbastanza per aiutarlo, per me egli provava disprezzo, ma tutto ciò si esprimeva in una voce lamentosa. Ecco dunque la provocazione masochista sussurrata timidamente: “Non sei in gamba, non puoi aiutarmi.”
La mania masochista di tormentare il prossimo, il lamento masochista, la provocazione masochista e la sofferenza masochista si spiegano sulla base del mancato soddisfacimento fantastico o reale di un desiderio d’amore inesaudibile e qualitativamente sempre più intenso. Questo meccanismo è tipico del carattere masochista, non si manifesta in nessun’altra forma di nevrosi.
Ma perché il bisogno di amore è inesaudibile? Reich dice: “Il carattere masochista cerca di legare la tensione interiore e l’angoscia incombente ricorrendo a un metodo inadeguato, cioè con l’invocazione dell’amore sotto forma di provocazioni e di ostinazione”.
Naturalmente il tentativo non può che fallire, e il carattere masochista è prossimo alla consapevolezza di questo inevitabile fallimento, ripetutosi più volte, e addirittura lo riconosce. A un certo livello egli vuole che il tentativo fallisca, per tre principali motivi:
Bisogno di sperimentare la punizione,
Il fallimento sottolinea e giustifica la sua inadeguatezza e il biasimo può essere riversato sugli altri,
Il masochista teme il successo perché lo porta alla ribalta, suscitando forti angosce associate all’esibizionismo.
I continui fallimenti mantengono il paziente nel suo pantano. Dentro il suo pantano, il masochista è come un ubriaco caduto in un rigagnolo. Piagnucola in cerca di aiuto, ma quando il buon samaritano gli tende una mano, lo tira giù nel rigagnolo affinché si sporchi.
Non si tratta di una volontà cosciente: è il risultato inevitabile del modello di comportamento del carattere masochista. Per capire il problema bisogna immaginare il masochista come un individuo profondamente umiliato che si sente inferiore.
Il suo comportamento può essere interpretato come: “Vedi, non sei migliore di me.” La storia della sua infanzia non lascia dubbi sulle umiliazioni subite.
Per rispondere liberamente alle situazioni della vita, il masochista deve riuscire a liberarsi del suo fardello, questo è un importante obiettivo della sua terapia.
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