domenica 24 luglio 2016

IL CANE ALLA CATENA



Legare un cane alla catena equivale a privarlo della sua libertà di movimento, della sua vita: spesso si vedono cani di grossa taglia, con lo sguardo triste, perennemente legati ad una catena di ferro, sempre troppo corta per le loro esigenze.

Purtroppo non esiste una norma nazionale di riferimento, ma unicamente dei regolamenti comunali che ogni singolo comune deve applicare per il benessere e la tutela degli animali domestici. In particolare vi sono degli standard che devono essere rispettati se si decide di mantenere un cane legato alla catena per alcune ore al giorno.

La catena deve essere sufficientemente lunga da consentire all’animale i normali movimenti del cane come sedersi, sdraiarsi, camminare;
deve essere dotata di due moschettoni rotanti ad entrambe le estremità, per evitare lo strangolamento nel caso in cui l‘amico a quattro zampe tiri;
la catena deve avere un’estremità agganciata al collare del cane e l’altra estremità agganciata ad un filo metallico teso tra due punti, attraverso un anello scorrevole: il filo deve essere lungo essere lungo da 3, 6 o 8 metri a seconda dei regolamenti comunali, in maniera tale da evitare che la catena si attorcigli intorno ad un palo impedendo così i normali movimenti del cane;
il collare del cane a cui è agganciata la catena deve essere del tipo morbido, inoltre lo stesso ha comunque diritto ad almeno due passeggiate giornaliere libero dalla catena;
il cane legato alla catena deve poter raggiungere liberamente la propria cuccia, la cui presenza è obbligatoria per proteggerlo da pioggia, vento, caldo o altri eventi atmosferici: nel caso in cui questo sia detenuto in una zona senza riparo dal sole è obbligatoria la presenza di una tettoia che dia riparo sia al cane che alla cuccia;
nella zona di detenzione del cane deve essere presente sempre una ciotola contenente acqua fresca che si possa raggiungere senza difficoltà.

Se il giardino o proprietà sono “aperti”, basterebbe recintarli o almeno creare un grande “serraglio” con tutte le comodità per il nostro amico a 4 zampe, così che possa comunque correre e sgambettare in uno spazio tutto suo. Altrimenti, se non s’intende recintare o costruire un recinto adeguato è meglio non adottare un cane o sceglierne uno di taglia piccola da tenere in casa con sé.

Una credenza popolare vuole che legando il cane alla catena diventi un guardiano migliore, capace di scoraggiare qualsiasi malintenzionato. Non è vero. Si tratta invece di una crudeltà ingiustificata, una vera e propria tortura psicologica, capace di provocare danni irreparabili nel carattere dell’animale.
Se legato, il cane non migliora la sua capacità di fare la guardia ma al contrario può diventare pericoloso, non solo per gli estranei ma anche per il padrone stesso. Viene completamente alterato il suo equilibrio e il suo senso della proprietà per cui, incapace di riconoscere l’amico del nemico, pensa solo a difendere il poco spazio che ha a disposizione, a volte con una esagerata aggressività.



La catena riduce infatti la cosiddetta “distanza critica”, uno spazio vitale superato il quale il cane si sente talmente minacciato da attaccare senza esitazione. Ecco la ragione di alcuni tragici incidenti. Il cane azzanna il padrone e questo si dimostra allibito di fronte al tradimento del proprio animale. In questi casi l’opinione pubblica punta spesso il dito contro il cane, bollandolo con termini tipo “assassino” e “traditore”. Ma la responsabilità non è del cane. Come scrive Desmond Morris, il grande etologo inglese, “Non esistono cani cattivi. Solo cattivi padroni.”
E’ difficile comprendere le torture che un cane subisce quando viene legato. Vive in uno stato di perenne abbattimento, frustrazione e mortificazione. Gli è impossibile, per esempio, soddisfare le esigenze del suo olfatto sviluppatissimo. Al posto del naso il cane ha un vero computer: il suo olfatto è un milione di volte più sviluppato del nostro. E’ in grado di capire addirittura l’umore delle persone dal cambiamento del loro odore. Quando poi un estraneo arriva in casa, il cane si precipita ad annusarlo, in modo da “schedarlo”, come se avesse letto il suo biglietto da visita. Gli odori rappresentano un mondo intero, a noi inaccessibile. Cercare e trovare nuovi odori, è per il cane come per una persona leggere un buon libro: lo arricchisce, stimola la sua intelligenza e la sua capacità di apprendere. Ma legato alla catena tutto questo gli viene negato. Gli odori che si trovano nello spazio a sua disposizione con il tempo diventano talmente familiari da perdere qualsiasi interesse. A pochi metri di distanza ce ne sono di sconosciuti e stimolanti ma è impossibile raggiungerli. Privato così della parte più importante del suo modo di essere, il cane diventa vittima della noia. Ogni diversivo si trasforma in un impellente bisogno. Il cane attende con ansia il momento del pasto, spesso l’unica occasione che ha di vedere il padrone. Mangiare diventa la sua occupazione. Ingrassa e non può smaltire le calorie in eccesso perché non può fare del moto. Spesso si ammala.
C’è anche un’altra cosa da tenere presente. Nessun cane sporca nei pressi dello spazio dove mangia e dorme. E’ un comportamento innato, che il cane impara a seguire fin da cucciolo senza alcun insegnamento. Un cane a catena è invece costretto a sporcare nelle vicinanze della cuccia, andando quindi contro la sua stessa natura.
Ma la più grande sofferenza è la mancanza di socialità che il restare alla catena comporta. Per il cane non esiste niente di peggiore. Jeffrey Masson, psicologo e autore di splendidi libri sugli animali, definisce la solitudine “la grande paura del cane”. E’ un animale altamente sociale, che si realizza pienamente solo quando è parte di un gruppo. Per un cane il contatto fisico è vitale. Per lui partecipare alle attività del suo gruppo è come l’aria per respirare. Ma legato alla catena, è escluso, messo da parte. Vede e sente gli altri membri del suo branco, la sua famiglia umana, interagire tra di loro ma lui è immobilizzato lontano. Il suo mondo è completamente distrutto.


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