Quelli che dell’arte fanno un affare sono per lo più impostori.
Queste le amare parole di Pablo Picasso per descrivere chi ai suoi tempi traeva profitto dalla compravendita di opere d’arte.
L’arte è una delle più grandi espressioni democratiche di qualsiasi ordinamento civile. E arte significa libertà.
La tutela dell’arte è considerata principio fondamentale della nostra Costituzione e addirittura valore primario e supremo dell’ordinamento, da «non poter essere sovvertito o modificato nel suo contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale od altre leggi costituzionali». Anche a livello europeo viene proclamata diritto fondamentale ed inserita nell’ art. 13 della Carta dei diritti Ue. Questo perchè l’arte è forse lo strumento più forte dato alle minoranze per esprimere il dissenso, a prescindere dalla forma di Governo esistente: essa è e sarà sempre una porta verso il pluralismo.
La lista delle opere d’arte più costose di sempre manifesta, le vendite private, transizioni avvolte nella nebbia e sicuramente anonime (al contrario delle vendite all’asta dove l’offerta pubblica protegge gli acquirenti ma al tempo stesso li identifica) hanno raggiunto cifre ancora più importanti. Fuori controllo, appannaggio di collezionisti disposti a tutto pur di accaparrarsi il trofeo.
Per quel che è dato sapere l’opera d’arte più cara d’ogni tempo è “I giocatori di carte” di Paul Cezanne, pagata nel febbraio 2012 l’imponente cifra di 191,2 milioni di euro dalla famiglia reale del Qatar.
Solo terza nella classifica delle opere più care di sempre “I tre studi di Lucian Freud”. Quando nel 2006 fu venduto per 105 milioni di euro era l’opera più cara del mondo, parliamo di “Numero 5” di Jackson Pollock , entrata a far parte – presumibilmente – della collezione del finanziere messicano David Martinez. Il dipinto, superava così il record stabilito solo alcuni mesi prima dal Klimt “Adele Bloch-Bauer I” acquistato dall’erede dei cosmetici Ronald S. Lauder per 101 milioni di euro. Primato, già battuto da “Donna III”, un dipinto di Willem de Kooning, costato nel novembre 2006 102 milioni di euro al finanziere, sì ancora lui, Steven Cohen. Al settimo posto della classifica, occupato da un’opera leggendaria “Il grido” di Edvard Munch, una delle quattro versioni realizzate dall’artista norvegese, l’unica a non trovarsi in un museo. In un’asta da Sotheby’s nel maggio del 2012, l’opera toccò i 90 milioni di euro. Secondo il Wall Street Journal, l’anonimo acquirente era il finanziere Leon Black.
Fu record mondiale per un’opera battuta all’asta e che andava a scalzare il precedente detentore del primato, un Picasso venduto nel 2010 da Christie’s a 80 milioni di euro “Nudo, foglie verdi e busto” ad un privato che l’ha concesso in prestito a lungo termine alla Tate Modern. Il dipinto a sua volta rompeva il record stabilito qualche mese prima dalla scultura di Giacometti: ‘Walking Man I’, venduta da Sotheby’s per 78 milioni di dollari, è l’unica scultura che troviamo nella top ten. L’acquirente fu la magnate brasiliana Lily Safra. Ma prima di queste due opere ne troviamo un’altra, una Bandiera di Jasper Johns, ottava opera più costosa di sempre, battuta a 87.2 milioni di dollari ad un’asta nel maggio del 2012.
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