L’umiliazione erotica consiste nell'uso consensuale, sia psicologico/verbale che fisico, dell'umiliazione a scopo di eccitazione sessuale della persona che viene svilita o di quella umiliante; può essere parte di qualche pratica inclusa nel BDSM oppure realizzata all'interno di qualche altro gioco di ruolo sessuale, può infine avvenire sia in pubblico che in privato. Se svolto in un contesto pubblico può associarsi all'esibizionismo.
L'umiliazione erotica non dev'essere necessariamente di natura sessuale, in quanto sono le sensazioni derivate da essa che vengono ricercate, indipendentemente dalla natura dell'attività; queste sono di solito il sentimento di sottomissione per a persona che viene umiliata e un sentimento di dominio per chi invece attua l'umiliazione. Spesso può entrare a far parte di un rituale e venire facilmente effettuata anche su lunghe distanze, ad esempio online.
L'umiliazione erotica è poi un esempio della dinamicità esistente in un rapporto di dominazione-sottomissione o di Total Power Exchange: ad esempio, in un'attività come lo spanking l'effetto ricercato è principalmente il sentimento umiliante che ne deriva, l'attività specifica è solamente un mezzo per aggiungere tal fine.
Mentre la fascinazione scaturita dall'umiliazione erotica è parte rilevante nel sadomasochismo, relativamente poco è stato scritto su di essa. In certi casi diventa abbastanza estrema da essere considerata una forma di edgeplay, in tal caso si ritiene possa esser meglio affrontata anticipando una negoziazione riguardante i limiti che si possono raggiungere e l'utilizzo di una safeword.
La persona che viene umiliata viene spesso denominata Bottom, mentre quella che umilia è spesso chiamata Top (Master (BDSM) o Mistress). L'umiliazione può comprendere il feticismo del piede e il retifismo, il bondage e la maggior parte degli stili BDSM; può anche essere, per un determinato periodo di tempo una "scena" o aspetto costante di un rapporto: a volte costituisce uno dei preliminari sessuali.
L'umiliazione non è intrinseca all'atto o all'oggetto; piuttosto, è semioticamente rafforzata dall'atteggiamento condiviso dei soggetti coinvolti: essi investono atti specifici, oggetti o parti del corpo per ampliare l'aspetto umiliante della relazione.
Sono molti gli scenari che possono dar luogo a umiliazioni erotiche: alcuni possono esser basati su abusi verbali (insulto), altri su aspetti fisici. Il pony-play è uno dei più usati; l'ingiuria, lo scherno e la derisione, l'obbligo all'adulazione ed il trattare come bambini da rimproverare e punire sono alcuni degli altri modi usati. Per alcuni possono anche essere un modo per superare l'inibizione sessuale.
L'Ass worship, lo spanking, il caning e altri tipi di punizione corporale rientrano tra le umiliazioni erotiche che coinvolgono la persona fisica; il Cock and ball torture e la femminilizzazione (BDSM), la negazione dell'orgasmo (compreso l'uso di una cintura di castità (BDSM)), indossare segni esteriori indicanti la sottomissione a cui è sottoposto il soggetto (ad esempio un collare (BDSM)), l'essere trattati come meri oggetti sessuali o "poggiapiedi", l'esser costretti ad assistere o partecipare ad un cuckold, subire un bukkake ed infine venire obbligati alla masturbazione in modo degradante sono altre maniere di umiliazione fisica.
I sentimenti di umiliazione sono fondamentali poi per molti di coloro che s'impegnano nella Klismaphilia (o clisterofilia).
L'umiliazione, in generale, stimola le stesse regioni del cervello che sono associati con il dolore fisico. La fantasia sessuale relativa all'umiliazione erotica, alcuni giochi di ruolo sessuali come il pony-play e l'ageplay sono modi feticistici che si riconducono al sentimento di umiliazione e al piacere che da questa ne deriva, ma anche la fantasia di stupro può esserlo.
L’umiliazione, fra le emozioni, è una fra le meno studiate, anche se recentemente ha iniziato a ricevere attenzione come una emozione del “self conscious”, o dell’autoconsapevolezza, cioè quelle emozioni che si cominciano a provare una volta che si sia sviluppato il senso di sé.
