domenica 27 marzo 2011

Veneto, barzelletta spinta , battaglia navale , Consiglio Regionale



Veneto, barzelletta spinta e battaglia navale in Consiglio Regionale


Raccontare barzellette spinte, giocare a battaglia navale, fare barchette di carta, inviare sms: sono tutti gesti severamente vietati in qualsiasi aula scolastica. Alle elementari quanto alle superiori. Per questa ragione sono rimasti di stucco gli alunni di un liceo trevigiano, di Montebelluna, che in visita a due consigli comunali, al consiglio provinciale di Treviso e a quello regioanle veneto, hanno scoperto che ad assumere quei comportamenti erano i politici eletti che hanno incontrato in quelle sedi istituzionali.

LA BARZELLETTA SPINTA – Ne parla Il Gazzettino. Accompagnati dall’insegnante di storia, Paola Faccin, gli allievi avevano visto in quelle visite guidate l’opportunità di accrescere il loro bagaglio culturale ed il loro senso civico. Si sono ritrovati ad assistere ad atteggiamenti poco consoni al ruolo ricoperto dai protagonisti: i rappresentanti del popolo. Un “museo degli orrori”, dice il giornale, riportando al testimonianza dei ragazzi:

“Nel consiglio regionale, un relatore ha esordito raccontando una barzelletta di dubbia moralità -spiega un ragazzo di seconda superiore -. Lo ha fatto nonostante sapesse che noi eravamo tra il pubblico”. Verosimile che a scandalizzare i 16enni non siano stati tanto i contenuti spinti della barzelletta, quanto l’opportunità di raccontarla in un contesto formale come quello. “Io – aggiunge la sua compagna di banco – ne ho visto uno giocare a battaglia navale col suo vicino. Si facevano i sorrisetti e si passavano il foglietto”. A scandalizzare i ragazzi è stata fondamentalmente la mancanza di rispetto dei politici verso l’istituzione che rappresentano: del resto la filza dei comportamenti censurati dai ragazzi è lunghissima, e non manca davvero nulla.


SBADIGLI, BARCHETTA, SMS - C’è anche chi ha molto sonno e per ammazzare la noia gioca con la carta.

“Un consigliere per ammazzare la noia – spiegano – e si vedeva che era annoiato perché continuava a sbadigliare, si è messo a confezionare una barchetta di carta con i fogli che aveva sottomano”. E la lista si allunga con il cibo portato dentro l’aula e i messaggini inviati col cellulare. “Lo scambio di sms era continuo – racconta una studentessa -. Cose che in classe non sono neppure lontanamente immaginabili costituivano l’assoluta normalità. Dovrebbero dare il buon esempio, invece erano costantemente impegnati a inviare messaggi o a smangiucchiare panini. Anche in presenza di qualche collega che, a loro fianco, stava facendo un intervento”. “Il progetto – spiega la docente – prevedeva la visita dentro i palazzi delle istituzioni. Dal consiglio regionale, al Sant’Artemio, passando per il consiglio comunale del comune di provenienza di ogni studente. Quando ne abbiamo parlato in classe, i ragazzi hanno manifestato la propria insofferenza per quello che hanno visto, sentendo anche il bisogno di raccontarlo pubblicamente». A stupire gli studenti è stata anche l’assenza di pubblico. “Se nessuno va a controllare come lavorano, è chiaro che si sentono legittimati ad agire in questo modo – spiega un altro alunno -. Non c’è ragione di farsi tanti scrupoli, e infatti non se ne fanno”.


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