Il senso di umiliazione è un’emozione che proviamo quando qualcuno ci fa notare una nostra grave mancanza, facendo risaltare pubblicamente questo suo giudizio sprezzante. Una umiliazione può avvenire solo quando ci si sente dipendenti dal giudizio e dal potere degli altri: non a caso, l’etimologia della parola deriva da “humus”, la terra, cioè il sentirsi abbassati fino a terra.
Un altro termine, un po’ più antico, ma ancora oggi usato, per definire questo stato di penosa vergogna e costrizione è “mortificazione”: in questo caso l’umiliazione subita ha l’effetto di uccidere, dare la morte, alla propria considerazione di sé, al proprio orgoglio.
Diametralmente opposta all’emozione dell’umiliazione è infatti quella dell’orgoglio, che si prova quando ci si sente autonomi, non dipendenti dalle risorse e dai giudizi di altri.
Le emozioni di umiliazione, vergogna e imbarazzo vengono considerate come appartenenti alla stessa “famiglia”, date le molte affinità fra loro. In particolare, l’imbarazzo o la vergogna vengono provati in presenza di situazioni spiacevoli, ma non sono in genere provocati da altri, come è invece spesso nel caso dell’umiliazione pubblica, quando cioè vi è la volontà di un’altra persona di umiliarne un’altra, degradandola e rendendola ridicola agli occhi degli altri.
Alcune persone sono particolarmente sensibili all’umiliazione, così come alla vergogna o ai potenziali rifiuti. In questi casi, anziché cercare di realizzare progetti che rafforzino la propria autostima, ci si chiude nei propri confini, limitandosi a “giocare in difesa” impegnandosi solo a limitare le perdite. Questo è tipico della personalità evitante, tendenzialmente pessimista, che anziché concentrarsi sui propri punti di forza, si contenta di minimizzare le proprie debolezze evitando i rischi di una possibile umiliazione.
La paura di subire umiliazioni si manifesta già in età molto giovane ed è particolarmente diffusa fra gli uomini, specialmente per quanto riguarda i rapporti con l’altro sesso. La riluttanza a stringere relazioni personali e nuove amicizie deriva dall’esagerazione e dalla esasperazione delle proprie potenziali difficoltà, oltre che dell’importanza che viene data al rifiuto dell’altro.
Ci sono, del resto, persone che non si fanno scrupoli nell’infliggere umiliazioni, al solo scopo di godere della dipendenza e della soggezione esercitata nell’altro, distrutto nell’onore e nel rispetto di sé, dequalificato come essere umano, per diventare niente più che un oggetto, un attrezzo, un animale. Il giudizio sprezzante, che arreca umiliazione, non riguarda un atto o una parola, ma il valore stesso della persona, ritenuta incapace di agire in altro modo, indegna di fiducia, di stima e di interesse. Una forte umiliazione subita rischia di lasciare una traccia indelebile nella propria vita.
In campo sessuale l’umiliazione del partner è frequente in presenza di un tentativo fallimentare di un rapporto sessuale: evento che può essere particolarmente traumatico e che potrebbe generare impotenza a causa dei sentimenti di vergogna e di umiliazione provati.
Nella pornografia invece, come nelle parafilie, si assiste di frequente a scene erotiche in cui il/la partner viene umiliato/a. Potrebbe sembrare strano che una persona consenta ad un altro di essere umiliata sessualmente, ma è tipica della parafilia una certa mescolanza fra piacere sadico e masochistico, che sono due facce della stessa medaglia. Ad esempio, la temuta sculacciata ricevuta da bambini in segno di umiliante punizione, potrebbe essere erotizzata attraverso la pratica dello spanking (farsi sculacciare).
A volte, quando la persona cade nell’abisso della umiliazione ha un sussulto di dignità e decide di ribellarsi. In questo caso può esservi rabbia, anche verso persone che non sono responsabili dell’umiliazione subita, e ricerca di giustizia, se non sete di vendetta. Altre volte invece si ricade nella tristezza e nella depressione e questo capita in particolare alle persone che hanno scarsa autostima e sentono maggiormente i sentimenti di vergogna e di umiliazione.
Chi ama servire, può detestare la punizione. Chi preferisce gli stimoli visivi, forse rinuncia volentieri all’essere toccato. Una persona masochista in certe circostanze non trova alcun piacere nello stare in ginocchio.”
Il dominante entra consapevolmente nel suo ruolo per godere del suo potere, mentre il sottomesso può esplorare la sua capacità di abbandonarsi e godere nell’essere “vittima”. Mettiamo vittima fra virgolette perché nella prassi il più delle volte è il sottomesso a godere di più: c’è qualcuno che si prende cura di lui, viene viziato e riceve molte più attenzioni e stimolazioni erotiche, che in altre occasioni. Se per il sottomesso la sfida più grande è quella di abbandonarsi e di concedere all’altro la regia del gioco, il compito per il dominante è molteplice. Molti principianti pensano che con quattro corde, due fruste e un’idea in testa si possa fare il dominante. Si meravigliano quando dopo un quarto d’ora non sanno più cosa fare, lasciano perdere la dominanza e passano a fare l’amore come hanno sempre fatto.
Una volta creata la sceneggiatura, nella dominazione ci sono alcuni punti da osservare:
preparazione degli attrezzi come corde, fruste, gel vaginale, preservativi, prima di iniziare il gioco per avere poi tutto a portata di mano. Come dominante ti metti gli abiti appropriati e ordini al sottomesso come deve vestirsi per arrivare al gioco, abbigliamento intimo compreso.
Dominare non significa essere crudele, ma implica una maggiore comprensione di quanto si pensa. I sentimenti sono sempre presenti. Ricordatevi che nessuno di voi è un oggetto ma una persona. Se invece fa parte della tua sceneggiatura trattare l’altro come un oggetto, va definito prima del gioco. Per rendere il gioco erotico, oltre alla determinazione ci vuole anche empatia, allora si può godere attraverso il contatto con il sottomesso dell’intensità che questo sta provando. Essere dominante vuol dire avere il controllo su quattro cose: su se stesso, sul sottomesso, sulla relazione tra voi due, sulla sceneggiatura. Dominare è divertente e al contempo impegnativo, perché il dominante porta simultaneamente sia se stesso che l’altro ai propri limiti.
Per entrambi durante i giochi hard è tassativo: niente alcool e nessuna altra droga, né legale né illegale. Tutti le droghe cambiano la sopportazione e la percezione ed estendono i limiti “normali”, possono ingannare sia te che il sottomesso senza che vi rendiate conto.
Tieni conto che tutti abbiamo dei limiti. Se il sottomesso ti dice “puoi fare tutto con me” si sta illudendo o non è consapevole dei propri limiti. La stessa persona dopo 20 frustate stillerà “basta, fa troppo male” Se lui non riesce a essere preciso, è il tuo compito specificare fin dove puoi veramente andare.
Almeno durante i primi giochi per allenare te e il sottomesso, puoi anticipare ogni azione a parole come: per questo errore ti do ora dieci sculacciate. Ti porterò un po’ più indietro per vederti meglio. Ti bendo gli occhi, allora non potrai più vedere, ma sentirai di più.
Il sottomesso può entrare in uno stato di coscienza offuscata per vari motivi: perché ha varcato il limite del piacere conosciuto, o per l’intensità dell’abbandono, o del dolore, o dell’eccitazione, o di tutti questi fattori messi insieme. Se osservi che ha uno sguardo strano, che non reagisce più in maniera chiara e non ti sembra del tutto presente, fagli delle domande per testare la sua presenza. Chiedigli per esempio: “cosa senti? Ti ricordi il codice di sicurezza? Vuoi che mi fermi un po’?” E fatti dare delle risposte chiare. Con questo gioco portiamo le ombre alla luce, ma le ombre non devono sopraffarci, dobbiamo rimanere integri nella nostra psiche e nel nostro corpo.
Dominare implica sedurre il sottomesso a esplorare i propri limiti, portarlo oltre a quello che da solo farebbe, portarlo oltre la prima soglia del coraggio e tenerlo nel gioco tra le due soglie. Perciò, una volta chiarita la linea generale del gioco, non chiedere troppo. Ricordati che tu hai la regia in mano, non lui! Questo riguarda anche le pratiche sessuali. Il sottomesso ti ha delegato di gestire il suo piacere e si aspetta di essere portato a esperienze nuove, si aspetta che tu lo fai eccitare, che attraverso la forza del tuo terzo chakra riesca ad aprire la sensualità del suo secondo e la passione del suo primo.
Dominare non vuol dire necessariamente far soffrire il sottomesso. Dominare significa soltanto che tu hai il comando, ma non implica cosa fai. Potresti anche legarlo a una sedia e ordinargli di masturbarsi, mentre tu mangi comodamente una fetta di cocomero. Ricordati però che per masturbarsi gli serve avere una mano libera. Oppure potresti provocargli tanto piacere come lui non si sarebbe mai permesso, in modo sottile e graduale, trattandolo con piume, carezze, parole eccitanti, ordinandogli di guardarti.
Se lo schiavo prova ad uscire dal suo ruolo con parole tipo “non farmi questo” o “vedi di stare attendo, dove mi tocchi” o “aspetta, sono un po’ stanco” o simili imposizioni o manipolazioni, dove cerca di riprendere la regia, come padrone ricordagli del suo ruolo con un tono sicuro e deciso. Lo devi fare subito, al primo segnale, altrimenti rischi che pian piano i ruoli si omogeneizzeranno e il gioco si trasformerà nel solito brodo. Ricordati, finché il sottomesso non dice il codice di sicurezza, la direzione del gioco spetta esclusivamente e te!
Ogni dominante ha un punto debole e ogni sottomesso ha dei momenti dove abbandonarsi è difficile. In questi momenti il sottomesso sarà tentato a togliere la forza al dominante manipolandolo. Donne sottomesse lo fanno spesso con delle battute ben piazzate, con sorrisi lusinganti, oppure ridendo. Se come dominante in questo momento non sei ben centrato, ti può tirare giù in un attimo. Per il dominante si tratta di riconoscere queste modalità e di tutelarsi per la prossima volta. Se per esempio il sottomesso ride, puoi punirlo severamente o usare un bavaglio.
Non ti stupire se ti trovi in imbarazzo a fare il dominante. Se sei una persona abituata a compiacere gli altri, entrare consapevolmente nel ruolo del dominante può essere una tra le sfide maggiori. E potrebbe succedere che il sottomesso dice “ancora, ancora” mentre il dominante esclama “non ce la faccio più” e getta la spugna.
Dominare non significa necessariamente duro lavoro. Molti dominanti all’inizio fanno l’errore di usare troppi strumenti, di fare nodi complicati, di perdersi nei dettagli tecnici, di preoccuparsi più dell’attrezzatura che della persona che ha di fronte. Finiscono con l’essere “gli indaffarati” e dimenticano di essere “i dominanti”. Non conta tanto la tecnica, ma il tuo stato interiore, che il tuo terzo chakra si espanda, che provi piacere nel comando, che respiri il tuo potere. Alla fine del gioco prendetevi una pausa, non condividetevi subito i vostri vissuti, ma fatelo con una certa distanza, per esempio il giorno dopo. Ditevi apertamente cosa avete provato nel sottomettersi e nel dominare, nel fidarvi di te stesso e dell’altro, cosa vi è piaciuto e cosa non, cosa era particolarmente eccitante, quali modifiche hai percepito nell’aura, quali chakra erano accesi e vibranti e quali non. Ma parlate anche di eventuali difficoltà, incomprensioni, vergogne, timori, sensi di colpa o altre ombre della passione. Ditevi come vi siete sentiti nel periodo dopo il gioco. Questo è un punto importante, perché talvolta la vera ombra non si rivela durante, ma dopo il gioco. Raccontatevi, se qualcosa è rimasto inconcluso e sarebbe da riprendere un’altra volta, se avete scoperto un nuovo desiderio, se il dominante in un certo punto poteva andare anche oltre, se la sceneggiatura sarebbe da revisionare. Così da ogni gioco potete anche imparare: ognuno per sé e per la vostra relazione di coppia.
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